giovedì 31 marzo 2011
3 Aprile 2011 – IV Domenica di Quaresima
«Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita...». Proseguiamo il nostro cammino di approfondimento della fede: dalla "domenica dell'acqua" di otto giorni fa', passiamo oggi alla "domenica della luce". Acqua e luce, due simboli che ci parlano di vita: lo Spirito Santo (acqua) e Cristo (luce) sono le realtà che ci portano alla vita eterna. Dopo la samaritana, il personaggio chiave di domenica scorsa, oggi incontriamo un altro debole, un altro ferito dalla società, un altro rifiuto umano: il cieco nato. Un vangelo, quello di oggi che, tra le righe, punta il dito contro una delle debolezze umane ancora oggi molto diffuse: quella di lasciarsi condizionare acriticamente dalle idee, dal pensiero e dalle opinioni altrui, non sempre disinteressate, anzi il più delle volte smaccatamente di parte e in evidente contrasto con la realtà e il raziocinio! Oggi viviamo in un relativismo sfrenato, in cui impazzano e si intersecano ideologie, teorie, opinioni, e teoremi, in continua evoluzione e trasformazione. Lo vediamo concretamente nell'ambito politico e giudiziario, in quello religioso, nell'ambito della teologia, della sacra Scrittura, in quello dei rapporti familiari tra marito e moglie, tra figli e genitori... Assistiamo da indolenti e passivi spettatori allo scempio iconoclasta dei nostri principi e del nostro Credo. I giornali vendono la loro verità, e noi lì pronti ad assorbirla fino all’ultima goccia; la pubblicità vende la sua verità, e noi, appecoronati, acquistiamo i suoi prodotti; la politica vende la sua verità, e noi ci lasciamo catturare dalle chimere di quelli che gridano più forte; la moda diffonde la sua verità, e noi, entusiasti, siamo pronti a seguirla; il rivoluzionario ci offre la sua verità, e noi ci infiammiamo alle sue provocazioni; l'intollerante ci zittisce con la sua verità, e noi tacciamo sconcertati ma in silenzio; lo “scandalo” scopre le sue verità, e noi ne restiamo confusi e avviliti. Verità sacrosanta si dichiara il denaro, verità si proclama il sesso, verità promette la droga. E noi in mezzo a tutte queste verità, pur frastornati e insicuri, ci abbandoniamo comunque a quelle vaghezze che le mille sirene del mondo ci propinano giorno e notte. Come liberarsi allora da tutti questi imbrogli, per poter riconquistare quella verità e quella saggezza che unisce invece di dividere, che dona amore invece di odio, e che non è deperibile ma dura nei secoli? Dobbiamo rimettere le cose al proprio posto, dobbiamo ritornare alla verità e alla saggezza del Vangelo, dobbiamo mettere i "piedi per terra", altrimenti non potremo mai più capire noi stessi e soprattutto non potremo mai più capire gli altri. In altre parole dobbiamo cercare, cari fratelli, di non cadere nelle contraddizioni in cui sono caduti i Giudei del Vangelo di oggi, i quali, pur messi di fronte all’evidenza, si sono arroccati nel pregiudizio e non hanno accettato la realtà. Il loro "teorema" era che Gesù non poteva essere il Messia; punto. Un teorema così ben radicato nelle loro "teste", nelle loro idee, inculcato così bene dagli “esperti” dell’epoca, da indurli a rifiutare a priori e in maniera radicale e preconcetta, qualunque ipotesi contraria, anche se evidente. E hanno sbagliato tutto. Per cattiveria? No, per ignoranza, diciamo noi. La loro è stata un'ignoranza pretestuosa. Né più né meno di quell’ignoranza dei nostri giorni, di chi crede di sapere tutto, di chi parla e urla di tutto, di chi fa grande sfoggio di sé partorendo idee astruse: persone che in fondo sono e rimangono sempre di un’ignoranza abissale. E questo è un dato estremamente preoccupante, perché dimostra un totale disinteresse per quello che è lo scopo principale della nostra esistenza; per quelli cioè che sono i valori civili, religiosi e morali della vita: “Da dove vengo?, che scopo ha la mia vita?, come mi comporto nei confronti degli altri?, dove vado dopo la morte?”. Ecco, fratelli: soltanto se risponderemo a queste domande con onestà, mettendoci di fronte alla nostra coscienza, potremo camminare sicuri verso la Luce vera: se invece non riusciamo o non vogliamo farlo, allora, ahimè, continueremo a vagare smarriti, senza meta, in balia delle varie cassandre del momento! E quanti esempi ne abbiamo! Cattolici che ammirano, difendono e seguono correnti di pensiero materialista, ateo, in netta antitesi con la loro fede cattolica; cattolici che sostengono e divulgano senza vergogna tesi decisamente contrarie ai valori inalienabili della nostra fede; cattolici che si pongono in contrasto con il pensiero dell’autorità e del magistero della Chiesa; cattolici insomma che antepongono il loro personale tornaconto, il loro egoismo, il loro orgoglio alla loro fede; Sono tanti, fratelli; troppi! e proviamo imbarazzo, vergogna e dolore anche solo a immaginare possibilità del genere. Approfittiamo allora della Parola di oggi, raccogliamo l'insegnamento di questo Vangelo, cerchiamo di diventare nel bene un po’ più critici e meno creduloni, cerchiamo insomma di usare più intelligentemente la nostra testa: i mezzi e i punti di riferimento per non sbagliare li abbiamo tutti, a nostra disposizione già da oltre venti secoli, e sempre a portata di mano. Basta volerli seguire. Non demandiamo un compito tanto importante come quello di cercare la Verità, a conduttori televisivi, a giornalisti, a conferenzieri fasulli, a politici senza scrupoli; dobbiamo essere noi a giudicare, ad andare fino in fondo, ad imboccare la strada giusta: siamo noi che dobbiamo evitare di cadere in quella cecità mentale, molto più dannosa e invalidante di quella materiale. Ma torniamo al nostro vangelo: un brano dunque che, come tanti, ripropone oggi la stessa situazione di allora: ci sono cioè persone che accolgono Gesù Cristo con grande fede, e persone cieche, insensibili, immature, che lo combattono non solo come persona, ma addirittura come idea. All’epoca la cecità materiale – come del resto ogni malattia – era considerata come la punizione che Dio riservava a quanti avevano peccato; era il peccato la causa di tutti i mali, anche di quelli corporali. Se poi la malattia era congenita, l’elemento scatenante era da ricercarsi nei peccati dei genitori. In ogni caso Dio non lasciava conti in sospeso nei confronti del peccato di chicchessia. Il cieco del racconto di oggi, è visto pertanto come un uomo non soltanto senza luce ma anche senza speranza, un maledetto da Dio, un punito da Dio. È tollerato dalla comunità, non ha diritti, né alcuna opportunità. Finché non incontra Gesù: e guarda caso quello stesso Dio che, in teoria, lo avrebbe punito, senza fare o chiedere nulla, soltanto per grazia, per dono gratuito, per amore, lo guarisce. Egli non ha mai visto la luce e di conseguenza non conosce tutte quelle cose meravigliose che prendono forma proprio dalla luce; però ha sicuramente sentito parlare di Gesù, anche se le tenebre che lo avvolgono e lo stato di isolamento in cui è costretto a vivere, gli hanno impedito di incontrarlo. È quindi Gesù che prima lo vede, poi si mette accanto a lui, impasta del fango con la saliva e glielo spalma sugli occhi. Così, spontaneamente, senza profferir parola. Il cieco ovviamente non vede tutto questo, ma sente il tocco della mano di Gesù, sente poi la sua voce che gli ordina di andare a lavarsi nella piscina di Siloe. Alla iniziativa personale e gratuita di Dio egli pure deve rispondere con qualcosa; deve obbedire alla Sua parola, deve recarsi alla piscina, in ogni caso, anche se non ci vede. Deve fidarsi della parola del Signore che l'ha toccato con amore, e deve rischiare ancora: deve rischiare di camminare nel buio, di inciampare, di cadere; perché solo dopo aver corso questi ulteriori rischi potrà sperimentare la potenza di ciò che Gesù ha fatto in lui, e potrà finalmente iniziare a vedere. E il cieco fa puntualmente quello che Gesù gli ordina di fare, pur non vedendo e pur non avendolo ancora mai visto in volto. Ecco, fratelli: Dio agisce sempre cosi anche con noi; ci riporta alla vita piena, ma a determinate condizioni, lasciandoci liberi poi di osservarle o meno. Anche noi, se vogliamo che Dio ci illumini con la sua luce, dobbiamo fare la nostra parte, dobbiamo cioè ascoltare la Parola di Dio e metterla in pratica. La storia del cieco nato si adatta molto bene alle nostre esperienze: perché le analogie tra la sua e la nostra vita sono tante. Anche noi, infatti, ci troviamo come lui nella impossibilità di "vedere" la via d’uscita dalle nostre difficili situazioni di vita; non sappiamo cosa fare, dove andare; restiamo là, impotenti, ad elemosinare qualcosa dai fratelli, in una situazione assolutamente precaria. Ma Dio, che ci conosce personalmente, ci è sempre vicino, soprattutto quando abbiamo il cuore ferito, quando siamo ammalati spiritualmente e materialmente, e ci tende sempre la sua mano per riportarci alla luce. Tutto nella nostra vita è dono gratuito di Dio. Tutto dipende dalla sua iniziativa. Sì, perché se noi siamo ciechi, Dio al contrario ci vede sempre e molto bene: è Lui che si accorge di noi, mendicanti ciechi, ogni volta che barcolliamo. Eppure, quante volte pensiamo che Dio sia cieco! Che non veda le nostre sofferenze, le nostre necessità, che non si chini a guardare le nostre ferite, a curarle, a sanarle! No, fratelli, lo ripeto: Dio ci vede benissimo; è solo la nostra cecità interiore che ci fa dubitare di Lui. Il volto che Gesù ci svela è sempre quello di un Dio misericordioso, attento, delicato, rispettoso, che conosce e guarisce le nostre miserie anche quelle più nascoste. Anche noi, come il cieco guarito, dobbiamo incontrare la nostra fede autentica e sincera. Dobbiamo credere, fratelli, con tutte le nostre forze e a tutti i costi. Anche se sappiamo che vivendo la fede fino in fondo, ci mettiamo completamente in discussione col mondo; dobbiamo accantonare qualsiasi forma di rispetto umano, non curarci di ciò che la gente potrebbe pensare di noi: cosa molto difficile e compromettente per tutti. Ma come il cieco, anche noi, se vivremo di fede profonda, acquisteremo una nuova mentalità, la mentalità del vangelo, e verremo proiettati a pieno titolo in una dimensione ben più profonda e gratificante: quella dell’amicizia e dell’amore. Ecco, questo è il nostro percorso, fratelli: come il cieco, anche noi siamo chiamati a superare la nostra cecità spirituale, ad essere accesi e illuminati dalla Parola, per comunicarla al mondo intero. Riconosciamo di essere ciechi, di non poter nulla senza la Sua luce; non chiudiamoci nella nostra cecità ingannatrice, come è successo ai farisei, che sicuri della loro "vista", non perdevano occasione per giudicare gli altri. Ascoltiamo Paolo, che nella seconda lettura ci raccomanda di vivere come “figli della luce”, di essere “luce nel Signore”. Smettiamo di sopravvivere carichi di pregiudizi e di vergognarci della nostra fede: sappiamo bene, perché lo abbiamo sicuramente provato, che quella luce che illumina e riscalda così intensamente il nostro cuore è un dono della tenerezza di Dio. Impariamo a fidarci di Lui, fratelli, sempre: anche quando non vediamo la strada che dobbiamo percorrere, anche quando temiamo che l’oscurità totale torni ad avvolgerci nell’angoscia e nella disperazione. Fidiamoci di Lui! Non dobbiamo avere più paura di nulla: «Si nobiscum Deus, quis contra nos? – Se il Signore è con noi, chi mai sarà contro di noi?» Chi dovremo temere? Di cosa dovremo aver paura? Accogliamo la sfida del mondo, di quelli che ignorano Dio, che non lo “vedono”, che non lo vogliono vedere: indichiamo loro la strada della Luce, mettiamoli di fronte alla luce della Sua misericordia, del Suo amore; e preghiamo. Preghiamo umilmente perché, come è successo miracolosamente con noi, Gesù tocchi anche i loro occhi e i loro cuori, e li guarisca come solo Lui sa fare. Amen.
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