giovedì 23 febbraio 2023

26 Febbraio 2023 – I Domenica di Quaresima


Mt 4,1-11
In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra».
Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

 Non c’è interruzione nel cammino che ci porta a seguire Cristo. Siamo entrati nel Tempo di Quaresima: tempo di bilanci, di verifiche, di analisi sulla nostra salute spirituale; tempo per pianificare seriamente la nostra “conversione”, la nostra ripartenza, ma soprattutto tempo di far vedere a Dio che siamo persone serie.
È arrivato il momento di gettare le nostre maschere gigionesche, che da anni, troppi, ci portiamo incollate addosso, quelle maschere che ci piace esibire davanti agli altri per sembrare diversi, per essere considerati migliori di quanto in realtà siamo! Quelle maschere che non ci vergogniamo di indossare neppure quando siamo soli, a tu per tu con Dio! Quanto siamo meschini! Eppure puntualmente sentiamo ripeterci: “ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai!”. È vero, siamo solo “polvere”: insignificante e arida polvere del deserto primordiale, che senza il soffio creatore di Dio, sarebbe rimasta senza vita. Senza di Lui, noi continuiamo ad essere ancora quella polvere inutile: perché Dio è l’unico che ci ha destinati all’immortalità, donandoci vita, sogni, speranza.
Purtroppo noi oggi viviamo in un mondo carico di odio, di lotte, di continue controversie e sopraffazioni sia a livello sociale, che culturale e religioso. L’unico motivo della nostra vita sembra essere quello di emergere, di imporci, di vincere sempre e comunque. Eppure Gesù, con la sua vita, ci ha insegnato il contrario. Egli non è venuto per dimostrare ad ogni costo a sua potenza. Non è venuto per vincere battaglie; si è calato nei nostri deserti quotidiani, nelle nostre fragilità umane fatte di fame, di stanchezza, di dolore, per dimostrarci che non siamo soli e soprattutto che non dobbiamo perdere la speranza.
Gesù è entrato in questo nostro deserto solo per amore, per rendercelo vivibile, sopportabile: è entrato, e continua a restarci, rimanendo al nostro fianco, con noi, come uno di noi.
Nel Vangelo di oggi, con il suo ritirarsi nel deserto in preghiera e in silenzio, Egli vuol ricordarci che la strada dell’amore, della felicità, della certezza, da lui tracciata, è l’unica percorribile, l’unica in grado di liberarci dalle striscianti e ambigue illusioni di un mondo tentatore. Ci insegna anche come dobbiamo combattere le tentazioni del maligno. Ma che fine hanno fatto oggi le tentazioni? Qualcuno parla ancora di tentazioni? In una società in cui tutto è permesso, tutto è abbordabile, tutto attuabile (“desideri qualcosa? prenditela!”), che senso ha parlare di tentazioni?
Eppure il cammino verso la Pasqua, passa proprio di lì: quelle che Gesù vive e combatte in prima persona, sono infatti le nostre tentazioni, le nostre grandi illusioni, i grandi inganni della nostra vita: quelli che forse non conosciamo ancora abbastanza, quelli che non vogliamo conoscere, di cui neghiamo l’esistenza ma che purtroppo ci sono, e continuano infidamente ad ostacolarci il cammino, a farcelo deviare.
Non illudiamoci: tutti nella vita sono costretti a fare continuamente delle scelte: diceva Sartre, che “l’uomo libero, l’uomo che vuol esercitare la sua libertà, è condannato a scegliere”.
Sappiamo infatti quanto sia difficile gestire questo inestimabile dono che è la libertà. Richiede maturità, convinzione, risolutezza. Tutte qualità che l’uomo moderno mette continuamente in discussione non accettando neppure l’idea di poter peccare: il peccato, l’offesa a Dio, grave o leggera che sia, è l’ultima delle sue preoccupazioni.
Ebbene, in questo deserto della quaresima, dobbiamo tornare all’essenziale; dobbiamo fare chiarezza su chi, o su che cosa, guidi la nostra vita, e soprattutto dove intende portarci; dobbiamo renderci conto degli errori che facciamo, soprattutto quando insistiamo sempre negli stessi; quando ci ostiniamo a fare scelte sbagliate, considerandoci infallibili, come se fossimo altrettanti Dio. Questa quaresima ci metta in guardia su questi limiti; sia un serio invito a fortificare la nostra innata fragilità, a ricoprire la nostra nudità; sia insomma occasione per riconoscere i nostri peccati, per raccoglierli e gettarli tutti nel cuore di Dio, nel fuoco del suo amore misericordioso. Perché solo così, solo in Lui, ci sentiremo veramente beati: non perché perfetti e immacolati, ma perché veramente amati. Amen.


giovedì 16 febbraio 2023

19 Febbraio 2023 – VII Domenica del Tempo Ordinario

 


Mt 5,38-48 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Dà a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. 
Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Capitolo cinque di Matteo: il testo continua ancora a dettare nuove regole comportamentali per il cristiano; Dio vuole che cambiamo mentalità, vuole che la nostra vita ricominci proprio da qui.
Ma allora, che abbiamo fatto in tutti questi anni? Come mai ci sentiamo già dei veri cristiani così come siamo? Che abbiamo fatto di tanto speciale, da sentirci così sicuri, così “santi”, da non preoccuparci più per come in realtà ci sistemiamo le cose a nostro esclusivo vantaggio? 
Si certo, ammiriamo il Vangelo, a nostro modo amiamo anche Gesù, talvolta anche con trasporto: ma poi? Beh, poi abbiamo tanti altri impegni che ci aspettano, tante cose che nessun altro può fare, se non noi: c’è il lavoro, c’è la famiglia, ci sono i figli, ci sono i nipoti; ci sono i parenti, gli amici, i conoscenti, ci sono quelli che rompono in continuazione; poi c’è lo sport, la palestra, la marcia quotidiana; c’è la spesa, la macchina, e perché no? c’è anche finalmente un po’ di relax, di svago, di riposo. Che possiamo fare ancora di più? 
C’è Matteo capitolo cinque: una serie di staffilate secche che ci demoliscono: “Fino ad oggi avete fatto così? Bene: da oggi dovete cambiare: basta pietismo, basta indifferenza, supponenza, superbia, egoismo, basta con furbizie varie. Siate onesti con voi stessi e con gli altri: non perdete tempo a guardare come si comporta la gente; davanti a voi si apre un percorso nuovo, un percorso che vi porterà ad un traguardo unico, chiaro, splendido, fino ad oggi impensabile: Siate santi come il Padre mio”. Allora fermi tutti: a che serve continuare a correre, zigzagando a destra e a manca, senza una vera convinzione, senza alcuna meta sicura, senza alcun risultato utile? La strada giusta è una sola, è quella che ci propone Gesù: sempre in Matteo capitolo cinque: “Beati i poveri, gli afflitti, i miti, gli affamati, i puri…; sarete beati quando vi insulteranno, quando vi perseguiteranno… Voi siete sale della terra e luce del mondo… Udiste che fu detto: occhio per occhio, dente per dente. Io però vi dico: non opporti al malvagio, anzi se uno ti colpisce la guancia destra, tu porgigli anche l’altra…”. 
Abbiamo capito? altro che il nostro “politically correct”: qui siamo decisamente in un’altra prospettiva! È un crescendo, è una escalation di rinunce, di sacrifici: “Ma Signore, non ti sembra eccessivo quello che pretendi dalle nostre deboli forze? Cosa vuoi esattamente da noi?”. E la solita voce dentro di noi ci ripete implacabile: “Voglio che tu sia santo come il Padre mio!”.
Altro che chiacchiere, amici miei. È arrivato il momento di buttarci veramente tutto alle spalle, di capire che non è più possibile condurre una vita, sì, sicuramente corretta, nel rispetto (un po’ addomesticato) anche dei comandamenti, ma appena appena passabile, se confrontata col vangelo di Matteo cinque!
E poi, di quali comandamenti parliamo? Di quelli cristiani? Ma senza Cristo, senza un vero amore per Lui, anche quelli non servono poi a molto: senza la “carità”, infatti, anche i miracoli perdono il loro smalto divino!
Invece, come cambierebbero le cose se ci mettessimo nella prospettiva di Matteo cinque: come cambieremmo anche noi se ci mettessimo nella determinazione di imitare il Padre! La nostra capacità di amare arriverebbe all’assurdo, all’impensabile, perché solo amando ad imitazione di Dio, arriveremmo a capire cosa significhi sentirci anche noi continuamente amati da Lui!
Cosa aspettiamo, allora, di uscire dalla logica dell'occhio per occhio e dente per dente? Quando diremo basta al do ut des? Quando decideremo di farla finita con la nostra fede anestetizzata?
Prendiamo con coraggio in mano il Vangelo, allunghiamo con decisione il passo sulle orme di Cristo, non facciamoci distrarre dagli specchietti luminosi del mondo, siamo seri!
Non trinceriamoci dietro alla scusa che per imitare Gesù sono necessari eroismi sovrumani!”. Nossignori, nulla di impossibile: dobbiamo soltanto mettere la nostra buona volontà, con umiltà, con sincerità: proviamo, sforziamoci, soprattutto ascoltiamo fedelmente la voce di Dio che abita in noi; lasciamoci guidare, lasciamoci consumare dalla sua presenza, perché con Lui tutto è possibile!
Si: questa è la grandezza di Dio: ha lasciato dentro di noi il suo Spirito; nel nostro cuore, nella nostra anima è presente Gesù in persona; un Gesù che da anni, pazientemente, vuol farci entrare in zucca un fatto elementare: Lui ci ama, ci ama continuamente, ci ha sempre amati. Tutti, uno per uno. E non si dà pace nel vederci andare alla deriva, allo sbando.
A questo punto, non vi sembra che sia arrivato il momento che anche noi dobbiamo fargli un cenno, dimostrargli un minimo di riconoscenza, di autentico amore? che ci costa? Basta anche un piccolo cenno, un primo passo, dimostrandogli con i fatti, che sì, anche noi siamo là, dietro i suoi passi; che finalmente abbiamo capito quanto Egli fa per noi, che lo apprezziamo, che vogliamo in qualche modo ricambiare, che vogliamo goderlo sul serio, per sempre.
Proviamoci, facciamolo questo passo, mettiamoci un po’ di entusiasmo: perché è così che imboccheremo la strada giusta che conduce alla santità: quella strada che ci porta a Dio.
Animo, dunque! Osiamo, buttiamoci con entusiasmo, e voliamo in alto, fin lassù! Amen!

 

 

giovedì 9 febbraio 2023

12 Febbraio 2023 – VI Domenica del Tempo Ordinario


Mt 5,17-37
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.

 Un vangelo all’apparenza contraddittorio quello di oggi. Dapprima Gesù conferma in pieno la validità della Legge antica, e subito dopo si affretta a puntualizzare, a mettere dei paletti, a fare dei “distinguo”. Ma non c’è contraddizione alcuna in ciò, perché Lui stesso lo dichiara apertamente: “sono venuto per dare compimento”, sono venuto cioè a dare alla Legge il suo significato autentico. 
Gesù è molto franco e preciso: ciò che non gli sta bene è l’osservanza della legge divina puramente formale, esteriore: uno stile di vita adottato ormai da tutti. Ad un certo punto sembra spazientirsi e dire: “Basta, così non si può più andare avanti. Il vostro rapporto con Dio non può continuare a basarsi soltanto sulla superficialità, su di una religiosità personalizzata, accomodante, unicamente scenica e rappresentativa; non potete riempirvi la bocca dicendo: Noi siamo ebrei, siamo figli di Abramo, siamo il popolo dell’Alleanza, per poi fare come vi pare. Non potete giustificarvi dicendo che ciò che fate è volontà di Dio, è parola di Dio, quando Dio in realtà non c'entra proprio per nulla: voi non eseguite con il cuore le sue disposizioni, non fate la sua volontà, ma preferite comportarvi falsamente come gli scribi e i farisei, il cui rapporto con la legge è solo maniacale, fittizio, letterale: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”. 
A quei tempi infatti le autorità religiose imponevano a tutti una osservanza scrupolosa e totale di qualunque suggerimento della Bibbia, anche del più piccolo e insignificante: “se la Legge dice così, dovete fare così!”. Gesù invece chiarisce: “Neanche per sogno! Non dovete essere “ottusi”, non dovete preoccuparvi solo di quello che è scritto, ma del perché è scritto; dovete capire cioè cosa Dio vuole realmente da voi, e lo capirete soltanto se le vostre risposte, le vostre azioni, provengono dall’amore che nutrite per Lui, se sono generate e guidate dalla carità, da un totale coinvolgimento della vostra anima, non certo dalla superficialità, dall’ignoranza, obbedendo ciecamente, meccanicamente, senza sapere perché, senza alcuna convinzione.
Purtroppo non solo gli ebrei di allora, ma anche i cristiani di oggi, talvolta ragionano e si comportano con la loro stessa mentalità farisaica. Quante volte anche noi ci nascondiamo dietro tutta una serie di “regole”, di tradizioni fasulle! “Io mi comporto correttamente perché vado in chiesa tutte le domeniche, osservo i comandamenti e i precetti, rispetto il prossimo, faccio elemosine, amo i fratelli, amo il Papa, amo la Chiesa ecc.; per questo mi ritengo un buon cristiano, sono un cristiano in piena regola!”. Ovviamente, dopo la nostra brava esibizione autoreferenziale, ci aspettiamo anche un bel: “Ma che bravo!”
Solo che non siamo “bravi” proprio per niente! Pensiamo, parliamo e ci comportiamo così ad esclusivo compiacimento personale, per sentirci migliori degli altri, più rispettabili, additati come esempio; il nostro è un cristianesimo infantile, meccanico, superficiale, basato su poche nozioni mnemoniche imparate dal catechismo di Pio X: non ci interessa nient’altro, perché così ci sentiamo già in regola, superiori a qualunque altra “interpretazione” pretesca. Così facendo, però, ci qualifichiamo al massimo come scrupolosi, puntuali “esecutori”, ma non certo come “bravi cristiani”: perché nel nostro “fare”, nel nostro “rispettare” la legge di Dio, non c’è l’Amore, non c’è Dio, ci siamo solo “noi”! Amare gli altri solo perché ci viene comandato, equivale a non amare, significa essere vuoti, sterili; significa non aver nulla di “profondo”, di speciale, da donare; significa avere un cuore gelido, arido. Significa insomma accontentarci delle apparenze, rinunciando di donare Vita.
Ecco perché la legge di Gesù è “nuova”, completamente “diversa”: Egli non abolisce l'Antica Alleanza, ma prescrive, nei suoi confronti, un approccio più autentico e profondo. Stabilisce cioè che la sua osservanza non sia più solo esteriore, materiale (sono fedele a Dio perché osservo i suoi precetti) ma diventi interiore, convinta, emozionale (sono fedele a Dio perché lo amo, vivo nel suo amore). Non cancella la legge dei padri antichi, ma rompe definitivamente con quella mentalità che si fermava al “fare”, all’obbedire passivamente, al considerare obbligatorie certe usanze assurde, improponibili già a quei tempi; insomma egli condanna non la legge, ma il suo interpretarla ed eseguirla in maniera falsa, stupida, artificiosa, senza senso.  
Del resto le leggi, come tutte le cose, con il passare del tempo, o si evolvono, si perfezionano, oppure perdono la loro validità. Gesù non dice: “Abramo, Mosè e gli antichi, hanno sbagliato”. Al contrario sono stati tutti molto importanti per il loro tempo; ma oggi noi conosciamo verità che una volta essi ignoravano; oggi noi abbiamo capito che Dio non è solo un giudice inflessibile che puntualmente ci punisce ogni qualvolta sbagliamo; abbiamo capito che Dio non è una realtà esclusiva, riservata a poca gente, ad un singolo popolo, per di più numericamente limitato, ma è il Dio di tutti gli uomini, di tutto il mondo, dell’universo intero; abbiamo capito, soprattutto, che Dio è amore, è misericordia, compassione, tenerezza per tutti, per le donne, per i bambini, per gli esclusi, per i lebbrosi, per i peccatori.
Tutto questo per gli antichi non era ancora chiaro, e quindi non possiamo giudicarli: teniamo soltanto il “buono” e lasciamo ciò che non lo è più.
Non rimaniamo ancorati a semplici regole: le regole sono fatte per l'uomo e non l'uomo per le regole (Mc 2,27). Le regole insegnano a vivere, servono per aiutarci a stare con gli altri, a condividere gli stessi spazi, a raggiungere obiettivi comuni: ma quando si rivelano inservibili per la Vita, quando risultano obsolete, superate, devono essere aggiornate, corrette, sostituite. Solo i valori universali rimangono immutabili, durano per sempre; le regole, servono solo a realizzarli, a metterli in pratica, e quindi vanno sempre adattate, adeguate.
Noi insomma non dobbiamo lasciarci condizionare dalle apparenze, dal “si è fatto sempre così”; dobbiamo scendere in profondità, dobbiamo agire sempre in sintonia con la nostra coscienza. Dobbiamo, come dice Gesù, essere uomini liberi, uomini autentici, schietti, veri. Non dobbiamo cedere ai compromessi, all’ambiguità, all’ipocrisia, alla ricerca esclusiva del nostro “star bene”, costi quel che costi; dobbiamo avere il coraggio di difendere i nostri ideali, i nostri programmi, le nostre azioni; non svendiamo la nostra dignità per inseguire passeggere e inutili ideologie. Anche a costo di andare controcorrente.
Troppe volte, purtroppo, siamo riluttanti ad esporci, a difendere apertamente il nostro pensiero! Troppe volte cerchiamo di sottrarci alle nostre responsabilità! Ebbene, Gesù ci insegna che dobbiamo avere il coraggio di uscire allo scoperto, di parlare francamente, di comportarci da “cristiani”, da uomini e donne di fede: il nostro parlare deve essere sempre e solo “sì, sì; no, no”. Il “politichese”, che oggi va tanto di moda, non fa per noi, è solo ambiguità, inganno: Cristo non si è mai sognato di adottare un espediente così squallido. Mai! Un valido motivo per fare anche noi altrettanto! Amen.

 

  

giovedì 2 febbraio 2023

05 Febbraio 2023 – V Domenica del Tempo Ordinario


Mt 5,13-16  
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».

 Dopo aver indicato con le “beatitudini” il difficile passaggio attraverso cui ogni discepolo deve passare per imitarlo fedelmente, rivolto ancora ai suoi Gesù esclama: «Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo!». 
In altre parole: “Voi poveri pescatori che io vi ho scelto per essere pescatori di umanità, voi che mi avete obbedito ciecamente, riconoscendo in me il volto di Dio, voi “siete” il sale che con la vostra testimonianza dà sapore alla vita di quanti incontrate, “siete” quella luce che io chiamandovi ho acceso nel vostro cuore e che voi ora, “siete” chiamati ad accendere nel cuore di quanti porterete alla conversione”.
Anche qui Gesù si esprime con grande affabilità: non dà ordini, non usa imperativi, non dice “voi dovete essere”; ma usa uno stile colloquiale, comunica semplicemente una nuova caratteristica della loro attuale personalità: “voi già ora, accettando di seguire me, siete “sale”, siete già “luce”: qualunque vostra iniziativa infonde sapore e luce in chi vi guarda”.
Essere luce ed essere sale, significa pertanto essere elementi fondamentali per la vita dei fratelli, significa offrire loro significato e speranza, significa aiutarli a rispondere alle grandi domande che tutti si pongono: “Che senso ha la vita? Dove sta andando il mondo?”.
Le parole di Gesù sono sempre ricche di simbolismi: noi per questo dobbiamo approfondirle, dobbiamo capire il significato profondo dei loro riferimenti, per consentire loro di raggiungere il loro scopo. Le similitudini di Gesù hanno sempre infatti la capacità di dire grandi cose sulla vita concreta, con parole semplici, con riferimenti immediatamente comprensibili. Alla fine ci rendiamo conto che non c’è grande distanza tra il mistero del Regno che Gesù vuol farci conoscere, e gli eventi quotidiani, piccoli e grandi, della nostra vita: perché ogni personale conquista, come pure ogni tragedia, possono illuminarci per comprendere il mistero di Dio. Anche nei momenti più bui e difficili. Anche quando ci accorgiamo che la società in cui viviamo, che la Chiesa in cui crediamo, stanno precipitando in un tragico domani.
Inutile ignorarlo, inutile chiudere gli occhi ad ogni costo, fingendo che tutto sia roseo: il dramma mortale di questo nostro tempo è di dover assistere alla progressiva diffusione e normalizzazione di un cristianesimo senza Cristo, una religione senza fede, un culto senza convinzione.
Sono realtà drammatiche che portano ad inevitabili conflittualità interiori: il positivo e naturale desiderio dell'uomo di conoscer il senso autentico del suo vivere e del suo morire, è messo purtroppo in seria difficoltà, dall’incombente prospettiva di una insanabile sconfitta della civiltà cristiana, di una caparbia negazione del trascendente, di una insensata indifferenza ai valori umani e religiosi.
In questo momento drammatico della storia, il mondo, nonostante il suo delirio, attende comunque, ancorché inconsciamente, una risposta chiara e concreta, un'indicazione, una testimonianza che dia speranza e ragioni per continuare a vivere.
Ebbene, in tale contesto, essere luce e sale per i fratelli, diventa la missione primaria del nostro professarci cristiani; un compito che sicuramente ci spaventa, soprattutto se guardiamo alla nostra debolezza, alle nostre infedeltà, che troppo spesso ci privano proprio di luce e sale, rendendoci opachi, pieni di ombre, assolutamente insipidi.
Si, perché essere luce del mondo e sale della terra, significa donarsi ai fratelli in modo totale, costante, convinto. Equivale a dimostrare che il nostro cristianesimo non è affatto sterile e passivo, ma al contrario dinamico, entusiasta, intraprendente: è insomma una vita vissuta in Cristo, impregnata di gioia, di luce, di significato, di esultanza.
Una cosa impegnativa, sicuramente, ma non impossibile: grazie a Dio, la storia è piena di questi esempi: ci sono infatti, anche oggi, innumerevoli persone che, per la loro carità, per il loro altruismo senza limiti, meritano la nostra ammirazione, la nostra stima più sincera: sono sacerdoti, religiosi, uomini e donne consacrati, laici, che vivono in costante e disinteressato servizio per gli altri. Sono persone, dirigenti, insegnanti, assistenti, operai, che troviamo puntualmente negli ospedali, nelle case, nelle scuole, nell'industria, dovunque è richiesta una parola, un gesto di conforto. Persone normalissime, con mille difetti e limiti personali, ma che riflettono senza limiti la luce della carità e dell’amore di Dio.
Ecco: di fronte a queste nascoste realtà, dobbiamo aprire gli occhi, dobbiamo cogliere e fare nostro quanto di buono e di bello c'è davvero nel mondo: dobbiamo essere consapevoli che, proprio per la presenza del male che insidia il cuore umano, noi tutti siamo chiamati a testimoniare e a portare Dio nel mondo, trasmettendo a tutti la luce e il calore del suo amore.
Ognuno allora deve chiedersi: sono io sale e luce per i fratelli, per le persone che vivono accanto a me? La mia vita è realmente un dono? Mi rendo conto che la mia vocazione di cristiano è dare amore e che, quando non amo, rimango nell'oscurità, nella tristezza, nell’intimo sconforto? Perché un grande pericolo ci insidia da sempre: un nemico multiforme ben radicato e nascosto dentro di noi, sotto nomi diversi: “egoismo, individualismo, orgoglio, indifferenza, disinteresse, insensibilità”. Ogni giorno, ogni minuto che per egoismo, pigrizia, disinteresse, passa senza alcuna iniziativa da parte nostra, è un giorno perso, un'occasione mancata; al contrario, ogni nostro passo spinto dalla carità, ogni atto che facciamo con amore, è un dono incalcolabile per tutti i fratelli, perché rivela al mondo intero un riflesso del volto di Dio.
Che significato avrebbe infatti essere “luce”, accendere, illuminare la nostra vita con l’amore divino e poi nasconderci sotto il “moggio” del disinteresse, dell’indifferenza, del non far nulla? Una lampada accesa va messa in alto, su un candelabro, perché la sua luce rischiari il cammino di tutti. Ecco perché, davanti alla prospettiva mondiale di un totale black out di Dio, dobbiamo prendere in mano la situazione, dobbiamo chiedere al Signore di rendere più luminosa la “nostra” luce, per contribuire nel nostro piccolo, con sempre maggior vigore, con nuovo entusiasmo, ad allontanare l’oscurità che incombe sull'umanità.
Comportandoci come? Semplicemente, umilmente, da autentici cristiani: i santi infatti ci hanno insegnato che sono le buone opere dei credenti, animate dalla preghiera e dall’amore, che assicurano l’efficacia della Luce divina nel mondo: è quindi la nostra vita, il nostro gestirla con fede e carità, il nostro vivere il Vangelo in modo convinto e coerente, che alimentano quella nostra piccola ma luminosa luce, grazie alla quale tutti, se vogliono, possono camminare più agevolmente sulla strada che li porta a Dio.
Gesù non ci chiede di fondare associazioni religiose, gruppi di preghiera, di promuovere spettacoli e pellegrinaggi spirituali; non ci chiede di scrivere libri di spiritualità, di moderare dibattiti televisivi sull’esistenza di Dio; ci chiede soltanto di mettere in pratica con semplicità le sue “beatitudini”, di testimoniare il suo Vangelo con la nostra vita, fedelmente, ma umilmente.
Non sono i fiumi di parole, ma soltanto le nostre azioni concrete, animate dalla “luce” splendente di Dio, che possono raggiungere il cuore dei fratelli, e suggerire loro: “Amico mio, guarda che anche tu sei luce, sei anima, sei Spirito di Dio; anche tu sei emozione, energia, fuoco; anche tu, se vuoi, puoi essere Luce per il mondo, puoi essere calore, puoi essere gusto: perché anche tu appartieni a quel Tutto che è Dio, quel Tutto, che già risplende dentro di te, che già riscalda il tuo cuore”.
Ecco, questo solo Dio si aspetta da noi e dalla società in cui viviamo: perché fino a quando gli uomini esigono di camminare senza la sua “luce”, fino a quando pretendono di vivere senza neppur conoscere il “sapore” del suo “amore”, per questo mondo non c’è alcuna possibilità di salvezza! Amen.