Lc 2,16-21
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
Un
nuovo anno inizia oggi, un evento tutto sommato banale, che il disperato bisogno di certezze degli uomini ha
riempito di una ritualità laica, fatta di fuochi d'artificio, di tavole
opulente, di bevute e di brindisi stimolanti, nel tentativo pagano di
esorcizzare il tempo affinché nei giorni futuri assicuri gioia e serenità.
Ubriacatura del non senso, dimenticanza voluta del vero senso del tempo e della
vita. Tutto ciò perché l’uomo continua a sperare per il suo domani in qualcosa
di nuovo, di più soddisfacente: qualunque cosa, purché sia in grado di colmare
il vuoto della sua assenza di valori.
Per noi cristiani, invece, da quando Dio lo inabita, il tempo è sacro. Per noi
il tempo, la storia, la nostra storia, non è una squallida serie di avvenimenti
che si susseguono senza senso, davanti a noi, ma al contrario, è quello
“spazio” esistenziale che ci viene donato per realizzare il progetto che Dio ha
su di noi, un breve frammento di infinito, in cui realizzare di essere sue
creature.
Nella nostra vita ci sono spazi di tempo felici, positivi, come l’innamoramento
giovanile, la nascita di un figlio, il raggiungimento di un traguardo; momenti alternati
da altri più difficili, più dolorosi, più strazianti come una grave malattia, un
fallimento affettivo, la perdita di una persona cara. Noi sappiamo però che
ogni istante della nostra vita è abitato dalla tenerezza di Dio. Certo, salute,
pace, benessere, sono tutte cose importantissime, ma non sono “la vita”: non
possiamo monopolizzarle, non sono una nostra esclusiva, non ci sono dovute. Non
possiamo pretendere che Dio risolva i nostri problemi, né che continuamente debba
facilitarci, appianarci l’esistenza. La vita è un mistero e come tale va
accolta, capita, usata, rispettata. Perché la vita non è nostra: è solo in
prestito d’uso. Prima o poi va restituita, e dobbiamo rendere conto di come
l’abbiamo gestita. Da qui l’importanza delle periodiche revisioni, di osservare
scrupolosamente le istruzioni di Colui che la presiede, dobbiamo assolutamente fidarci
di Lui.
È quanto ha fatto scupolosamente la giovane Maria di Nazareth.
Quella Maria che oggi
festeggiamo con il titolo di "Madre di Dio", di “Regina della pace”:
quella Maria che oggi scopriamo turbata, impaurita, preoccupata; troppe cose le
sono successe in pochi giorni: dover partorire da sola, confinata in un
ricovero per animali, lontana da casa sua, senza alcuna sistemazione, con rozzi
e poco raccomandabili personaggi che improvvisamente le sono comparsi davanti,
eccitati e vocianti, che parlano, parlano, sostenendo di aver miracolosamente
saputo di lei e del bambino, nei confronti del quale si stanno comportando in
modo così strano. E lei che fa? Nulla, rimane in silenzio: è inquieta per tutti
questi eventi che le sono piombati addosso; e raccolta in sé stessa li rivive
uno per uno. Anzi, come scrive letteralmente Luca, “sunetèrei tà rèmata
tàuta, sumbàllusa en tè kardìa autès”, ossia: serbava questi eventi in
cuor suo “mettendoli insieme”, “ricomponendoli nel loro ordine”, raccogliendo
insieme tutti questi “pezzi” di vita. Semplicemente. Non reagisce, non si
ribella, non inveisce: perché lei si fida ciecamente del suo Dio.
Ecco, nella nostra vita manca molto spesso proprio questo “entrare” nel nostro
cuore, “in noi stessi”, per esaminare, valutare, ricomporre la nostra vita; ci
lasciamo purtroppo travolgere da una vita frenetica, incalzante, che ci sbatte
in ogni dove; non sappiamo dare un ordine, un senso compiuto agli eventi; non
sappiamo trovare un loro “filo” conduttore: assomigliamo un po’ a quel bucato
lavato, strizzato e ammucchiato in una bacinella, a cui serve un filo “teso in
alto” su cui stendere ogni cosa ad asciugare. Ecco, a noi serve proprio questo
“elemento unificatore”, prezioso, insostituibile, unico: la fede. Non ci
fidiamo di Dio! Vorremmo che Dio pensasse come noi, che volesse soltanto ciò
che vogliamo noi. Ma i criteri di Dio non sono quelli nostri; lo afferma Lui
stesso: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono
le mie vie” (Is 55,8); perché: “Io non guardo ciò che guarda
l’uomo: l’uomo guarda l’apparenza, Io guardo il cuore!” (1Sam 16,7).
È stato così per Maria, è stato così per Giuseppe, è stato così per i
pastori e per i Magi; continua ad essere così anche per noi: e sarà per sempre
così, ogni qualvolta Dio deciderà di servirsi della collaborazione degli
uomini: egli in ciò non guarderà mai al potere, alla ricchezza, alla scienza,
ai primati personali: il suo metodo è e sarà sempre lo stesso: “La pietra che i costruttori hanno scartato è
diventata la pietra d’angolo” (Mt 21,42); Dio, cioè, continuerà a mettere come “base” portante, come riferimento nei
suoi progetti, proprio quella pietra di “scarto”, quella “pietra” cioè che i
“costruttori” (il mondo) considera inadatta, inservibile.
A questo proposito, nell’occasione del Natale, ci siamo mai chiesto che
fine hanno fatto i capi religiosi, i dirigenti del Tempio, gli “esperti” di
religione? Perché l’Angelo del Signore non ha portato la bella notizia (euanghelìzomai)
a nessuno della Gerusalemme “bene”, quella dei nobili, dei ricchi, della gente
che conta, dei “giusti”, degli osservanti scrupolosi della Legge? Perché al
contrario lo ha fatto capire soltanto ai pastori e ai magi lontani, che
all’epoca erano visti i primi come truffatori, gente di malaffare, i secondi
come gente sognatrice, inaffidabile? Sempre per lo stesso motivo: perché Dio da
che mondo è mondo non seguirà mai i nostri criteri, né quelli che la civiltà
moderna, la civiltà contemporanea dei consumi, giudica come fondamentali, prioritari:
“Che patrimonio possiedi? Sei abbastanza potente? Sei ricco? Fino a che punto
puoi spingerti con la tua autorità?”. I criteri di Dio sono infatti
completamente diversi: “Sei disponibile? Saprai accettare il mio amore? Ti
lascerai condurre dove voglio io? Collaborerai con me anche quando ciò che ti
chiedo ti sembrerà irrazionale, inutile?”.
Dio pensa e usa metodi completamente diversi: Egli, per ciascuno di noi, ha
programmato un incredibile viaggio nel tempo, un viaggio straordinario,
eccezionale, meraviglioso: ma non può attuarlo se noi non ci fidiamo di Lui, se
gli resistiamo, se continuiamo ad opporci, a voler fare sempre di testa nostra,
a stabilire ciò che è bene o male per noi. Ecco perché Dio sceglie soltanto coloro
che sono disponibili, che si abbandonano a Lui, alla sua volontà, che rispondono,
come Maria: “Va bene, Signore, non so dove mi vuoi portare, ma mi fido di te.
Sia fatta la tua volontà! Guida tu la mia vita, a me sta bene così!”.
Non è meraviglioso, questo modo di relazionarsi con Dio? Abbandonarsi completamente
alla sua volontà? Lasciare che sia Lui a provvedere ad ogni cosa? Questa sì che
è “fede”, amici!
Allora all’inizio di questo anno nuovo, guardiamo a Maria, imitiamola, cerchiamo
di vivere ogni giorno come lei, chiediamole aiuto, seguiamo i suoi consigli di
mamma, e diciamo anche noi: “Signore,
io mi fido di te; Prendimi per mano e portami dove vuoi Tu. Non ti importunerò
più con i mei risentimenti; non ti chiederò più perché certe cose succedono
solo a me, e che male ho fatto per meritarle ecc. Smetterò di ostacolarti, di
tirarmi indietro. Qualunque cosa accada, so con certezza che Tu mi aspetti là,
in fondo a quella strada, a quel tunnel: guidami e io ti seguirò; tu davanti e
io, dietro, calcherò le tue orme! “Anche se vado per una valle oscura, non
temo alcun male, perché tu sei con me! (Sal 23, 4).
Che bello sarebbe poter vivere con questo spirito ogni singolo giorno di
quest’anno! Le nostre ansie, i nostri dubbi, le nostre insicurezze svanirebbero
completamente e dentro di noi regnerebbe una pace infinita. Quella pace
interiore che Maria, “Regina della pace”, ha vissuto durante tutta la sua vita.
E allora che questa pace scenda anche in noi e nel mondo: sia Pace nelle nostre
case, nelle comunità in cui viviamo; sia Pace dove lavoriamo e dove ci
divertiamo; ma sia soprattutto Pace in quei paesi, in cui imperversa ancora una
inutile guerra fratricida, fomentata solo dall’odio, dal delirio di
onnipotenza, da un egoismo dispotico e spietato.
Augurare la Pace è augurare l’incontro con Dio: possa allora l’umanità intera
incontrare e conoscere Dio non solo nelle Chiese cristiane, nelle Sinagoghe o
nelle Moschee, ma possa conoscerLo soprattutto nell’incontro con i fratelli,
nell’ascolto reciproco, nell’aiuto a chi è in difficoltà, nel perdono dopo qualunque
scontro, nell’amore che, sempre e in ogni occasione, tutti possono donare a
tutti.
Voglio pertanto contestualizzare questo mio augurio, con quella meravigliosa
espressione tratta dal Libro dei Numeri: “Il Signore Dio faccia risplendere
per noi il suo volto, e ci faccia grazia, ci conceda pace!” (Nm 6,22). “Far risplendere il volto”, splendido semitismo per indicare il sorriso
di una persona. Dio, nostro Padre, è un Dio che ci “sorride”; un Dio che
pensando a noi, illumina il suo volto: non un Dio corrucciato, impenetrabile,
scostante, irritato: ma un Dio sorridente, innamorato, sempre attento e pronto
a correre in nostro aiuto.
Buon anno allora a voi tutti amici, conosciuti e sconosciuti, ma comunque
fratelli tutti in Cristo. Il Dio, che “fa nuove tutte le cose” (Ap 21,5),
quest’anno vuol “rinnovare” anche noi, vuole conoscerci meglio: e ce lo
chiede sorridendo, amandoci profondamente!
Perché non rispondergli anche noi
con un sorriso? Amen.