giovedì 9 febbraio 2023

12 Febbraio 2023 – VI Domenica del Tempo Ordinario


Mt 5,17-37
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.

 Un vangelo all’apparenza contraddittorio quello di oggi. Dapprima Gesù conferma in pieno la validità della Legge antica, e subito dopo si affretta a puntualizzare, a mettere dei paletti, a fare dei “distinguo”. Ma non c’è contraddizione alcuna in ciò, perché Lui stesso lo dichiara apertamente: “sono venuto per dare compimento”, sono venuto cioè a dare alla Legge il suo significato autentico. 
Gesù è molto franco e preciso: ciò che non gli sta bene è l’osservanza della legge divina puramente formale, esteriore: uno stile di vita adottato ormai da tutti. Ad un certo punto sembra spazientirsi e dire: “Basta, così non si può più andare avanti. Il vostro rapporto con Dio non può continuare a basarsi soltanto sulla superficialità, su di una religiosità personalizzata, accomodante, unicamente scenica e rappresentativa; non potete riempirvi la bocca dicendo: Noi siamo ebrei, siamo figli di Abramo, siamo il popolo dell’Alleanza, per poi fare come vi pare. Non potete giustificarvi dicendo che ciò che fate è volontà di Dio, è parola di Dio, quando Dio in realtà non c'entra proprio per nulla: voi non eseguite con il cuore le sue disposizioni, non fate la sua volontà, ma preferite comportarvi falsamente come gli scribi e i farisei, il cui rapporto con la legge è solo maniacale, fittizio, letterale: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”. 
A quei tempi infatti le autorità religiose imponevano a tutti una osservanza scrupolosa e totale di qualunque suggerimento della Bibbia, anche del più piccolo e insignificante: “se la Legge dice così, dovete fare così!”. Gesù invece chiarisce: “Neanche per sogno! Non dovete essere “ottusi”, non dovete preoccuparvi solo di quello che è scritto, ma del perché è scritto; dovete capire cioè cosa Dio vuole realmente da voi, e lo capirete soltanto se le vostre risposte, le vostre azioni, provengono dall’amore che nutrite per Lui, se sono generate e guidate dalla carità, da un totale coinvolgimento della vostra anima, non certo dalla superficialità, dall’ignoranza, obbedendo ciecamente, meccanicamente, senza sapere perché, senza alcuna convinzione.
Purtroppo non solo gli ebrei di allora, ma anche i cristiani di oggi, talvolta ragionano e si comportano con la loro stessa mentalità farisaica. Quante volte anche noi ci nascondiamo dietro tutta una serie di “regole”, di tradizioni fasulle! “Io mi comporto correttamente perché vado in chiesa tutte le domeniche, osservo i comandamenti e i precetti, rispetto il prossimo, faccio elemosine, amo i fratelli, amo il Papa, amo la Chiesa ecc.; per questo mi ritengo un buon cristiano, sono un cristiano in piena regola!”. Ovviamente, dopo la nostra brava esibizione autoreferenziale, ci aspettiamo anche un bel: “Ma che bravo!”
Solo che non siamo “bravi” proprio per niente! Pensiamo, parliamo e ci comportiamo così ad esclusivo compiacimento personale, per sentirci migliori degli altri, più rispettabili, additati come esempio; il nostro è un cristianesimo infantile, meccanico, superficiale, basato su poche nozioni mnemoniche imparate dal catechismo di Pio X: non ci interessa nient’altro, perché così ci sentiamo già in regola, superiori a qualunque altra “interpretazione” pretesca. Così facendo, però, ci qualifichiamo al massimo come scrupolosi, puntuali “esecutori”, ma non certo come “bravi cristiani”: perché nel nostro “fare”, nel nostro “rispettare” la legge di Dio, non c’è l’Amore, non c’è Dio, ci siamo solo “noi”! Amare gli altri solo perché ci viene comandato, equivale a non amare, significa essere vuoti, sterili; significa non aver nulla di “profondo”, di speciale, da donare; significa avere un cuore gelido, arido. Significa insomma accontentarci delle apparenze, rinunciando di donare Vita.
Ecco perché la legge di Gesù è “nuova”, completamente “diversa”: Egli non abolisce l'Antica Alleanza, ma prescrive, nei suoi confronti, un approccio più autentico e profondo. Stabilisce cioè che la sua osservanza non sia più solo esteriore, materiale (sono fedele a Dio perché osservo i suoi precetti) ma diventi interiore, convinta, emozionale (sono fedele a Dio perché lo amo, vivo nel suo amore). Non cancella la legge dei padri antichi, ma rompe definitivamente con quella mentalità che si fermava al “fare”, all’obbedire passivamente, al considerare obbligatorie certe usanze assurde, improponibili già a quei tempi; insomma egli condanna non la legge, ma il suo interpretarla ed eseguirla in maniera falsa, stupida, artificiosa, senza senso.  
Del resto le leggi, come tutte le cose, con il passare del tempo, o si evolvono, si perfezionano, oppure perdono la loro validità. Gesù non dice: “Abramo, Mosè e gli antichi, hanno sbagliato”. Al contrario sono stati tutti molto importanti per il loro tempo; ma oggi noi conosciamo verità che una volta essi ignoravano; oggi noi abbiamo capito che Dio non è solo un giudice inflessibile che puntualmente ci punisce ogni qualvolta sbagliamo; abbiamo capito che Dio non è una realtà esclusiva, riservata a poca gente, ad un singolo popolo, per di più numericamente limitato, ma è il Dio di tutti gli uomini, di tutto il mondo, dell’universo intero; abbiamo capito, soprattutto, che Dio è amore, è misericordia, compassione, tenerezza per tutti, per le donne, per i bambini, per gli esclusi, per i lebbrosi, per i peccatori.
Tutto questo per gli antichi non era ancora chiaro, e quindi non possiamo giudicarli: teniamo soltanto il “buono” e lasciamo ciò che non lo è più.
Non rimaniamo ancorati a semplici regole: le regole sono fatte per l'uomo e non l'uomo per le regole (Mc 2,27). Le regole insegnano a vivere, servono per aiutarci a stare con gli altri, a condividere gli stessi spazi, a raggiungere obiettivi comuni: ma quando si rivelano inservibili per la Vita, quando risultano obsolete, superate, devono essere aggiornate, corrette, sostituite. Solo i valori universali rimangono immutabili, durano per sempre; le regole, servono solo a realizzarli, a metterli in pratica, e quindi vanno sempre adattate, adeguate.
Noi insomma non dobbiamo lasciarci condizionare dalle apparenze, dal “si è fatto sempre così”; dobbiamo scendere in profondità, dobbiamo agire sempre in sintonia con la nostra coscienza. Dobbiamo, come dice Gesù, essere uomini liberi, uomini autentici, schietti, veri. Non dobbiamo cedere ai compromessi, all’ambiguità, all’ipocrisia, alla ricerca esclusiva del nostro “star bene”, costi quel che costi; dobbiamo avere il coraggio di difendere i nostri ideali, i nostri programmi, le nostre azioni; non svendiamo la nostra dignità per inseguire passeggere e inutili ideologie. Anche a costo di andare controcorrente.
Troppe volte, purtroppo, siamo riluttanti ad esporci, a difendere apertamente il nostro pensiero! Troppe volte cerchiamo di sottrarci alle nostre responsabilità! Ebbene, Gesù ci insegna che dobbiamo avere il coraggio di uscire allo scoperto, di parlare francamente, di comportarci da “cristiani”, da uomini e donne di fede: il nostro parlare deve essere sempre e solo “sì, sì; no, no”. Il “politichese”, che oggi va tanto di moda, non fa per noi, è solo ambiguità, inganno: Cristo non si è mai sognato di adottare un espediente così squallido. Mai! Un valido motivo per fare anche noi altrettanto! Amen.

 

  

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