«Beati...»: ossia felici, gioiosi. Tutti noi siamo affamati di gioia e puntualmente, ogni giorno, sperimentiamo che la gioia offertaci dalla logica del mondo non ci rende felici, ci lascia l’amaro in bocca. Certo ci può capitare di vivere anche dei momenti intensi, particolarmente belli e memorabili, ma anche questi non sono sufficienti a colmare il profondo desiderio di assoluto, di Dio, che portiamo scolpito nel cuore. Se ci guardiamo intorno, anche per poco, veniamo travolti da una baraonda di richiami che ci promettono gioia vera, felicità piena, a buon mercato, a portata di mano, velocemente, immediatamente: basta possedere, apparire, esagerare: cercare il dio denaro ad ogni costo, imporsi senza scrupoli, non fare “sconti” a nessuno, vivere sempre al massimo, in presa diretta, arraffando tutto quello ci capita a tiro. Ma è sufficiente sbattere la faccia anche una sola volta contro le reali difficoltà della vita, per capire quanto queste promesse siano false e illusorie. Ogni volta, regolarmente, ci ritroviamo con un pugno di mosche in mano, più infelici e disgraziati di prima. E nello sconforto più totale ci viene da chiederci: "ma esiste davvero la strada che conduce alla felicità?" Ebbene fratelli: la Parola di oggi ce la indica con estrema precisione.
Gesù, dalle colline sovrastanti il lago di Tiberiade, ci consegna oggi la soluzione autentica al nostro dilemma: una soluzione inverosimile per il mondo, ma in assoluto la più valida e sicura per noi cristiani. Una soluzione, come al solito, sconcertante, come tutte quelle di Gesù; ma una soluzione semplice che ci lascia senza parole.
«Beati i poveri in spirito, gli afflitti, i miti, gli affamati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati, gli insultati...». Ci troviamo di fronte al capovolgimento totale di ogni logica umana.
Il discorso di Gesù è un discorso rivoluzionario: è l'unica vera rivoluzione della storia umana che stravolge radicalmente il cuore dell'uomo. Le altre "rivoluzioni", quelle sociali, sono riuscite semmai a cambiare le leggi, i governi, le strutture esterne della società, ma hanno lasciato l’uomo, e continuano a lasciarlo, così com'è: infelice, perché egoista, razzista, violento, ingordo.
Ma cosa dice esattamente Gesù? Esalta forse una visione di cattolicesimo rassegnato e perdente? Ci offre forse un modello di vita triste e segnato dalle sofferenze? Ci dice forse che, se le cose vanno male, se siamo poveri (nel testo greco letteralmente "straccioni"), se subiamo violenza, se proviamo dolore e piangiamo, solo allora siamo immensamente fortunati?
No fratelli, non diciamo stupidaggini! Dio non ama il dolore, e lo stesso Gesù, per quanto gli è stato possibile, ha cercato di evitare la sofferenza (“Padre, allontana da me questo calice…”).
Le beatitudini ci mostrano invece cosa possiamo essere. Non insegnano a non aver contrasti, conflitti, perché non si può vivere senza tutto questo. Non insegnano ad evitare i conflitti ma ad entrarci; non insegnano a sottrarsi al dolore ma ad esprimerlo; non insegnano a fuggire di fronte alla paura ma a guardarla in faccia; non insegnano ad evitare i sentimenti (tutti!) ma a viverli.
Non sono una soluzione magica, ma un invito a non aver paura, a fidarci di Dio che ci dice: "Ci sono io".
È infatti un'illusione pensare di poter vivere senza difficoltà, senza conflitti, tensioni o incomprensioni. Poiché ci sentiamo fragili, poiché non ci sentiamo così forti da poter reggere tutti gli scossoni, le tensioni, allora vorremmo evitarli, allora sogniamo un mondo senza difficoltà. Le beatitudini, invece, ci insegnano a vivere in maniera felice, profonda, con le radici ben radicate, anche quando le situazioni sono difficili, crude o dolorose, in modo da non fuggire. E dicono: "Vivile e non ti sottrarre perché anche ciò che tu tendi a rifiutare ha un senso; vivile perché tutto è per te e devi imparare qualcosa da tutto ciò che ti succede; vivile e non ti far spaventare perché Dio c'è sempre e non ti abbandona mai. Vivile e vedrai che è così!".
Le beatitudini non inneggiano alla povertà, alla miseria, alla rassegnazione, al piismo, alla tristezza o al subire. Non dicono che la povertà è bene: la povertà è miseria! La povertà non è un bene, ma questa è la realtà della nostra condizione umana.
Le beatitudini non dicono che essere perseguitati è una cosa buona: no, è sempre terribile e crudele, e chi lo cerca è un masochista. Ma non si può vivere neppure pretendendo che tutti ci accettino per come siamo. Non dicono che piangere sia bello: no, è e sarà sempre doloroso. È che piangere ci trasforma, ci purifica. Il pianto è il modo naturale di esprimere i nostri dolori, le nostre tristezze, i nostri lutti e le nostre perdite. È l'adattamento alla realtà. Non è bello, è necessario (che è molto diverso).
Non dicono che bisogna chiudere gli occhi o subire le malefatte degli uomini. Dicono che bisogna essere misericordiosi, che bisogna avere un cuore grande che giudica le azioni e non gli uomini, i comportamenti ma non le persone. Dicono che gli uomini agiscono così perché sono pieni di paura. È per questo che divengono aggressivi, violenti, indisponenti. Questo non vuol dire che dobbiamo subire tutto. Quando c'è da dire "no" lo dobbiamo dire con tutta la forza che abbiamo. Ma dentro di noi dobbiamo anche guardare quella persona e dirci: "Poveraccio, quanto deve soffrire! Chissà che lotte avrà dentro il suo cuore!" E non giudichiamo, perché non conosciamo le sue tensioni interne.
Dobbiamo capire che Gesù, nel darci queste regole di vita, ci rivela esattamente la sua di vita, sono la sua fedele autobiografia, ci rivelano esattamente il suo volto e il volto del Padre. Il Padre, il vero Dio, è un Dio povero, un Dio misericordioso, un Dio mite, un Dio che ama la pace, un Dio che, per amore, è pronto a soffrire. Un Dio così diverso da come ce lo immaginiamo, un Dio così straordinario e armonioso, che solo Gesù ce lo può veramente svelare, perché lui e il Padre sono una cosa sola. Le sue parole non sono legge, ma Vangelo; non sono prescrizioni nobili e difficili, ma il dono bello e sublime che ci offre facendosi nostro fratello. Senza il dono di sé stesso e del Suo Spirito, le beatitudini sono una ideologia, sublime quanto si voglia, ma pur sempre una ideologia. Ma Gesù non solo dice, non solo parla, ma si offre a noi esattamente in ciò che dice, in ciò che parla, e ci consegna la sua legge scritta nel cuore.
Per capire questa legge però bisogna diventare discepoli e ascoltare con fiducia; bisogna “convertirsi”, cambiare mentalità. Siamo disposti a farlo? Dobbiamo esserlo, fratelli, perché dipende anche da noi fare in modo che questa legge della felicità arrivi proprio là dove vivono gli uomini, quelle “folle” che Gesù ci ha messo accanto come fratelli.
Dobbiamo spiegare loro perché Dio non tratta tutti allo stesso modo, perché non dona a tutti lo stesso aiuto, ma dà a ciascuno quel tanto che gli serve, privilegiando chi ha meno: un cuore povero, un cuore affranto infatti riceve molta più attenzione e tenerezza di un cuore sazio che non ha bisogno di nulla.
Dobbiamo spiegarlo bene a chi vive nel dolore, nella malattia, a chi si sente solo e abbandonato. Dirgli che la beatitudine non consiste nel dolore, nella miseria, ma nel fatto che l'intervento di Dio colma soprattutto il cuore di chi è affranto, di chi è povero, di chi è sofferente. Gesù in pratica dice: se, malgrado la sofferenza, la persecuzione, il pianto, tu sei sereno, gioioso, in una parola "beato", significa che hai trovato Dio, significa che hai capito che lui è l’unico tuo sostegno; significa che niente può toglierti la felicità, perché essa è la risposta intima, concreta, alla totale fiducia che tu hai posto in Lui.
Anche le gioie che viviamo sono un suo dono, e vanno sicuramente vissute; perché alla fine Dio ci chiederà conto anche di tutte quelle gioie che non abbiamo vissuto. Ma, fratelli, quanta più gioia c'è nel nostro cuore se, nel dolore, noi resteremo saldi in Lui, unico bene che non ci può essere tolto!
Conoscere Dio, sapere che in lui soltanto riposa il nostro cuore, sconvolge l'ordine delle cose. Il mondo è aggressivo e abbiamo bisogno di grinta per sfondare? Siamo sempre costretti a dimostrare ciò che valiamo? Al lavoro siamo esaminati, misurati e pesati continuamente? Niente paura fratelli: restiamo miti, costruiamo la pace, viviamo nella giustizia; perché così saremo sempre dalla parte di Dio.
Del resto, due sole sono le possibilità, non c'è scampo: o ha ragione il mondo, o ha ragione Dio.
Le Beatitudini sono appunto la promessa di un mondo nuovo, diverso, con una logica nuova, una logica che siamo chiamati a imprimere nella nostra vita, nella vita di chi ci sta vicino, nella vita delle nostre piccole comunità radunate intorno al pane di Dio.
È difficile vivere il Vangelo, lo sappiamo bene; è difficile vivere nella storia il sogno di Dio che è la Chiesa. Ma la fatica che facciamo nel restare incollati al Vangelo, lo sforzo eroico che compiamo nel convertirci alla logica del Regno, anticipa e realizza le Beatitudini.
Ciò non toglie, tuttavia, che questa pagina del Vangelo, fratelli miei, continui ad essere particolarmente indigesta: una pagina improponibile, utopica. Gradevole come sogno, assurda come modello di vita; anche se dobbiamo poi riconoscere che è l’esempio cristallino di come dobbiamo relazionarci con i fratelli, di come concepire i nostri rapporti con gli altri...
È difficile? Bene: ma non lasciamoci per questo scoraggiare. Pensiamo forse di rinunciare a combattere? Preferiamo tornare ai nostri affari, al nostro egoismo, alla nostra indifferenza? Quanta poca fede abbiamo! Certo è più semplice guardare la nostra televisione, leggere nostri giornali, le nostre riviste scandalistiche, andare alle nostre partite di calcio, abbandonarci all’effimero, ai divertimenti, al frastuono del mondo che ci dice che Gesù, in fin dei conti, è un idealista, un sognatore incallito, che non va preso a dosi massicce, ma centellinato un po’ alla volta, quando ne abbiamo tempo e voglia! Va bene così?
Fratelli miei, quanto sarebbe invece più bello se ascoltassimo seriamente la voce suadente di Dio che ci sussurra: «Figlioli miei, puntate in alto, osate, volate ad alta quota perché per questo siete fatti. Questo io voglio per voi e questa è la vostra unica felicità. Se ascoltate la mia Parola, non avete idea di quali gioie potrete vivere! Non avete idea di come potrete sentirvi appagati e soddisfatti! Perché non avete nemmeno idea di quanto grande sia il vostro cuore: in esso c'è davvero spazio per un sacco di volti, forza per amarli tutti; non avete idea di quanti sentimenti potrete sentire, percepire e vivere. Non avete idea di quanto potrete sentirvi ricchi (anche se avete ben poco) e ricolmi di vita. E non avete nemmeno idea di quanto potrà essere bello, meraviglioso e immenso vivere con me». Se ascoltassimo attentamente queste parole di Dio, fratelli, non avremmo altro spazio nel nostro cuore per i richiami e le lusinghe del mondo: perché tutta la nostra attenzione, tutte le nostre preoccupazioni, tutta la nostra vita, sarebbero pienamente riempite del suo Amore gioioso. E saremmo veramente beati. Amen.
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