«Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo…»
Anche se le Beatitudini restano una proposta folle, eccessiva, paradossale, orientarsi verso quella direzione significa voler cambiare quel mondo che non vive la beatitudine, ma si dibatte in una felicità effimera e traumatizzante. Incontrare il volto beato di Dio vivendo le beatitudini converte i nostri cuori. Per questo Gesù insiste: "voi pescatori pescati, pescatori di umanità, che avete conosciuto il volto di Dio e ne siete stati colmati, siete chiamati ad essere sale della terra, per insaporire con la vostra testimonianza la vita di chi vi è accanto, siete chiamati a lasciar brillare la luce che l'incontro con Gesù ha acceso nella vostra vita". L'incontro con Dio non può restare nascosto, la conversione del cuore deve diventare evidente e la luce che si è accesa nei nostri cuori deve brillare nella quotidianità.
"Voi siete" dice il Signore alla sua comunità, alla Chiesa. Si, perché il discorso della montagna è rivolto prima di tutto ad una comunità; non lo si può vivere da soli, siamo chiamati a viverlo insieme, in funzione dell’altro. La comunità cristiana è una famiglia di fratelli: al suo interno si vive un rapporto forte con Dio che è Padre e quindi si realizza un rapporto forte con i fratelli. Solo così la comunità cristiana diventa fermento e speranza per l'intera umanità, perché di questo ha bisogno il mondo.
E continua Gesù: "Voi siete il sale della terra", il sale che dà sapore. "Voi siete la luce del mondo", la luce che dà il senso della vita, la saggezza.
Essere luce ed essere sale significa essere elementi essenziali per la vita, significa dare significato e speranza, aiutare le persone a rispondere alle grandi domande che tutti ci poniamo: che senso ha la vita? Dove va il mondo?
Una ricca trama simbolica è sottesa alle parole di Gesù. È necessario rendersene conto, perché esse ottengano pienamente il loro effetto. Le parabole di Gesù hanno sempre la capacità di dire grandi cose con parole semplici, facendo riferimento alla concretezza della vita.
Alla fine ci rendiamo conto che non c’è grande distanza tra il mistero del Regno e i piccoli eventi quotidiani della nostra vita: perché ogni cosa può parlarci del mistero di Dio. Anche nei momenti più difficili. Anche quando ci accorgiamo di essere incamminati verso la strada del non ritorno.
Inutile ignorarlo: la nostra società sta toccando il fondo. Il dramma del nostro tempo è quello di un cristianesimo senza Cristo, di una religione senza fede, di un culto senza celebrazione.
Le drammatiche realtà che viviamo ci devono scuotere: ci devono obbligare ad una riflessione seria sul senso della vita umana e sul compito che, come cristiani, dobbiamo svolgere in questo nostro mondo. C’è molta conflittualità: il positivo desiderio naturale dell'uomo di conoscere, seppur vagamente, il senso della propria vita, del proprio operare e della propria morte, deve purtroppo fare i conti con la minacciosa e incombente prospettiva di una insanabile sconfitta della civiltà cristiana, di una caparbia negazione del trascendente, di una insensata indifferenza ai valori umani e religiosi.
L’uomo tuttavia cerca disperatamente un appoggio che dia sicurezza alla sua esistenza. In questo momento drammatico della storia, il mondo attende inconsciamente una chiara e concreta risposta dai noi cristiani, un'indicazione, una testimonianza che dia speranza e ragioni per continuare a vivere.
Essere luce e sale, in questo contesto, è un compito che ci fa trepidare, soprattutto se guardiamo alla nostra debolezza, alle nostre infedeltà che ci rendono tanto spesso opachi, pieni di ombre, assolutamente insipidi.
Si, perché essere luce del mondo e sale della terra equivale a far dono di sé agli altri; decisamente. Equivale a dimostrare che il nostro cristianesimo non è affatto sterile e passivo, ma al contrario dinamico, entusiasta, intraprendente: in una parola è vita vissuta in Cristo, intrisa di gioia e di esultanza.
Grazie a Dio ne abbiamo tanti di questi esempi: ci sono persone che per la propria carità, per il proprio altruismo senza limiti si conquistano la nostra stima. Sono sacerdoti, religiosi, uomini e donne consacrati, laici... che vivono in atteggiamento di servizio disinteressato per gli altri. Sono persone che troviamo negli ospedali, nelle case, nelle scuole e nell'industria, insegnanti e operai. La loro carità, nonostante i loro limiti personali, è illimitata.
Ecco: se da un lato, dobbiamo aprire i nostri occhi a questa realtà e scoprire quanto di buono e bello c'è davvero nel mondo, dall’altro, coscienti del male e del peccato che insidia il cuore umano, ciascuno di noi deve sentirsi interpellato, deve sentirsi impegnato, in quanto nominalmente chiamato. Deve chiedersi: sono io luce per i miei fratelli, per le persone che vivono con me? Sono io sale che dà una ragione per vivere? La mia vita è realmente un dono per gli altri? Mi rendo conto che la mia vocazione innata è l'amore e che, quando non amo resto nell'oscurità, nella tristezza e nella disperazione?
Il grande pericolo che ci insidia è dentro di noi, fratelli, e ha un nome: egoismo, indifferenza.
Ognuno di noi, davanti a siffatte minacce del mondo moderno, dovrebbe rinvigorire questa intima convinzione: "ho una missione inalienabile da compiere in questa vita, una missione che si chiama amore". Non altrove, in terre lontane, ma attorno a noi, nella famiglia, nel lavoro, nelle nostre comunità, nella costruzione della società civile in cui viviamo: è qui che noi dobbiamo essere fermento di vita cristiana e di amore cristiano. Ogni giorno, ogni minuto che lasciamo passare per egoismo o pigrizia, è un giorno perso, un'occasione mancata. Al contrario, ogni atto di amore e carità che facciamo, è un gran dono per il mondo, perché rivela un riflesso del volto di Dio.
La Parola di oggi deve farci riflettere: siamo convinti fratelli di questa nostra chiamata? Siamo convinti che la carità è una dimensione ineluttabile che dobbiamo vivere tutti i giorni, anche nelle circostanze più piccole e insignificanti, e che qualsiasi cosa facciamo, anche per noi stessi, non deve mai perdere di vista il bene degli altri? Siamo disposti a donare noi stessi agli altri nel nostro atteggiamento quotidiano (un sorriso, una parola, un buon consiglio) prima di tutto verso il nostro prossimo più vicino (familiari, confratelli, amici, vicini di casa) per poi estenderci anche ai più lontani, a quelli che riteniamo estranei, a quelli che consideriamo nostri “nemici”? Siamo convinti che l'amore al prossimo è l'unica caratteristica che convincerà gli altri del nostro cristianesimo e che soltanto l’amore ci renderà luce del mondo e sale della terra?
Bene, fratelli. Questo ci chiede oggi il Signore. Non perdiamo tempo, crediamoci fortemente e agiamo di conseguenza. Amen.
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