“E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole…” (Mc 9,2-10).
Oggi il Vangelo cambia radicalmente ambiente. Domenica scorsa eravamo nel deserto, nella solitudine, nella fatica, nella tentazione, nel pericolo di fare scelte sbagliate. Oggi siamo invece in una situazione completamente opposta: la scena è dominata dalla luce, dalla gioia, dalla felicità, dalla pienezza: è come “toccare il cielo con un dito”. Domenica scorsa Gesù era solo, oggi è insieme a Pietro, Giacomo, Giovanni, gli amati discepoli. Lì la voce e la visione del maligno, qui la voce e la visione di Dio; lì la sofferenza, qui la gioia e la festa; lì il buio e le tenebre, qui tanta luce e il volto di Gesù trasfigurato nel sole. A un Gesù umano che “vive” le tentazioni come tutti noi, si contrappone un Gesù divino che rivela a tutti la sua vera natura.
Che
senso ha questo cambiamento così repentino, in una quaresima che dobbiamo
vivere come un’esperienza rigorosa, votata alla penitenza, alla conversione, al
sacrificio, alla preghiera continua? Cosa significa?
La
spiegazione sta nel messaggio che Gesù vuole trasmetterci proprio dal Tabor:
Egli in sostanza vuole anticiparci, già su questa terra, una piccola visione di
quella che sarà la felicità futura, quella finale, paradisiaca, fatta di luce,
di amore, di contemplazione divina. Ci dice in pratica che la quaresima non deve
essere tristezza, ma gioia, entusiasmo; che il nostro cammino di “conversione”
deve essere fatto volentieri, con il sorriso, con la fiducia nel suo amore.
Gesù in poche parole ci dice che la nostra vita potrà un giorno diventare
radiosa solo se ora pratichiamo l’amore: perché solo l’amore potrà farci salire
sull’eterno e luminoso Tabor celeste, dove regna la felicità, l’Amore, e farci
trasfigurare contemplando quelle meraviglie che nessun occhio umano ha mai
visto e mai potrà vedere.
Trasfigurazione:
è dunque ciò che possiamo anticipare oggi con l’amore; perché solo chi ama
sinceramente, chi è perdutamente innamorato, può cogliere i particolari più
belli, più intimi, più commoventi, della vita: come guardare il sole che si
specchia sul volto radioso della persona amata, ammirare l’innocenza negli
occhi spalancati di un bambino, apprezzare la vera saggezza attraverso le rughe
di un vecchio, commuoversi di fronte ad un volto segnato dal dolore per la
perdita di una persona cara, rimanere estasiati ammirando la muta grandiosità
di un cielo stellato o il sorgere del sole dalle acque immobili del mare: sono
momenti rari, magici, che trasmettono sensazioni così profonde, commozioni così
intense, da non riuscire talvolta a nascondere le lacrime.
Una volta
pensavo che commuoversi fosse segno di debolezza, di mancanza di virilità. Oggi
so che vuol dire soltanto essere vivi: significa cioè percepire la nostra
anima, chi siamo dentro; significa lasciarsi toccare il cuore, farsi
coinvolgere da ciò che ci succede intorno; vuol dire non essere gelidi come il
ghiaccio, impenetrabili come la roccia, insensibili come un organismo amorfo.
Vuol dire, in una parola, lasciarsi “trasfigurare”.
La vita
è piena di questi momenti di Trasfigurazione; per farne esperienza dobbiamo
soltanto saperli “vedere”: momenti in cui ci rendiamo conto che vale la pena di
vivere; momenti in cui ci sentiamo “speciali”, in cui siamo particolarmente
felici di stare al mondo, di esistere, di amare, di credere, di donare; momenti
che ci danno la forza e il coraggio di andare sempre avanti, di affrontare
serenamente le “discese” dal monte, le croci, le crocifissioni di ogni giorno.
Senza
queste “ricariche” di Dio, di soprannaturale, di infinito, tutto rimarrebbe
drammatico, angoscioso, “nero”, invivibile. Ecco perché davanti a noi si ergono
tanti Tabor di mistica salvezza: dobbiamo permettere alla Luce, all’Amore di
entrarci dentro; dobbiamo lasciare che la Vita ci immerga, che viva in noi, che
ci faccia sussultare, muovere, rinascere continuamente.
“Tabor”,
il monte della trasfigurazione e della felicità, in ebraico significa “ombelico”,
e anche “principio di luce”. Bene: la nostra trasfigurazione ci impone
di tagliare tutti i cordoni “ombelicali” che ci legano al superfluo, tutte
quelle dipendenze inutili che ci ostacolano la crescita, che avvizziscono la
vita. Se in questi giorni di quaresima non approfittiamo di recidere
energicamente i nostri legami col male, convinti che tutto sommato la nostra
vita non è poi così malvagia e che potremo comunque migliorarla quando
decideremo di cambiare abitudini e stile, siamo soltanto dei poveri illusi;
soprattutto non arriveremo mai ad avere una vita “trasfigurata”. Insistere nel
vivere situazioni negative, esperienze traumatizzanti che ci procurano solo
dolore e disperazione, significa scegliere una fine già annunciata, una caduta
nel nulla implacabile e devastante. Se invece vogliamo rinascere, se vogliamo
camminare spediti verso la Luce, non permettiamo a zavorre pericolose di
rallentarci, di ostacolarci: il nostro taglio deve essere netto, deciso,
definitivo.
Solo il
cordone ombelicale che ci lega a Dio non va mai reciso; anzi dobbiamo
conservarlo gelosamente, dobbiamo proteggerlo costantemente, con grande cura,
perché per noi vuol dire salvezza, beatitudine, trasfigurazione; troncarlo,
significa al contrario lontananza, condanna, perdizione. È l’unico canale
attraverso cui Dio può riversare l’amore nel nostro cuore. Un canale che, per
quanto possiamo allontanarci, ci terrà sempre uniti a Lui, senza mai correre il
pericolo di perderci nel vuoto”. Solo così potremo andare serenamente ovunque
la vita ci porti, anche verso le sue inevitabili “prove”; solo così potremo
affrontare i momenti più duri e difficili: perché dentro di noi troveremo sempre
nuova energia, nuova forza, nuovo entusiasmo: perché abbiamo Dio-Amore che
abita stabilmente nel nostro cuore. E potremo esclamare felici con Pietro: “Signore,
è proprio bello stare qui con te!”.
Ma anche
allora, siamo del tutto sinceri? Per noi è veramente bello stare con Dio,
estasiarci di Lui nel silenzio della nostra casa, oppure in Chiesa, nei momenti
di preghiera e di meditazione, nella Messa, nelle sacre liturgie? Oppure il
nostro è solo l’entusiasmo stanco di chi si trascina dietro abitudini senza vita,
senza passione? Ebbene, la quaresima è il tempo degli esami, è il tempo ideale
per ritagliarci nuovi spazi di silenzio, per darci delle risposte sincere, per
dedicare più tempo a Dio, per rimettere la nostra vita in perfetta sintonia con
Lui.
Purtroppo noi oggi viviamo in un
mondo in cui i valori inalienabili della vita sono calpestati impunemente,
abbandonati nel disinteresse più totale; il mondo, la natura, la società,
lontani da Dio, sono ormai allo sbando: orrende sono le nostre città, orrende
sono le periferie, orribili sono le ideologie che imperversano, orribili le
proposte martellanti e sguaiate della pubblicità, orribile il linguaggio che ci
raggiunge dal mondo della politica, dello spettacolo, dell’informazione, orribili
sono i nuovi stili di vita.