“Se tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello…” (Mt 18,15-20).
Le sue
sono regole destinate a mutare nel tempo, in quanto legate ad una particolare
cultura. Quello che deve interessare a noi, e che rimane immutato nei secoli, è
invece il messaggio di Gesù, quello che scaturisce dal suo insegnamento e dalla
sua vita.
Ecco
allora che il senso profondo del Vangelo di oggi ci deve impegnare tutti,
perché nella sua semplicità, comporta uno sforzo costante, per nulla scontato: dobbiamo
usare cioè, nei nostri rapporti interpersonali, umiltà, sollecitudine,
discrezione e amore.
Se siamo
convinti discepoli di Gesù, se Dio abita realmente nel nostro cuore, lo dimostriamo
non attraverso la quantità di preghiere o mediante la frequenza nell’invocare il
suo nome, ma da “come” ci comportiamo con le persone che ci stanno vicino, dalla
“qualità” dei nostri rapporti, da come insomma “ci poniamo” con gli altri.
“Nella
tua vita, qualunque cosa fai, falla sempre con amore”: è questa la massima basilare che
dobbiamo seguire sempre con fedeltà. Anche quando litighiamo, quando lottiamo,
quando entriamo in conflitto, non dobbiamo mai dimenticare che l’altro è nostro
fratello e che dobbiamo amarlo.
Può
sembrare una battuta ma non lo è; perché nella vita può succedere che anche
quando non litighiamo mai con nessuno, quando siamo sempre ossequiosi con
tutti, il nostro cuore è indifferente, non prova particolari sentimenti, tanto
meno amore; al contrario possiamo anche litigare continuamente con i fratelli,
ma nello stesso tempo amarli sinceramente, di vero cuore. Possibile? Certo: a
condizione che il “litigio” nasca per buoni e corretti motivi, che il “robusto”
scambio di opinioni (chiamiamolo così!) poggi su una reale onestà mentale,
fondata nella carità, nell’amore fraterno: in questo modo ogni “scontro”
lascerà ricchezza di vita, verità da imparare, apertura verso gli altri, e non
una totale chiusura nelle proprie posizioni, in un astio irrazionale, come spesso
avviene. Ci sono persone infatti che per anni litigano testardamente sempre per
lo stesso identico motivo: è evidente che non vogliono capire, non vogliono
imparare; non capiscono che litigare non serve assolutamente a nulla, che è
inutile e fa solo male: perché se per principio non si vuole imparare, nella
vita non si crescerà mai, non si maturerà mai.
L’insegnamento
di oggi va anche oltre: ci suggerisce cioè quali atteggiamenti dobbiamo tenere in
una eventuale controversia: e sono due in particolare. Il primo è di evitare il
coinvolgimento di altre persone, allo scopo di ottenere consenso e ammirazione per
come gestiamo la cosa; il secondo è che sempre e comunque dobbiamo riservare alla
controparte la nostra comprensione, la nostra carità, cercando di ascoltare e
capire con amore fraterno le rispettive motivazioni personali. “Se c’è una
questione irrisolta fra te e tuo fratello, va di persona, da solo”; un
comportamento che si pone peraltro in aperto contrasto con quanto imponeva la
legge antica: “Rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti
caricherai di un peccato per lui” (Lv 19,17). A quel tempo era infatti
normale denunciare apertamente l’operato di una persona: “se sai una cosa dilla
a tutti”. Gesù, invece, propone una condotta del tutto nuova, rivoluzionaria,
decisamente contro la legge e l’usanza del tempo.
In
pratica dunque: “C’è qualcosa che non va, hai subito un torto da parte di
qualcuno? Va da lui e chiarisciti privatamente con lui. Solo così conoscerai
personalmente il suo punto di vista: perché forse le cose non stanno come tu
pensi, e così potrai ricrederti”.
In ogni
caso, mai basare il nostro giudizio sulle chiacchiere, sul sentito dire, su
quello che dice la gente. Succede spesso, invece, che in casi del genere, piuttosto
che chiarire con il fratello, noi corriamo dai nostri “confidenti” per
sparlare, per malignare su di lui, per denigrarlo; “confidenti”, che poi a loro
volta si sentono immediatamente in dovere di commentare il fatto con i loro
“confidenti”, innescando così una reazione a catena di maldicenze inopportune,
senza alcun fondamento, il più delle volte crudeli, ipocrite, ingiuste. È il
classico comportamento da immaturi! Ma siamo adulti, ragioniamo allora da
adulti!
Un
problema serio si propone invece quando, contrariamente alla normalità, due
persone non litigano mai, si dimostrano sempre perfettamente concordi e in
tutto: perché nel migliore dei casi vuol dire che una delle due ha rinunciato a
servirsi del proprio raziocinio, è intellettualmente “piatta”, “amorfa”, preferendo
“conformarsi” in tutto agli altri: un atteggiamento “innaturale”, anomalo, che
esclude a priori conquiste e meriti personali: un atteggiamento che non
ha nulla a vedere con l’amore fraterno, non è parte in causa; perché la carità,
l’amore vero, si esplicano, in particolare, proprio nella risoluzione delle abituali
conflittualità, nel chiarimento di problematiche controverse.
Ecco
perché è determinante il modo con cui affrontiamo gli altri, perché è dalla
qualità del nostro approccio che dipendono armonie o separazioni, unioni o
rotture, involuzioni o crescite.
Non
c’è cosa peggiore del pensare che tutto vada sempre bene, del voler vedere
sempre e tutto in rosa, anche quando il nero è evidente! La politica del
nascondere la testa sotto la sabbia, come fa lo struzzo, non è mai positiva e soddisfacente.
Purtroppo, per imparare bene tutto questo, non c’è un manuale “ad hoc”,
non c’è una scuola specifica che ci insegni a “con-vivere”, a vivere
bene insieme. Solo la vita può farlo, ma deve essere una vita rispettosa degli
insegnamenti di Gesù, assistita dal Suo Amore e alimentata dall’ascolto della
Sua Parola. Amen.
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