giovedì 3 settembre 2020

6 Settembre 2020 – XXIII Domenica del Tempo Ordinario


“Se tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello…” (Mt 18,15-20).

 Il Vangelo di oggi ci rivela un Matteo preoccupato di veicolare gli insegnamenti di Gesù alla comunità del suo tempo. Il suo è un tentativo di “tradurre” lo spirito di Gesù in comportamenti e regole, destinati ai suoi contemporanei, a uomini che hanno vissuto più di duemila anni fa, in un ambiente e in una cultura molto diversa dalla nostra.

Le sue sono regole destinate a mutare nel tempo, in quanto legate ad una particolare cultura. Quello che deve interessare a noi, e che rimane immutato nei secoli, è invece il messaggio di Gesù, quello che scaturisce dal suo insegnamento e dalla sua vita.

Ecco allora che il senso profondo del Vangelo di oggi ci deve impegnare tutti, perché nella sua semplicità, comporta uno sforzo costante, per nulla scontato: dobbiamo usare cioè, nei nostri rapporti interpersonali, umiltà, sollecitudine, discrezione e amore.

Se siamo convinti discepoli di Gesù, se Dio abita realmente nel nostro cuore, lo dimostriamo non attraverso la quantità di preghiere o mediante la frequenza nell’invocare il suo nome, ma da “come” ci comportiamo con le persone che ci stanno vicino, dalla “qualità” dei nostri rapporti, da come insomma “ci poniamo” con gli altri.

“Nella tua vita, qualunque cosa fai, falla sempre con amore”: è questa la massima basilare che dobbiamo seguire sempre con fedeltà. Anche quando litighiamo, quando lottiamo, quando entriamo in conflitto, non dobbiamo mai dimenticare che l’altro è nostro fratello e che dobbiamo amarlo.

Può sembrare una battuta ma non lo è; perché nella vita può succedere che anche quando non litighiamo mai con nessuno, quando siamo sempre ossequiosi con tutti, il nostro cuore è indifferente, non prova particolari sentimenti, tanto meno amore; al contrario possiamo anche litigare continuamente con i fratelli, ma nello stesso tempo amarli sinceramente, di vero cuore. Possibile? Certo: a condizione che il “litigio” nasca per buoni e corretti motivi, che il “robusto” scambio di opinioni (chiamiamolo così!) poggi su una reale onestà mentale, fondata nella carità, nell’amore fraterno: in questo modo ogni “scontro” lascerà ricchezza di vita, verità da imparare, apertura verso gli altri, e non una totale chiusura nelle proprie posizioni, in un astio irrazionale, come spesso avviene. Ci sono persone infatti che per anni litigano testardamente sempre per lo stesso identico motivo: è evidente che non vogliono capire, non vogliono imparare; non capiscono che litigare non serve assolutamente a nulla, che è inutile e fa solo male: perché se per principio non si vuole imparare, nella vita non si crescerà mai, non si maturerà mai.

L’insegnamento di oggi va anche oltre: ci suggerisce cioè quali atteggiamenti dobbiamo tenere in una eventuale controversia: e sono due in particolare. Il primo è di evitare il coinvolgimento di altre persone, allo scopo di ottenere consenso e ammirazione per come gestiamo la cosa; il secondo è che sempre e comunque dobbiamo riservare alla controparte la nostra comprensione, la nostra carità, cercando di ascoltare e capire con amore fraterno le rispettive motivazioni personali. “Se c’è una questione irrisolta fra te e tuo fratello, va di persona, da solo”; un comportamento che si pone peraltro in aperto contrasto con quanto imponeva la legge antica: “Rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui” (Lv 19,17). A quel tempo era infatti normale denunciare apertamente l’operato di una persona: “se sai una cosa dilla a tutti”. Gesù, invece, propone una condotta del tutto nuova, rivoluzionaria, decisamente contro la legge e l’usanza del tempo.

In pratica dunque: “C’è qualcosa che non va, hai subito un torto da parte di qualcuno? Va da lui e chiarisciti privatamente con lui. Solo così conoscerai personalmente il suo punto di vista: perché forse le cose non stanno come tu pensi, e così potrai ricrederti”.

In ogni caso, mai basare il nostro giudizio sulle chiacchiere, sul sentito dire, su quello che dice la gente. Succede spesso, invece, che in casi del genere, piuttosto che chiarire con il fratello, noi corriamo dai nostri “confidenti” per sparlare, per malignare su di lui, per denigrarlo; “confidenti”, che poi a loro volta si sentono immediatamente in dovere di commentare il fatto con i loro “confidenti”, innescando così una reazione a catena di maldicenze inopportune, senza alcun fondamento, il più delle volte crudeli, ipocrite, ingiuste. È il classico comportamento da immaturi! Ma siamo adulti, ragioniamo allora da adulti!

La prima comunità cristiana non era certamente perfetta: anche in essa c’erano senz’altro delle discussioni, dei conflitti, delle liti: da qui l’incalzante ripetizione di Matteo (per ben 4 volte!) del verbo “ascoltare”, nel senso di capire, sentire tutte le ragioni, immedesimarsi in esse, perdonare: e ciò da entrambe le parti. Perché è questo che ci impone la carità cristiana: “In tutte le situazioni, ci sia fra di voi l’amore”. Punto.

Ciò succedeva ai tempi di Matteo: ma, fin dalle origini, non esiste convivenza umana in cui tensioni, lotte interne, scontri reciproci siano assenti: e le nostre comunità moderne non sono certo da meno. È una situazione inevitabile, dovuta alla naturale conflittualità umana, alla diversa mentalità di ogni singolo individuo. Tuttavia, ci dice oggi il vangelo, anche in queste circostanze non va in alcun modo esclusa la convenienza dell’amore; litigare è facile, è inevitabile, ma ciò non comporta l’esclusione, per partito preso, del colloquio, del chiarimento, della carità, dell’amore fraterno.

Un problema serio si propone invece quando, contrariamente alla normalità, due persone non litigano mai, si dimostrano sempre perfettamente concordi e in tutto: perché nel migliore dei casi vuol dire che una delle due ha rinunciato a servirsi del proprio raziocinio, è intellettualmente “piatta”, “amorfa”, preferendo “conformarsi” in tutto agli altri: un atteggiamento “innaturale”, anomalo, che esclude a priori conquiste e meriti personali: un atteggiamento che non ha nulla a vedere con l’amore fraterno, non è parte in causa; perché la carità, l’amore vero, si esplicano, in particolare, proprio nella risoluzione delle abituali conflittualità, nel chiarimento di problematiche controverse.

Ecco perché è determinante il modo con cui affrontiamo gli altri, perché è dalla qualità del nostro approccio che dipendono armonie o separazioni, unioni o rotture, involuzioni o crescite.

Non c’è cosa peggiore del pensare che tutto vada sempre bene, del voler vedere sempre e tutto in rosa, anche quando il nero è evidente! La politica del nascondere la testa sotto la sabbia, come fa lo struzzo, non è mai positiva e soddisfacente. Purtroppo, per imparare bene tutto questo, non c’è un manuale “ad hoc”, non c’è una scuola specifica che ci insegni a “con-vivere”, a vivere bene insieme. Solo la vita può farlo, ma deve essere una vita rispettosa degli insegnamenti di Gesù, assistita dal Suo Amore e alimentata dall’ascolto della Sua Parola. Amen.

 

 

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