giovedì 8 maggio 2014

11 Maggio 2014 – IV Domenica di Pasqua

«Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: “In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo” (Gv 10,1-10).
Gesù, per spiegare le grandi verità di Dio, e farsi capire, usa semplici immagini proprie del suo tempo. Il “recinto” era una specie di muretto che circondava uno spazio utilizzato da più pastori. Alla sera i pastori vi conducevano le pecore e di notte bastava un solo guardiano. Al mattino, quando il pastore ritornava, chiamava le sue pecore per nome e queste lo riconoscevano dalla voce. Ecco perché le chiama “una ad una” e perché le pecore “conoscono la sua voce”: era una cosa che tutti conoscevano e che succedeva continuamente. Le pecore conoscevano la voce del loro pastore perché tutto il giorno stavano con lui: lui le proteggeva, lui le difendeva, lui le portava al pascolo. Si creava tra di loro un rapporto di conoscenza, di relazione.
Oggi l'immagine del pastore a noi dice ben poco; la civiltà pastorizia è quasi completamente scomparsa, ma a quel tempo essa era praticata da gran parte della popolazione.
Il testo tuttavia, offre anche a noi numerosi spunti di riflessione.
Il pastore è colui che ci ama, colui che ci conduce verso la vita, verso il pascolo, verso il nutrimento; il pastore è colui che ci difende, che ci protegge dagli attacchi nemici, che ci aiuta nei momenti difficili; il pastore è il nostro sicuro riferimento per sapere dove andare, quale strada percorrere. “State attenti” – ci mette in guardia Gesù – “perché molti vengono da voi in nome di Dio e in nome dell'amore. Molti vengono dicendo di volere il vostro bene. Voi però state attenti perché molto spesso si tratta di briganti e ladri!”. Ma allora come individuarli? Semplice: il pastore (genitore, coniuge, amico, prete o guida spirituale che sia) entra per la “nostra porta” solo per darci vita, per farci crescere, fiorire, evolvere, per farci diventare migliori. Il ladro invece viene per rubare, per sottrarci quello che abbiamo di più bello, per distruggere i nostri sogni, per legarci alla sua volontà. Il pastore ci invita, ci consiglia, ci persuade senza nulla imporci, non usa la forza, è sempre attento, presente, disponibile. Il ladro è violento, prepotente, ci colpevolizza, vuole sottometterci, rubando la vita che abbiamo dentro. Il pastore ci conduce alla verità, il ladro ci trascina nell’inganno: ci fa giudicare vero quello che è falso e falso quello che è vero.
Se una persona ci umilia continuamente, ci disprezza, ci fa sentire in colpa su tutto e sminuisce ogni nostra iniziativa, è un brigante; se una persona ci fa sentire solo cattivi, sporchi, sbagliati, è un brigante; se una persona ci fa sentire comunque degli idioti, dei cretini, degli stupidi, è un brigante. Se una persona ci usa per soddisfare il suo piacere fisico o i suoi interessi, è un brigante; se una persona pretende di starci troppo addosso, ripetendoci insistentemente che senza di noi non può vivere, è un brigante. Se stare con una persona ci priva della gioia di vivere, della nostra personalità, della nostra vitalità, quella persona è un ladro. Se stare con una persona annienta la nostra creatività, la nostra fantasia, la bellezza che abbiamo dentro di noi, la nostra espansività, quella persona è un ladro. Se stare con una persona ci intristisce, ci spegne, ci soffoca, invece di accenderci, di farci respirare, quella persona è un ladro.
La vita è vivere. La vita è espandersi. La vita è dilatarsi. Noi siamo fatti per crescere sempre di più, per realizzarci sempre più, per diventare quelli che nel disegno di Dio dobbiamo essere, quelli cioè che nella loro vita realizzano tutto ciò che Dio ha pensato per loro.
Allora dobbiamo chiederci: se nella vita ci sono tanti ladri in azione, se i ladri ci hanno portato via la vita, l'entusiasmo, la fantasia, la creatività, la voglia di vivere, di combattere, di essere nuovi e diversi (quanta gente è rassegnata, smorta, spenta!) perché non abbiamo fatto nulla per opporci? Perché non siamo stati pastori di noi stessi? Perché abbiamo permesso loro di entrare nella nostra anima?
Ogni volta che non ci difendiamo, che non ci proteggiamo, che non lottiamo per noi stessi, che non combattiamo per la nostra vita (cosa c'è di più importante della nostra vita?), che permettiamo agli altri di fare di noi quello che vogliono, noi ci trattiamo come se non avessimo alcun valore, come se fossimo delle nullità che tutti possono utilizzare a loro piacimento. Se ci amiamo, combattiamo per noi!
Se noi non proteggiamo (pastore) ciò che abbiamo di più caro e prezioso, perché lo dovrebbero fare gli altri? Se non difendiamo la nostra parte migliore, i nostri tesori, chi lo farà? Se non custodiamo i nostri tesori, ci verranno rubati. Se non sappiamo custodire ciò che possediamo, tutti verranno e faranno di noi quello che vorranno. Ma poi non dobbiamo lamentarci se ci derubano, perché siamo noi che dobbiamo custodire ciò che ci è stato affidato, siamo noi che dobbiamo custodirlo con ogni cura: noi e nessun altro!
Quante persone invece permettono al partner di rubargli l'anima, la vita che hanno dentro, la vitalità, la gioia, l’estroversione, la simpatia! E da persone vive, diventano dei morti ambulanti, degli “zombies”.
Ma l’immagine centrale del vangelo di oggi è sicuramente la “porta”: “Io sono la porta!” dice Gesù. Ora, la porta è simbolo del passaggio da una sfera, da un luogo, da una situazione ad un'altra.
Gesù è quindi la porta di entrata verso noi stessi: Egli ci conduce nel nostro intimo, nella nostra anima, nel nostro cuore per fare un bilancio della nostra vita. Ma Gesù ci porta anche fuori di noi, all’esterno, fuori dal nostro io, verso gli altri, verso i fratelli.
Ci sono porte della nostra vita che sono perennemente chiuse a chiave, serrate con tutti i lucchetti possibili, che mai vorremmo aprire. Ma prima o poi arriva il momento in cui è necessario aprire quelle porte, anche se aprirle ci fa paura, anche se siamo terrorizzati da ciò che troveremo, anche se faremmo di tutto per non aprirle. Ci sono dei passaggi che dobbiamo fare ad ogni costo: ne va della nostra vita. La vita ci mette di fronte a certe porte: se vogliamo andare avanti dobbiamo passare di lì. Noi vorremmo evitarla, entrare da un'altra parte, trovare una soluzione alternativa, ma non si può. Se vogliamo progredire dobbiamo passare di lì. Altrimenti ci fermiamo., ci blocchiamo.
Ci piacerebbe passare per altre vie per evitarci sofferenza e fatica: ma sono i briganti che fanno così. Ma non abbiamo alternative: la porta ci sta davanti; dobbiamo oltrepassarla e basta! Perché la porta – anche se la temiamo - ci conduce comunque verso qualcosa di nuovo, di diverso: è un passaggio obbligato. Dio è un passaggio obbligato. Magari ora non lo capiamo, ma un giorno i nostro occhi si apriranno e capiremo!
Allora, non fermiamoci, usciamo, cambiamo, progrediamo! Apriamo la porta al nuovo, abbiamo il coraggio di ricominciare, di andare oltre, di cambiare.
Noi siamo portati ad essere sempre gli stessi: ma la vita non è così. La vita è sempre nuova, diversa, altra, in continua evoluzione. Dio è porta: se incontriamo Dio, Dio ci fa diversi, ci trasforma, ci cambia, ci apre porte sconosciute; apre tutte le stanze della nostra anima, e poi ci manda fuori,ci manda là dove neppure immaginiamo. Più un uomo è ottuso, chiuso, pieno di pregiudizi, sempre sulla difensiva, meno conosce Dio. Gesù è la porta: usciamo, andiamo, apriamoci, incontriamo gli altri, impariamo, non fermiamoci, non temiamo.
Vangelo vuol dire “buona nuova”. È buona, proprio perché è sempre nuova, non è mai la stessa. Gesù fu ucciso non perché portò un messaggio buono, ma perché portò un messaggio nuovo. Il nuovo ci terrorizza, ci fa paura. Il nuovo ci toglie le sicurezze che avevamo prima. Ma se uno non diventa nuovo, non si rinnova, è già vecchio, ha già smesso di vivere. “Tutto invecchia”, dice Il Qohelet: per cui o ti rinnovi o muori. La gioventù non è un'età, ma una “dimensione” della vita.
Anche una parrocchia, anche una chiesa, possono essere vecchie. E se una chiesa è vecchia, diventa inutile, superflua, nessuno sa cosa farsene di lei. Per questo bisogna saper cogliere il nuovo, le nuove esigenze e le nuove situazioni.
Bisogna soprattutto mettersi in gioco, perché rinnovarsi (cioè entrare per la porta del tempo presente) non vuol dire solo prendere qualcosa di nuovo ma anche avere il coraggio di lasciare qualcosa di vecchio, qualcosa di inutile, qualche zavorra alla quale siamo affezionati, ma che inevitabilmente ci rallenta la corsa. E potremmo perdere il treno del nostro rinnovamento, potremmo perdere la corsa verso una vita nuova, più splendida, più entusiasmante, più aperta, più ricca, più traboccante e ricca: una vita che possiamo raggiungere attraversando la porta di Cristo risorto, perché Lui solo è “vita vera e abbondante”. Amen.

Nessun commento: