Gesù è vivo; è risorto; e incontra i suoi discepoli.
Li incontra in Galilea: come mai in Galilea e non in Gerusalemme, dove già si trovavano? Perché la Galilea è il luogo della vita (Betlemme) mentre Gerusalemme è il luogo della morte. In certi luoghi, come in certe persone, non possiamo incontrare il Signore: sono “ambienti” di morte, vuoti, dove regna solo l’odio, l’invidia, la rabbia. Li incontra poi “sul” monte che aveva loro fissato (l’articolo determinativo indica che si tratta di quel preciso monte e non di uno a caso; proprio quello e nessun altro). Di che monte si tratta? Matteo fa capire di conoscerlo molto bene: è il monte delle beatitudini.
Su quel monte Gesù ha tracciato le linee chiave della nostra vita cristiana: avere cioè un cuore grande, in modo da poter contenere il mondo; essere vulnerabili, in modo da poter percepire Dio, sentire la gioia e il dolore proprio e di ogni uomo; avere un cuore vivo, che pulsa, che vibra, che sente, che piange, che lotta, che è capace di misericordia; operare scelte radicali (“avete inteso che fu detto, ma io vi dico”), lasciar andare ciò che non ha più senso; percepire e manifestare il nostro scopo di vita (essere sale e luce); avere una fiducia incondizionata e smisurata in Dio che ci protegge, lui, che nutre gli uccelli del cielo e veste i fiori del campo; non giudicare nessuno e non credersi superiori di qualcuno; non usare nessuna violenza, fisica, psicologica, morale, genitoriale, per sottomettere gli altri.
Bene: è qui, su questo “monte”, che anche noi dobbiamo incontrare Dio; è cioè in questo contesto, a queste condizioni, che possiamo “incontrare”, fin da ora, il Signore.
Ma in pratica cosa dobbiamo fare, come dobbiamo comportarci per vederlo?
Il monte delle beatitudini rappresenta il cammino che dobbiamo percorrere. Se vogliamo incontrare Dio, dobbiamo purificare la nostra anima, rendere trasparente il nostro cuore, portare la luce nel nostro buio profondo, cambiare i nostri schemi mentali, rigidi e fissi.
Il Risorto non è un’esperienza per pochi eletti: il Risorto è per tutti! Tutti possiamo vederlo. Non solo gli apostoli, ma ciascuno di noi può incontrarlo, può “vederlo”: purché si incammini verso la vetta di quel monte. Soltanto là sopra, ci sarà l’incontro.
Molti di noi dicono: “Vorrei incontrare il Signore, perché mi sento sempre così vuoto?”. Per forza, perché noi contiamo soltanto sulle cose di questo mondo, sulle ricchezze, sul benessere, sui soldi: quella è la nostra ricchezza; e di quella soltanto ci fidiamo. Ma solo chi si affida completamente a Dio, solo chi lascia le certezze e le sicurezze di questo mondo, può incontrarlo. Beati i poveri in spirito, dice Gesù; beati i poveri che sanno perdere le false sicurezze per trovare l’unica cosa che dà certezza nella vita: Dio. Chi invece ha l’anima già colma di altre cose, non ha più spazio per Dio.
Altri dicono: “Non lo sento il Signore, non mi riscalda, non mi dà niente, è solo un bel pensiero; a che mi serve andare in chiesa se non percepisco nulla?”. Non lo sentono, perché lo ignorano: ogni volta che “stanno male” non pensano a Lui, fanno finta di niente, non ascoltano la voce del cuore. Rifiutano di accettare le prove della vita, le sofferenze. Quando queste emergono fanno di tutto per annegarle, per dimenticarle, per accantonarle. E in questo modo si sono costruiti una corazza nel cuore: diventano impermeabili a tutto, praticamente morti nell’anima. Beati gli afflitti, dice invece Gesù. Beati quelli che sanno piangere, che sanno commuoversi, che percepiscono il proprio dolore e quello del mondo intero!
Ci sono inoltre persone che dicono: “Mi piacerebbe venire agli incontri sul vangelo, è che alla sera è tardi”. Altre: “Se avessi più tempo verrei di più in chiesa”. Ma a questi signori dobbiamo rispondere: l’uomo mangia volentieri solo se ha fame. Se non c’è il desiderio, la voglia, la brama, l’attrazione, la spinta, non se ne fa nulla, fosse pure Dio. Beati invece quelli che hanno fame e sete di cose vere, profonde; che hanno fame di verità, di autenticità: perché solo costoro troveranno ciò che cercano: troveranno Dio, che è la realtà più vera, profonda e autentica.
Molti infine sbuffano dicendo: “Questo mondo fa schifo! Non ti puoi fidare di nessuno! Tutti ti fregano! Tutti pensano a se stessi!”. Purtroppo siamo portati a giudicare sempre, in continuazione. Non abbiamo pazienza.
Quante volte tagliamo corto e così pensiamo di aver sistemato le cose! Quante volte usiamo la violenza del nostro potere: “Qui comando io!; io sono tuo padre; io sono l’autorità, ecc. ecc.”.
Beati quelli che, al contrario, sanno valorizzare i lati positivi del prossimo, che amano i loro fratelli. Solo così saranno costruttori di pace, di unione, di fraternità.
I discepoli, dunque, vedono Gesù e lo riconoscono. Alcuni però dubitano. Di che cosa dubitano? Non certo del Signore, ma di loro stessi! “Ce la faremo a stargli vicino, rischiando anche noi di morire, come lui?”; “cosa ci accadrà? Ne varrà la pena? Avremo la forza per andare avanti?”.
Il dubbio è malefico: è la piccolissima incrinatura nella diga: la farà crollare, è solo questione di tempo. Il dubbio compromette il nostro valore, le nostre sicurezze, la stima in noi stessi. Il dubbio è quella voce sottile ma terribile che ci dice: “Non ce la farai; è troppo per te; non hai le forze; ma chi ti credi di essere?”. Il dubbio crea insicurezza, paura, spezza il nostro coraggio, i nostri sogni, i nostri slanci; la fiducia al contrario crea forza, valore e sicurezza. Gesù infatti si fida dei suoi discepoli; crede in loro e li invia in missione: “Andate e ammaestrate tutte le nazioni”. Vi immaginate la faccia dei discepoli? Loro dubitano di sé e Lui li invia in tutto il mondo! Non credono in loro stessi: ma Gesù conosce ciò che hanno dentro, conosce il loro valore, per questo li manda.
Non possiamo credere realmente in Dio e non credere in noi stessi. Non perché siamo dei superman, degli eroi ma solamente perché Lui abita in noi. Se Dio è in noi allora noi disponiamo di una forza divina. Aver fede in noi stessi non è tanto aver fede in noi ma in chi abita dentro di noi.
Gesù ha detto: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Per questo non dobbiamo temere: se dubitiamo di noi, ricordiamoci di chi c’è con noi, ricordiamoci di chi c’è dentro di noi.
Questa verità dovremmo ricordarcela ogni mattina quando ci alziamo: “Anche oggi Io sono con te: vai tranquillo”.
E allora quando abbiamo paura: “Io sono con te”; quando ci sentiamo soli: “Io sono con te”; quando nessuno è con noi: “Io sono con te”; quando ci vergogniamo di noi: “Io sono con te”; quando sentiamo di non avere le forze, quando ci vien da gettare la spugna, di lasciarci andare: “Io sono in te”; quando non sappiamo dove trovare la forza, ricordiamoci: “Io sono qui dentro di te”; quando non sappiamo più dove aggrapparci, cosa fare o dove sbattere la testa, ricordiamoci: “Io sono in te”.
In ogni situazione ricordiamoci sempre: “Io sono con te tutti i giorni”. Non ci sarà mai un giorno della nostra esistenza in cui noi siamo soli o abbandonati. Lui è e sarà sempre con noi, in noi.
Ricordate il racconto “Orme sulla sabbia”? È molto bello, poetico e ci conferma questa verità. Ve lo riporto:
«Questa notte ho fatto un sogno; ho sognato che camminavo sulla sabbia, accompagnato dal Signore, e sullo schermo della notte erano proiettati tutti i giorni della mia vita.
Ho guardato indietro e ho visto che per ogni giorno della mia vita, apparivano orme sulla sabbia: una mia e una del Signore.
Così sono andato avanti, finché tutti i miei giorni si esaurirono.
Allora mi fermai guardando indietro, notando che in certi posti c’era solo un’orma...
Questi posti coincidevano con i giorni più difficili della mia vita; i giorni di maggior angustia, di maggiore paura e di maggior dolore...
Ho domandato allora: “Signore, Tu avevi detto che saresti stato con me in tutti i giorni della mia vita, ed io ho accettato di vivere con te, ma perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti peggiori della mia vita?”
Ed il Signore rispose: “Figlio mio, Io ti amo e ti dissi che sarei stato con te durante tutta il tuo cammino e che non ti avrei lasciato solo neppure un attimo, e non ti ho lasciato...
i giorni in cui tu hai visto solo un’orma sulla sabbia, sono stati i giorni in cui Io ti ho portato in braccio”. Amen.
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