«Il regno dei cieli è simile...» Matteo nel vangelo di oggi ci spiega ancora, mediante tre parabole molto concise, a cosa sia paragonabile il Regno dei cieli: questa volta ad un tesoro, ad una perla e infine ad una rete. Solo lui ha queste parabole e forse non è un caso: lui era un ex pubblicano, un uomo d'affari, per anni aveva inseguito il sogno di diventare ricco, una vita di tesori, e improvvisamente aveva trovato, incontrando Gesù, l’unico tesoro della vita. Ciò che accade nelle prime due parabole è quantomeno un po’ strano: chi è che trova un tesoro per caso? È rarissimo, ma forse per quei tempi la cosa poteva essere più realistica: non c'erano né banche né casse di risparmio, allora; per custodire denaro e preziosi, l’unico modo sicuro era quello di nasconderli in un posto segreto. Comunque sia qui ci troviamo di fronte a due uomini particolarmente fortunati: il primo è il classico baciato dalla fortuna, che per puro caso si imbatte in un tesoro; il secondo invece è un ricercatore di fortune, di tesori, un professionista, uno che lo fa per mestiere. Entrambi comunque, di fronte all’improvvisa ricchezza, colgono l'occasione e si mettono in gioco a modo loro. E fanno bene: perché certe situazioni, certe opportunità, si verificano una volta sola nella vita, non si ripetono più, e bisogna saperle cogliere al volo. La vita infatti, di tanto in tanto, ci chiama a fare delle scelte radicali: scelte che mettono in discussione tutte le nostre abitudini, scelte che ci cambiano completamente le carte in tavola, che ci spiazzano; e a questo punto è necessario rischiare e puntare tutto lì. Bisogna essere determinati, avere le idee chiare.
I due uomini del vangelo invece, per chi li vede da fuori, non sembrano molto furbi: infatti, come si fa a giustificare uno che vende tutti i suoi averi per comprare un pezzo di terreno incoltivabile, arido e sassoso come quelli della Palestina, basandosi solo sulla speranza di trovare altri tesori? E quell’altro che vende tutto il suo patrimonio per comprare una pietra preziosa? Per quanto possa essere preziosa, che se ne fa? con che cosa campa? E spostiamo il discorso pure sugli uomini che seguono Gesù: lasciano tutto, lavoro, famiglia, averi, mettendosi al seguito di uno, senza arte né parte, che se ne va in giro senza meta, a predicare tutto il giorno. Sono tutti dei folli, degli sprovveduti? No, fratelli, solo apparentemente: perché sono essi che ci danno il vero significato delle parabole. Parabole che sono di grande attualità: perché anche noi siamo nella stessa loro situazione: tutti noi abbiamo il nostro tesoro, il nostro ideale, il nostro “Dio”; per raggiungerlo anche noi siamo disposti a fare di tutto, a sacrificare tutto, perfino l’impossibile. E se non riusciamo a farlo nostro, oppure se trovatolo lo perdiamo, ci disperiamo, cadiamo in depressione. Questa è la realtà, fratelli miei.Gesù diceva: “Dov'è il tuo tesoro lì c'è il tuo cuore”; e diceva una grande verità. È una legge della natura. La cosa a cui più pensi, che più ti ritorna in mente, che più desidereresti nel tuo intimo, quella che sogni continuamente, beh, proprio quella è il tuo “tesoro”, è il tuo Dio. Non quello che sei incerto se volere o meno, non quello che dici di desiderare, ma quello che ti è diventato un’idea fissa, un’ossessione, quello di cui parli in continuazione: ecco quello e solo quello è il tuo “tesoro”. Per alcuni questo tesoro può essere l’onore, o un determinato altro valore; per altri una persona; per altri ancora il benessere, la bella vita, una bella casa. Infine, per i più fortunati, il tesoro più prezioso è Dio, la sua amicizia, il suo amore.
Ma questa parabola non si ferma qui: oltre che identificare Dio nel “tesoro” più prezioso, dice anche che tutti noi siamo un “tesoro”: un tesoro nascosto. Siamo dei tesori, ma nessuno se ne accorge: e quando poi finalmente qualcuno ci nota, ci scopre, ci tira fuori dal nostro nascondiglio, dal nostro camuffamento, ci offre la nostra grande opportunità, ci dà una seconda vita. Sì, perché noi, fratelli, abbiamo proprio bisogno che qualcuno ci scopra, che qualcuno metta in luce la nostra positività, che ci faccia sentire importanti, che ci faccia sentire unici; abbiamo bisogno che qualcuno creda in noi: se nella nostra vita ciò non dovesse mai succedere, possiamo pure coprirci di ori, di soldi, di gioielli, di titoli, di perle e di preziosi, ma non servirebbe assolutamente a nulla, perché non saremmo felici, ci sentiremmo comunque dei falliti, dei perdenti. Noi abbiamo bisogno che qualcuno ci dica: «Sei il mio “tesoro”; sei la cosa più cara che ho». Abbiamo bisogno di sentire che per qualcuno siamo davvero importanti, speciali, unici e insostituibili. Abbiamo bisogno di qualcuno che, fra i tanti, scelga proprio noi e nessun altro. Ecco: noi non ce ne rendiamo conto, ma nella nostra vita questo qualcuno c’è già: è Dio. Noi siamo il suo “tesoro”, siamo noi il “tesoro” di Dio, fratelli. Egli ci riempie di attenzioni, non ci lascia mai soli, previene ogni nostra necessità; in una parola ci riempie di un amore costante, incomprensibile e quasi irrazionale. Noi siamo importanti per Lui; per questo dobbiamo sentirci impegnati nei suoi confronti: dobbiamo capire che non possiamo buttar via la nostra vita, perché è troppo preziosa per Lui, visto che è Lui stesso che ce l’ha data. Se capiamo questo, non avremo più bisogno di nulla, non ci servirà più l’ammirazione degli altri, non avremo più bisogno che gli altri ci ripetano quanto siamo bravi, belli e buoni. Siamo il “tesoro” di Dio e questo ci basterà. I riconoscimenti del mondo saranno inutili, un nulla.
Ci siamo mai chiesti perché la gente si lascia andare, perché si abbandona, perché invece di vivere, sopravvive? Perché cade in depressione? Perché “tira avanti”? Perché molti si tolgono la vita? Perché molti giovani finiscono ai margini della società, nella delinquenza, nell’alcool, nella droga? È perché si sentono nessuno, inutili, una nullità; perché nessuno li apprezza, nessuno li ha mai fatti sentire unici, speciali, dei veri “tesori”. E poiché si sentono una schifezza, si buttano via: cosa che invece non si pone neppure, per chi si sente prezioso agli occhi di Dio!
È naturale. Ci siamo mai chiesti perché, quando rimoderniamo casa, o la mettiamo in ordine, buttiamo via le vecchie cianfrusaglie e non i monili d'oro altrettanto vecchi? Perché l’oro ha un suo valore, un valore duraturo. E perché la gente si butta via? Perché non capisce di avere un valore altrettanto duraturo, e nessuno glielo dice, nessuno glielo spiega. Allora andiamo dalle persone che amiamo, e facciamo capire loro cosa vuol dire: “Tu sei il mio “tesoro”. Tu non sai quanto sei prezioso per me”. Andiamo dai nostri figli, dai nostri cari, dalle persone care, dagli amici veri, e non vergogniamoci di riconoscere apertamente quanto teniamo a loro, quanto sono importanti per noi. Alcuni non si rendono conto di quanto, il loro esistere, il fatto che loro siano lì, sia importante per altri fratelli. Non sanno di essere considerati degli angeli, dei riferimenti, dei rifugi per la vita di queste persone. Non sanno di avere un grandissimo valore per gli altri. Lo saprebbero soltanto se qualcuno, se noi, una buona volta glielo dicessimo!
Per questo i racconti delle parabole sono dei programmi di vita per tutti noi, sono delle vere e proprie “chiamate”. Tutti siamo invitati a cercare il tesoro, il bene, il positivo che c'è in noi e nelle persone che ci sono vicine. Quando Michelangelo fece la Pietà e gli fui chiesto come avesse fatto a scolpire un capolavoro simile, lui rispose di aver soltanto tirato fuori l'immagine che era imprigionata dentro il marmo. L'aveva vista, l'aveva scoperta e l'aveva tirata fuori. In ognuno di noi c'è un tesoro, c'è qualcosa di bello, di meraviglioso. Sta a noi cercarlo e tirarlo fuori.
Ognuno trova ciò che cerca: se ci mettiamo a cercare il male che c'è nel mondo, beh ne scopriamo tantissimo, e tanto altro ci aspetta per essere scoperto; se ci mettiamo a scoprire quanta bontà c'è nel mondo, beh ce n'è altrettanta e sicuramente ancora di più aspetta di essere scoperta; se cerchiamo le imperfezioni del nostro corpo ne troveremo a migliaia; se cerchiamo i nostri peccati ne troveremo tanti, proprio tanti; e se domani cerchiamo ancora, ne troveremo sempre di nuovi. Se quando ci guardiamo allo specchio cerchiamo brufoli o rughe, stiamone certi che li troveremo. Così pure se cerchiamo nel nostro prossimo degli occhi, occhi sinceri, limpidi, occhi in grado di amare o di appassionarsi, li troveremo sicuramente. Perché noi troveremo sempre quello che cerchiamo veramente. Tutto dipende da cosa e come cerchiamo. Spesso molti si chiedono: “Come mai c'è così tanto male nel mondo?”. Raramente si chiedono: “Come mai c'è così tanto bene?”. Se cerchiamo il male e il negativo lo troviamo. Se cerchiamo il bene e il positivo, lo troviamo. Perché quando guardiamo dentro le anime, noi troviamo sempre quello che vogliamo trovare.
Quando Gesù guardava Maria Maddalena, mentre tutti vedevano in lei una donnaccia o una pazza, lui vedeva il suo valore, le sue potenzialità. Gesù la faceva sentire importante, preziosa; Gesù con i suoi occhi, con le sue parole e con i suoi gesti le diceva: “Tu sei un tesoro nascosto. Ma io ti ho vista”. E con questo la salvò. Pietro, Matteo e tutti gli altri erano gente comune, persone che si sentivano insicure e inadeguate. Ma lui li valorizzò, Lui li amò, Lui credette in loro. E loro si sentirono dei “tesori” importanti, e si comportarono di conseguenza.
La gente è portata a sopravvalutare tutto quello che fa, perché dentro si sente vuota, e così racconta delle “panzane” pur di sentirsi qualcuno; attacca gli altri perché si sente trascurata o ferita, perché si sente inferiore a loro, senza valore; fa uso di antidepressivi, o peggio di droghe, perché non riesce ad esprimere i suoi veri sentimenti. Insomma: non crede, non sa, non è convinta di essere una persona meravigliosa, una persona dalle mille risorse.
Queste due parabole ci dicono, concludendo, di iniziare a considerare noi stessi e il nostro prossimo come degli autentici “tesori” da scoprire. Siamo tutti delle belle persone. Cerchiamo, troviamo e scopriamo (portiamo cioè alla luce) la bellezza e il tesoro che ciascuno custodisce. Noi abbiamo un tesoro, meglio, siamo un tesoro. Se cerchiamo, lo troviamo, anzi ci troviamo. Ma se non ci crediamo, se non siamo convinti, questo tesoro non lo troveremo e non ci troveremo mai. Amare significa far uscire ciò che c'è di buono in noi; amare il prossimo, i fratelli, significa far uscire, mettere in luce, tutto ciò che di buono c'è in loro.
Il Libro della Sapienza dice: “Se Dio non avesse voluta una cosa non l'avrebbe neppure creata”. Quindi: se Dio non ci avesse voluti, non ci avrebbe mai creati. Traiamone allora le dovute considerazioni.
Infine c'è la parabola della rete; in pratica ci dice: ognuno, ad un certo punto, deve fare il bilancio della propria vita. La rete è il nostro esame, il mettere sotto osservazione la nostra vita; i pesci sono le nostre scelte, tutto quello che abbiamo fatto. I pesci buoni, li mettiamo da parte, perché servono, ci fanno più forti, ci maturano. Quelli cattivi, invece, li rigettiamo in mare perché non ci servono, non riescono a migliorare la nostra vita, non la maturano. E quando nel momento cruciale della vita, alla fine dei nostri giorni, ognuno dovrà tirare le conseguenze di ciò che ha pescato, costruito, investito, osato, allora, fratelli miei, non servirà più lamentarci per la bonaccia o per la tempesta! Quello che è fatto, è fatto. Allora potremo contare soltanto sulle riserve, sulle nostre risorse positive, su quei pochi pesci che abbiamo messo da parte, quelle buone azioni che, durante la nostra vita, abbiamo “pescato” e messo nel “congelatore”. Se nella nostra rete non abbiamo di queste risorse, se in vita non abbiamo messo paletti, se non abbiamo saputo controllare la nostra rabbia o vivere il dolore, se non abbiamo saputo esprimere i nostri sentimenti di carità, se non abbiamo punti di forza, allora, come da un’onda “anomala” verremo spazzati via dal ponte della nostra nave. Dovevamo pensarci prima! Dovevamo costruire prima! Fratelli miei, il futuro della nostra vita è solo nostro, è nelle nostre mani. Tutto quello che facciamo, quello che diciamo, l’intero nostro vivere, è esclusivamente nelle nostre mani, nelle scelte che facciamo: per favore non deleghiamo, non scarichiamo le nostre responsabilità sugli altri e, soprattutto, non atteggiamoci a vittime illustri e imcomprese. Amen.
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