Anche oggi, come domenica scorsa, Matteo ci presenta una serie di “similitudini”, una serie di brevi parabole sul Regno di Dio: la zizzania, il granello si senape, il lievito. Tutte hanno un filo conduttore: il “crescere”: lasciar crescere ciò che è piccolo, non impedire alle cose e alle persone di crescere, aspettare la maturazione. La prima parabola che condensa un po’ il messaggio delle altre, inizia anche qui presentando un'idea e un atteggiamento comune del tempo. Racconta un imprevisto: e la prima, spontanea reazione che ne consegue. C’è della zizzania che un nemico ha seminato: togliamola, eliminiamola. La zizzania è un'erba che assomiglia in tutto al grano. La si riconosce solo al momento della spigatura. Il grano ha la semente, il frutto, la zizzania no. Quando i servi si accorgo, com'è logico dicono al padrone: “Togliamo la zizzania”. Ma Lui risponde: “No, perché non accada che magari per sbaglio togliamo anche del grano. Al tempo della mietitura divideremo la zizzania dal grano”, cioè solo quando sarà chiaro.
Questa parabola è un invito molto forte: di fronte alle varie situazioni della vita, non dobbiamo prendere decisioni precipitose, senza conoscere bene i termini, i contorni del problema, senza conoscere tutte le parti in gioco. C'è un problema, c'è della zizzania, del negativo, qualcosa che non va nel campo della nostra vita; siamo indecisi su di una cosa o non ci è chiara e non sappiamo bene cosa scegliere? Che si fa? Non facciamo niente: nel dubbio, nell’incertezza, aspettiamo. Noi invece, quando c'è confusione, mancanza di chiarezza, incertezza, cerchiamo immediatamente certezze, risposte, soluzioni. Ma Gesù ha una logica diversa: “Aspetta. Vivi la situazione serenamente. Quando c'è confusione non fare scelte”. Viviamo con fiducia la confusione, perché la confusione è il momento in cui cerchiamo la luce che possa illuminare il nostro buio. Quando finalmente avremo trovato la luce allora ci sarà chiaro cosa fare. Allora ci verrà normale sapere cosa fare, cosa scegliere o cosa dire. Noi vorremmo invece toglierci ogni problema, ogni dubbio, immediatamente. Quanti errori facciamo perché siamo precipitosi! Non siamo in grado di sostenere il dubbio, l'incertezza; abbiamo il bisogno di risolvere subito tutto, di sistemare le cose, di liberarci di un problema. Lasciamo aperte invece l'una e l'altra soluzione e, se cerchiamo, la soluzione ci verrà data chiara e inequivocabile a suo tempo. Molte persone non accettano la confusione: vogliono chiarezza, regole, soluzioni. Ma la confusione è il luogo del discernimento. La notte buia è lo spazio tra due giorni. Il buio è lo spazio tra due luci. La confusione è lo spazio tra due chiarezze. Allora il nostro compito è quello di discernere. Discernere vuol dire distinguere: capire cosa è questo e cosa è quello.
All'inizio della Bibbia c'è il racconto della creazione. La Bibbia non dice che non c'era nulla, ma che c'era il caos, l'informe, l'indefinito. Cioè: c'era qualcosa ma non era chiaro cosa. L'opera di Dio è stata quella di distinguere (questa è la traduzione più esatta di quella parola “separare”): la luce dal buio; le acque dalla terra; le acque del mare dalle acque del cielo e via dicendo. Questo è quello che l'uomo è chiamato a fare nella sua vita: distinguere, discernere, dividere per diventare ciò che deve diventare. Quindi non eliminare ma distinguere.
La confusione iniziale non è il nulla: è l'informe. E' come avere davanti una confusione di mattoni, calce, cemento, ferri, travi: se butti via tutto non puoi costruire la tua casa. Allora accetta la tua confusione perché non è un vuoto ma un pieno. E nella tua confusione c'è il tuo agire: portare luce, discernere, capire cosa dev'essere tenuto e cosa no. E finché tutto non sarà chiaro, se puoi, non fare scelte. Non sta a te decidere quando. Biblicamente la parola bene-luce non è il contrario di male-tenebra perché il male-tenebra è la “non-ancora-luce”. Cioè: non si può dividere il male dal bene e il buio dalla luce. Il buio è la non-ancor-luce e il male è il non-ancora-bene. Compito dell'uomo è di illuminare il buio perché tutto appaia; di entrare nella confusione e di discernere, di portare chiarezza. Il grande peccato dell'uomo è di non compiere quest'opera: di non voler entrare nel buio per portarvi luce; di non entrare in sé per accettare l'umanità che si è; di non scendere negli inferi per portarvi la resurrezione.
La confusione iniziale non è il nulla: è l'informe. E' come avere davanti una confusione di mattoni, calce, cemento, ferri, travi: se butti via tutto non puoi costruire la tua casa. Allora accetta la tua confusione perché non è un vuoto ma un pieno. E nella tua confusione c'è il tuo agire: portare luce, discernere, capire cosa dev'essere tenuto e cosa no. E finché tutto non sarà chiaro, se puoi, non fare scelte. Non sta a te decidere quando. Biblicamente la parola bene-luce non è il contrario di male-tenebra perché il male-tenebra è la “non-ancora-luce”. Cioè: non si può dividere il male dal bene e il buio dalla luce. Il buio è la non-ancor-luce e il male è il non-ancora-bene. Compito dell'uomo è di illuminare il buio perché tutto appaia; di entrare nella confusione e di discernere, di portare chiarezza. Il grande peccato dell'uomo è di non compiere quest'opera: di non voler entrare nel buio per portarvi luce; di non entrare in sé per accettare l'umanità che si è; di non scendere negli inferi per portarvi la resurrezione.
Questo vangelo poi ci ricorda che non ci siamo solo noi al mondo e che non tutto dipende da noi. Nel nostro campo non seminiamo solo noi. Hanno seminato i nostri genitori, la nostra infanzia, le persone che abbiamo incontrato, le esperienze della vita, le idee che circolavano nel nostro ambiente, le paure, i complessi, le ansie e le scelte di altri. Noi non siamo solo quello che vogliamo noi, ma siamo anche soggetti a condizionamenti, influssi e intrusioni. È da illusi pensare che siamo gli unici artefici della nostra vita. La tv e i media ci condizionano; l'ambiente, la moda, le persone vicine ci condizionano. Noi condizioniamo con il nostro vivere il mondo esterno, ma anche il mondo esterno ci condiziona. A volte ci ritroviamo che la nostra vita è come quel campo. C'è il seme buono, ma c'è anche tanta zizzania. E a volte non dipende da noi. Altri hanno seminato cose che non volevamo.
Noi dobbiamo accettare il fatto che la nostra vita non è solo nostra, ma che noi viviamo in un mondo. Dobbiamo accettare che altri hanno seminato la loro semente: quello che avevano, quello che potevano, o quello che volevano dare! Certe semine sono davvero della zizzania. Ma è così. Qualcuno ha seminato zizzania: è una realtà. Ma qualunque cosa ci sia stata seminata, questo è e rimane il nostro campo: amiamolo, accettiamolo e accogliamolo. E sappiamo che questo campo così come produce zizzania, negatività, insoddisfazione, può produrre anche vita, positività e luce. Accettiamo pure ciò che altri vi hanno seminato, ma iniziamo a seminare noi cose diverse e buone per noi.
Poi questa parabola dice: non c'è il bene senza il male, la zizzania senza il grano, il positivo senza il negativo. È molto infantile dividere il mondo in buoni e cattivi, santi e delinquenti. È un principio troppo semplicistico. È un non voler accettare la complessità della vita e delle relazioni.
Noi tutti sogniamo l'uomo perfetto, un amore perfetto, un lavoro perfetto, una relazione perfetta, una vita perfetta. Questa illusione distrugge la vita e ci fa rincorrere un'utopia. Una illusione che ci impedisce di godere di questa vita così imperfetta ma così bella. Visto che moriremo, niente è perfetto. Per noi perfetto equivale a non faticare, a non lottare, a non soffrire, ad avere sempre tranquillità e mai nessun scossone, a trovare un equilibrio per sempre, a non cercare. Questo non è perfetto, è semplicemente non-vita.
La perfezione uccide. Uccide il cuore e uccide il fisico. La perfezione dice: “Togli tutto il male dal mondo!”. C'è una categoria di persone che è fanatica nel fare il bene a tutti i costi. Lo slogan che li spinge è: “Elimina tutto ciò che disturba; reprimi, togli, diserba, scaccia”.
Togliamo invece gli eccessi dalla nostra vita. Non lasciamoci andare troppo Se siamo contenti controlliamoci! Se c'è un peccato, combattiamolo fino a sradicarlo. Se c'è un errore, non perdoniamoci finché c'è. Se c'è una debolezza, eliminiamola. Se ci sentiamo giù, tiriamoci subito su. Ricordiamoci sempre che possiamo fare di più. Non accontentiamoci, non siamo mai soddisfatti di quello che abbiamo fatto. Appena abbiamo finito, ricominciamo. Se qualcuno ci fa del male, facciamogli un sorriso. Se qualcuno ci offende, sopportiamo. Non riposiamo mai sugli allori. Guardiamo sempre non a quello che abbiamo fatto, ma a quello che c'è ancora da fare. Stiamo attenti e all'erta perché il demonio è lì, sempre pronto, “tamquam leo rugiens”; e quando meno ce l'aspettiamo ci attaccherà. Facciamo di noi, in tutta umiltà, dei santi, dei puri, dei perfetti. Non combattiamo la zizzania, sviluppiamo invece il grano! Non eliminiamo donchisciottescamente il negativo, ma allarghiamo e sviluppiamo il positivo. Non eliminiamo i nemici ma facciamoci tanti altri amici.
Se mettiamo tutte le nostre forze per combattere il male, che forze ci rimarranno per fare il bene? Pensiamoci, fratelli, pensiamo seriamente su tutto questo. Amen.
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