La scena che precede il Vangelo di oggi ci ha mostrato Gesù mescolato alla folla che va da Giovanni il Battista, per farsi battezzare. Lui, senza peccato, assieme a coloro che si dichiarano peccatori e compiono un gesto di penitenza e di conversione. Lui, in cui risplende ogni bontà, accanto a coloro che hanno oscurato le tracce della bellezza di Dio, impresse nella loro vita.
La manifestazione che accade al Giordano lo rivela come il Figlio, la discesa dello Spirito lo conferma nella missione che sta per affrontare.
Non ci sono sconti, però, né esenzioni, né privilegi: è chiamato ad essere uomo fino in fondo. Così anche lui conoscerà la tentazione, il tempo della prova, il dubbio, il rischio di allontanarsi dal progetto di Dio.
Marco non presenta le tentazioni in dettaglio. Perché? Perché rifugge dal fornirci particolari, così come fanno Matteo e Luca? Forse perché, proprio a partire da quel momento in cui dà inizio alla sua missione pubblica, la vita di Gesù sarà tutta una tentazione.
Sarà tentato dal potere, mentre è venuto come Messia umile e buono, che è venuto per servire e non per farsi servire.
Sarà tentato dalla popolarità che lo investe subito, appena compie i primi miracoli. Ma questi sono solo dei «segni»: l'importante è altrove, è quella Parola che sola può convertire e cambiare i cuori.
Sarà tentato dalla fuga di fronte al cumulo di sofferenza, di violenza, di abbandono e di fallimento, che sta per rovesciarsi su di lui. E invece gli viene chiesto di essere il Figlio che si mette completamente nelle mani del Padre e rinuncia a misurare la sua esistenza col criterio del successo, della riuscita, del consenso.
Il Messia povero, disarmato e disarmante, che osa pronunciare una parola misericordiosa, colma della tenerezza di Dio, ma anche scomoda, tagliente, senza compromessi, non avrà la vita facile. E la tentazione costante sarà quella di ammorbidire, smussare gli angoli, rendere più accettabile quel vangelo che è annuncio di gioia, annuncio di cambiamento, ma anche denuncia di tutto ciò che rovina la vita degli uomini.
Anche noi, come lui, conosciamo le tentazioni. Dopo duemila anni esse sono, stranamente, sempre le stesse. E di fatto intaccano, tutte, la nostra fiducia in Dio, ci gettano nel sospetto di trovare in lui non un Padre, che ci ama e vuole il nostro bene, ma un concorrente geloso delle nostre capacità, un padrone esoso che richiede obbedienza cieca.
Occorre guardare a Cristo, seguire il suo esempio, accoglierlo perché vinca in noi il maligno e le sue tentazioni e ci aiuti a realizzare il progetto e la volontà di Dio su di noi.
È così che accogliamo e viviamo il comando di Gesù: "Convertitevi e credete al vangelo".
Nei giorni che verranno accostiamoci a Gesù, e con lui viviamo e lottiamo nel deserto di questo mondo. I quaranta giorni della quaresima descrivono, in verità, il paradigma di tutta la vita di Gesù e quindi della vita di ogni credente. Non c'è bisogno di luoghi più o meno solitari per trovare il "deserto" ove ritirarsi. Le nostre città, ove è rara la vita solidale e frequente la solitudine, sono il vero deserto di oggi. Un deserto che è penetrato anche nei cuori sino a renderli freddi e duri. Si potrebbe parlare di un vero e proprio processo di desertificazione dei cuori che porta all'inaridimento e alla violenza. Come non accorgersi nella nostra vita quotidiana di essere sempre più spesso in compagnia di belve e dei demoni della divisione e dell'odio?
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