«Sulla cattedra di Mosè si sono
seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono,
ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano
infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della
gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito...»
Oggi
Matteo ci riporta un ennesimo scontro di Gesù con gli scribi e i farisei, nel
quale Egli denuncia apertamente il loro comportamento incoerente e ipocrita.
Ormai conosciamo molto bene il comportamento di questi personaggi: conoscevano
perfettamente la legge della Bibbia, la insegnavano, ma erano anche molto
esperti nel trovare scappatoie ed eccezioni che li esentassero dal mettere in pratica
ciò che insegnavano. Quando invece la osservavano, lo facevano solo
esteriormente, mettendosi bene in mostra, esibendosi come persone religiose, fedeli,
osservanti, e disprezzando apertamente quanti non erano “giusti” come loro; non
tolleravano cioè le debolezze altrui, e invece di aiutarli, li condannavano pubblicamente
deridendoli. Ebbene: Gesù, gente come quella, non la sopporta. La disprezza senza
mezzi termini, offrendo alla gente un giusto atteggiamento nei loro confronti:
“Siate rispettosi di quello che insegnano, perché la Legge la conoscono e la
sanno predicare molto bene, ma non seguite il loro esempio; non fate come loro,
non meritano la vostra attenzione, perché sono incoerenti, fasulli, gente che
predica bene ma razzola male”.
Parole forti:
parole che Gesù non pronuncia ad esclusivo beneficio dei suoi discepoli e di quanti
lo seguivano: ma parla anche noi, a noi persone evolute e razionali del nostro secolo:
parla soprattutto ai catechisti impegnati, ai cattolici praticanti, religiosi e
istruiti; parla a quanti sono chiamati a testimoniare il vangelo, a noi che,
col battesimo, abbiamo il compito importante di portare il lieto annuncio di
liberazione e di vita, ai poveri, ai peccatori, ai deboli del nostro tempo.
Gesù
parla alludendo alla vita concreta di allora: ma è come se vedesse la nostra di
vita, quella tanto civile dei nostri giorni.
Si,
perché noi, figli di quest’epoca tanto emancipata e colta, siamo proprio ben
strani! Ci dichiariamo in tutti i modi contrari, a volte anche con la violenza,
a qualsiasi imposizione, a qualsiasi forma di autoritarismo, di coercizione; ci
indispettiamo se qualcuno si permette di far pesare la sua carica, il suo ruolo su di
noi; pretendiamo tutti, e giustamente, la massima autonomia e libertà: eppure, da
autentici idioti, non sappiamo fare a meno dei “guru” di turno, dei “profeti”,
dei “mistici” che, da buoni ciarlatani, pretendono di darci il rimedio
infallibile per i nostri problemi, la dritta sicura su come evitare
efficacemente le fragilità della nostra esistenza.
Il
nostro è un tempo stracolmo di opinionisti, di sedicenti maestri, di tuttologi; più aumenta il relativismo,
l’insicurezza, il dubbio, più aumentano coloro che hanno sempre qualcosa da
dire, che si propongono come unici esclusivisti della giusta soluzione. E
purtroppo anche noi, pur nel nostro tanto decantato scetticismo, ci lasciamo stupidamente
fagocitare da una moltitudine di questi “maestri” fasulli, che si esibiscono in
televisione, sui giornali, nei mezzi di comunicazione, negli ambienti di
lavoro, nella scuola, in politica, in campo sociale! Maestri che straparlano, che
sbraitano, che urlano, che vogliono imporsi ad ogni costo: non importa su chi e
su che cosa, se in positivo o in negativo, l’importante è urlare, apparire,
esserci.
Gesù
invece, nella sua compostezza, è pratico, chiaro come sempre: egli ci spiega
come dobbiamo vivere nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie, come
dobbiamo edificarci vicendevolmente nell'amore e nella pace, come dobbiamo
educare i nostri figli.
È
importante quindi che ci esaminiamo continuamente sulla nostra coerenza e
sincerità, per non incorrere nella facile contraddizione, nell'ipocrisia. È una
cosa che in qualche modo ci tocca tutti da vicino: sia quelli che hanno un
ruolo educativo, come preti, frati, suore, insegnanti, come pure tutti noi
genitori; tutti dovremmo chiederci con sincerità: “sono realmente convinto di
quello che insegno? Vivo coerentemente, col cuore, con amore, quello che
insegno, quello che predico? Io che raccomando agli altri la preghiera, amo la
preghiera? Dedico del tempo alla preghiera personale? Io, genitore, che mando i
miei figli in parrocchia per il catechismo, per la messa domenicale, sono
assiduo nei miei doveri di cristiano? Un semplice esame di coscienza riferito ai
doveri e agli impegni della nostra vita sociale, della famiglia, della scuola,
del lavoro.
Ovviamente,
chi vive compiti istituzionali, sociali, politici, informativi o altro, chi in
altre parole gode di maggior prestigio e visibilità, è ancor più responsabile
della sua coerenza; non serve a niente fare bellissimi discorsi se poi non si
vive per primi l'onestà, la correttezza, lo spirito dei valori umani e
cristiani.
Oggi purtroppo pullula una grande
quantità di cosiddetti “maestri”, di pseudo incantatori, che operano
indisturbati all’aperto o nell’occulto; come l'opinione della gente, il “si
dice”, le nostre voglie inconfessabili, il prepotente di turno, la grande star
del momento, il politico di spicco, il prete mediatico e onnipresente. Quello
che importa è che dobbiamo imporci di evitare questi falsi “dottori”, questi
venditori di angoscia; noi cristiani abbiamo già il nostro Maestro a cui ricorrere,
a cui appoggiarci, su cui contare con tutta la nostra fiducia; è quello
autentico, l’unico: il Cristo.
Non ci servono surrogati,
sedicenti profeti, santoni, futurologi, imbroglioni e parolai da strapazzo:
abbiamo già a nostra disposizione il Migliore in assoluto. È Lui soltanto che dobbiamo
seguire, è Lui soltanto che dobbiamo porre al centro della nostra vita; sono
Sue le Parole e gli esempi che dobbiamo seguire; e dobbiamo farlo con
riflessione adulta, con passione ferma e critica, con la verità del cuore,
senza deleghe fuorvianti. Siamo tutti chiamati alla scoperta di un Dio adulto
che ci tratti da adulti. In che modo? Vivendo come Lui ha fatto, facendosi servo
di tutti fino alla morte: “Il più grande tra voi sia servo”: è questa per Lui la
portata della vera “autorità”: una parola che in Lui acquista un senso
particolare, assolutamente inusuale: non è dominio, non è potere, non è
comando, ma puro servizio, umile ministero.
«Voi
siete tutti fratelli…». È la conseguenza del nostro metterci a servizio come
Lui: perché in questo modo dimostriamo di essere tutti fratelli in quanto tutti
salvati, tutti perdonati.
Ognuno
di noi ha un ruolo, un compito, un ministero appunto, tutti uniti nella comune
e primissima appartenenza alla fede attraverso il Battesimo; nessun Maestro, ma
solo fratelli chiamati a ruoli specifici: e più aumenta la responsabilità, più
deve crescere l'amore al Regno e ai fratelli che si servono. Perché, in buona
sostanza, essere fratelli significa che tutti ci prendiamo cura del buon
andamento della comunità, passando da una appartenenza alla Chiesa in maniera
asfittica e senza vita, ad una meravigliosa scoperta di essere tutti figli di
Dio, nella fatica della sopportazione reciproca e della visione evangelica
delle scelte obbligatorie. Essere fratelli significa evitare in tutti i modi
che nelle comunità prevalga l'aspetto umano, le simpatie, le antipatie,
introducendo il rischio descritto da Gesù, di diventare cioè professionisti del
sacro, primi della classe, ma con l’anima vuota.
Una cosa
è assolutamente trasversale, valida per tutti: chi vuole essere “grande”, deve
“abbassarsi”. Non c’è alternativa. Perché è nell'abbassamento che sta il
segreto della vita cristiana. Chi vive l'umiltà, sa dare valore a quelle cose
che sembrano piccole, ma che sono grandi, importanti, essenziali. Per chi vive
lo stile di Gesù non esistono posizioni trascurabili, tutto acquista nuovo
valore, nuovo significato: perché ognuno vive i carismi avuti da Dio. È Lui che
ci unisce; è Lui l'unico Maestro sicuro e infallibile. Amen.