giovedì 2 novembre 2017

5 Novembre 2017 – XXXI Domenica del Tempo Ordinario


«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito...»

Oggi Matteo ci riporta un ennesimo scontro di Gesù con gli scribi e i farisei, nel quale Egli denuncia apertamente il loro comportamento incoerente e ipocrita. Ormai conosciamo molto bene il comportamento di questi personaggi: conoscevano perfettamente la legge della Bibbia, la insegnavano, ma erano anche molto esperti nel trovare scappatoie ed eccezioni che li esentassero dal mettere in pratica ciò che insegnavano. Quando invece la osservavano, lo facevano solo esteriormente, mettendosi bene in mostra, esibendosi come persone religiose, fedeli, osservanti, e disprezzando apertamente quanti non erano “giusti” come loro; non tolleravano cioè le debolezze altrui, e invece di aiutarli, li condannavano pubblicamente deridendoli. Ebbene: Gesù, gente come quella, non la sopporta. La disprezza senza mezzi termini, offrendo alla gente un giusto atteggiamento nei loro confronti: “Siate rispettosi di quello che insegnano, perché la Legge la conoscono e la sanno predicare molto bene, ma non seguite il loro esempio; non fate come loro, non meritano la vostra attenzione, perché sono incoerenti, fasulli, gente che predica bene ma razzola male”.
Parole forti: parole che Gesù non pronuncia ad esclusivo beneficio dei suoi discepoli e di quanti lo seguivano: ma parla anche noi, a noi persone evolute e razionali del nostro secolo: parla soprattutto ai catechisti impegnati, ai cattolici praticanti, religiosi e istruiti; parla a quanti sono chiamati a testimoniare il vangelo, a noi che, col battesimo, abbiamo il compito importante di portare il lieto annuncio di liberazione e di vita, ai poveri, ai peccatori, ai deboli del nostro tempo.
Gesù parla alludendo alla vita concreta di allora: ma è come se vedesse la nostra di vita, quella tanto civile dei nostri giorni.
Si, perché noi, figli di quest’epoca tanto emancipata e colta, siamo proprio ben strani! Ci dichiariamo in tutti i modi contrari, a volte anche con la violenza, a qualsiasi imposizione, a qualsiasi forma di autoritarismo, di coercizione; ci indispettiamo se qualcuno si permette di far pesare la sua carica, il suo ruolo su di noi; pretendiamo tutti, e giustamente, la massima autonomia e libertà: eppure, da autentici idioti, non sappiamo fare a meno dei “guru” di turno, dei “profeti”, dei “mistici” che, da buoni ciarlatani, pretendono di darci il rimedio infallibile per i nostri problemi, la dritta sicura su come evitare efficacemente le fragilità della nostra esistenza.
Il nostro è un tempo stracolmo di opinionisti, di sedicenti maestri, di tuttologi; più aumenta il relativismo, l’insicurezza, il dubbio, più aumentano coloro che hanno sempre qualcosa da dire, che si propongono come unici esclusivisti della giusta soluzione. E purtroppo anche noi, pur nel nostro tanto decantato scetticismo, ci lasciamo stupidamente fagocitare da una moltitudine di questi “maestri” fasulli, che si esibiscono in televisione, sui giornali, nei mezzi di comunicazione, negli ambienti di lavoro, nella scuola, in politica, in campo sociale! Maestri che straparlano, che sbraitano, che urlano, che vogliono imporsi ad ogni costo: non importa su chi e su che cosa, se in positivo o in negativo, l’importante è urlare, apparire, esserci.
Gesù invece, nella sua compostezza, è pratico, chiaro come sempre: egli ci spiega come dobbiamo vivere nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie, come dobbiamo edificarci vicendevolmente nell'amore e nella pace, come dobbiamo educare i nostri figli.

È importante quindi che ci esaminiamo continuamente sulla nostra coerenza e sincerità, per non incorrere nella facile contraddizione, nell'ipocrisia. È una cosa che in qualche modo ci tocca tutti da vicino: sia quelli che hanno un ruolo educativo, come preti, frati, suore, insegnanti, come pure tutti noi genitori; tutti dovremmo chiederci con sincerità: “sono realmente convinto di quello che insegno? Vivo coerentemente, col cuore, con amore, quello che insegno, quello che predico? Io che raccomando agli altri la preghiera, amo la preghiera? Dedico del tempo alla preghiera personale? Io, genitore, che mando i miei figli in parrocchia per il catechismo, per la messa domenicale, sono assiduo nei miei doveri di cristiano? Un semplice esame di coscienza riferito ai doveri e agli impegni della nostra vita sociale, della famiglia, della scuola, del lavoro.
Ovviamente, chi vive compiti istituzionali, sociali, politici, informativi o altro, chi in altre parole gode di maggior prestigio e visibilità, è ancor più responsabile della sua coerenza; non serve a niente fare bellissimi discorsi se poi non si vive per primi l'onestà, la correttezza, lo spirito dei valori umani e cristiani.
Oggi purtroppo pullula una grande quantità di cosiddetti “maestri”, di pseudo incantatori, che operano indisturbati all’aperto o nell’occulto; come l'opinione della gente, il “si dice”, le nostre voglie inconfessabili, il prepotente di turno, la grande star del momento, il politico di spicco, il prete mediatico e onnipresente. Quello che importa è che dobbiamo imporci di evitare questi falsi “dottori”, questi venditori di angoscia; noi cristiani abbiamo già il nostro Maestro a cui ricorrere, a cui appoggiarci, su cui contare con tutta la nostra fiducia; è quello autentico, l’unico: il Cristo.
Non ci servono surrogati, sedicenti profeti, santoni, futurologi, imbroglioni e parolai da strapazzo: abbiamo già a nostra disposizione il Migliore in assoluto. È Lui soltanto che dobbiamo seguire, è Lui soltanto che dobbiamo porre al centro della nostra vita; sono Sue le Parole e gli esempi che dobbiamo seguire; e dobbiamo farlo con riflessione adulta, con passione ferma e critica, con la verità del cuore, senza deleghe fuorvianti. Siamo tutti chiamati alla scoperta di un Dio adulto che ci tratti da adulti. In che modo? Vivendo come Lui ha fatto, facendosi servo di tutti fino alla morte: “Il più grande tra voi sia servo”: è questa per Lui la portata della vera “autorità”: una parola che in Lui acquista un senso particolare, assolutamente inusuale: non è dominio, non è potere, non è comando, ma puro servizio, umile ministero.
«Voi siete tutti fratelli…». È la conseguenza del nostro metterci a servizio come Lui: perché in questo modo dimostriamo di essere tutti fratelli in quanto tutti salvati, tutti perdonati.
Ognuno di noi ha un ruolo, un compito, un ministero appunto, tutti uniti nella comune e primissima appartenenza alla fede attraverso il Battesimo; nessun Maestro, ma solo fratelli chiamati a ruoli specifici: e più aumenta la responsabilità, più deve crescere l'amore al Regno e ai fratelli che si servono. Perché, in buona sostanza, essere fratelli significa che tutti ci prendiamo cura del buon andamento della comunità, passando da una appartenenza alla Chiesa in maniera asfittica e senza vita, ad una meravigliosa scoperta di essere tutti figli di Dio, nella fatica della sopportazione reciproca e della visione evangelica delle scelte obbligatorie. Essere fratelli significa evitare in tutti i modi che nelle comunità prevalga l'aspetto umano, le simpatie, le antipatie, introducendo il rischio descritto da Gesù, di diventare cioè professionisti del sacro, primi della classe, ma con l’anima vuota.
Una cosa è assolutamente trasversale, valida per tutti: chi vuole essere “grande”, deve “abbassarsi”. Non c’è alternativa. Perché è nell'abbassamento che sta il segreto della vita cristiana. Chi vive l'umiltà, sa dare valore a quelle cose che sembrano piccole, ma che sono grandi, importanti, essenziali. Per chi vive lo stile di Gesù non esistono posizioni trascurabili, tutto acquista nuovo valore, nuovo significato: perché ognuno vive i carismi avuti da Dio. È Lui che ci unisce; è Lui l'unico Maestro sicuro e infallibile. Amen.

 

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