In quel tempo, mentre la
folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando
presso il lago di Genesaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori
erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo
pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla
barca.
Quando ebbe finito di
parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le
vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta
la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti».
Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si
rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad
aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi
affondare.
Al vedere questo, Simon
Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me,
perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli
che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e
Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non
temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra,
lasciarono tutto e lo seguirono.
Luca, nel vangelo di oggi, ci
racconta la chiamata dei primi quattro discepoli: Pietro e Andrea, Giacomo
e Giovanni, due coppie di fratelli, tutti pescatori.
Il testo però si concentra in
particolare sulla figura di Pietro.
Siamo presso il lago di Genesaret: nei vangeli, il
simbolismo del “lago” viene collegato molto spesso alle particolari situazioni
della vita : oltre che a fenomeni di tempesta improvvisa, di cambiamento
radicale, di rovesciamento della situazione, di scombussolamento, di paura (Mc 4,35-41; 6,45-52), la sua superficie
in genere sempre liscia, immobile, tranquilla, rende molto bene, come in questo
caso, lo stile di vita dei discepoli che, prima di incontrare Gesù, conducevano
appunto una vita sempre uguale, monotona, piatta, ogni giorno sempre le stesse
cose, senza sussulti.
Un’esistenza insomma, per
alcuni aspetti, molto simile alla nostra vita spirituale: non
siamo cattivi, non siamo gente di malaffare, anzi qualche volta permettiamo a
Gesù di usare anche la nostra “barca”. Siamo convinti di stare bene così
come stiamo, che il nostro modo di vivere, sia quello giusto; e non ci
accorgiamo quanto, al contrario, sia più esaltante, più entusiasmante, uscire
in barca con Lui! Forse abbiamo anche provato, ma per la nostra indolenza, abbiamo
combinato ben poco, anzi proprio nulla!
Val la pena allora di
chiederci: Ma noi, che abbiamo aderito alla chiamata di Gesù, con quale impegno
“gettiamo le reti”? C’è fuoco, c’è passione nel nostro operare? C’è sole nei
nostri occhi, luce ed entusiasmo nel nostro cuore? C’è sufficiente “profondità”
in quel che facciamo? “Maestro abbiamo
provato tutta la notte e non abbiamo pescato nulla”.
Come a dire: “Ci siamo
occupati di tantissime cose, abbiamo fatto tutto il possibile, abbiamo
sperimentato infinite tecniche, sondato ogni metro d’acqua, ma ci ritroviamo
sempre a mani vuote; quando tiriamo le reti in barca, sono sempre vuote”.
La realtà è che se
continuiamo a vivere con superficialità, a “pescare” senza impegno, è molto difficile
riuscire a combinare qualcosa di buono: in quel modo è addirittura impossibile!
Sulle rive del lago, gli
apostoli stanno lavando le reti, afflitti anch’essi dai nostri stessi problemi:
ma non appena sentono la voce di Gesù, il loro cuore improvvisamente inizia a
vibrare; le sue parole risvegliano emozioni fino ad allora “morte”, emozioni
che infondono nuovo vigore, che fanno rivivere; sentono che Egli indica loro
nuove possibilità, che li spinge ad osare nella vita.
Ma non dipende tanto dalle
parole di Gesù: egli parla a tutti, si fa sentire da tutti con lo stesso tono
suadente: ha parlato ai discepoli di allora, e continua a parlare anche a noi,
discepoli di oggi, a quanti nel battesimo egli chiama ad essere suoi
collaboratori.
Solo che a noi, a differenza
dei primi, il cuore non vibra, non ci entusiasmiamo! Rimaniamo indifferenti, continuiamo
a rimandare qualunque iniziativa!
Eppure prima o poi dovremo
deciderci: perché la barca è pronta, le reti anche.
Non abbiamo più
giustificazioni: dobbiamo sciogliere gli ormeggi e prendere il largo.
È arrivato anche per noi il
momento di rischiare, di osare, di andare. Dobbiamo avere in Lui, la stessa
fiducia dimostrata dai quei discepoli, laggiù, sul lago di Galilea.
“Ma che ne sarà di noi? Che
succederà? Ce la faremo? Soffriremo? E se poi ci sbagliassimo?”. Certo, se
ascoltiamo la paura, se insistiamo a star sdraiati sul bagnasciuga avanzando sempre
nuovi pretesti, nuove giustificazioni, non prenderemo mai il largo.
Le proposte di Gesù sono sempre mirate, di grande
respiro, di larghe e profonde intese: ci permette sempre di scegliere, di
trovare soluzioni ottimali, a condizione però che poi ci mettiamo seriamente in
gioco.
Ogni sua chiamata, così come quella del vangelo di
oggi, si articola sempre in due momenti, in due richieste semplici e chiare, ma
insieme decise e autoritarie.
La prima è: “Prendi
il largo”: non ha bisogno di molte spiegazioni. Vuol dire: “esci fuori
dalla tua normalità, allontanati dal tuo modello di vita, dal tuo modo di
pensare, di agire, lascia tutto ed entra nella Vita vera!”. “Ma io ho paura!”.
“Lo so”. “Ma è rischioso!”. “Lo so”. “E poi?”. “Non lo so!”.
“E se non riesco, se non funziona?”. “È possibile”. Domande e dubbi più
che leciti; ma se vogliamo “il nuovo”
dobbiamo osare, dobbiamo avere il coraggio di decidere.
Quando il padrone della Vita bussa al nostro cuore,
dobbiamo dargli una risposta: nessun altro può sostituirci, nessuno può farlo
al posto nostro.
Molti sono quelli che dicono: “Sarebbe bello, ma non
ci riesco, è troppo difficile, va troppo oltre le mie possibilità, non fa per
me”. Quando invece sarebbe più onesto ammettere: “Ho paura; non mi va; mi basta
poco; non sono un eroe, io!”.
Ma di che stiamo parlando? Che cosa ci basta? Di che
cosa ci accontentiamo? Di sprecare il nostro tempo senza far nulla? Di
vivacchiare con le solite compagnie, col solito gruppetto di amici che ormai
non ci offrono più nulla? “Prendi il
largo!”. Ci accontentiamo di frequentare sempre i soliti ambienti, i soliti
ritrovi, di ascoltare l’esaltato di turno che straparla di politica, di donne,
di sport, di soldi, di lavoro? “Prendi il
largo!”. Non ci capita mai di provare disgusto per le nostre giornate senza
senso, di sentire alla sera un profondo desiderio di verità, di assoluto, di
scoprire e di conoscere il vero motivo del nostro esistere? “Prendi il largo!”. Non succede mai di
sentirci arrabbiati, insofferenti, stanchi di risposte preconfezionate,
utilitaristiche, di comodo? “Prendi il
largo!” ci ordina sempre la voce suadente e insistente di Dio.
La seconda richiesta è: “Getta le reti!”. Cioè: “Vai dentro; arriva fino in fondo; entra
dentro il mistero di Dio, il mistero dell’Amore, della Vita”. Non possiamo
entrare in contatto con Dio stando in superficie, all’esterno, fuori
dall’acqua; dobbiamo vivere immersi completamente nel nostro battesimo. Se ci
chiedono: ti senti figlio di Dio? “Certo che sì!”, rispondiamo prontamente. Ma
che importanza, che valore diamo a questo “si”? Le sole parole non risolvono il
nostro problema: una semplice risposta, come un “sì”, non basta a cambiare la
vita.
“Getta le
reti!”. Siamo
consapevoli di avere nella nostra vita una missione da compiere? Certo! Ma qual
è la missione specifica che Dio ci ha assegnato? Dobbiamo scoprirlo! Come? Facendo
una cosa sola: “Gettare le reti fidandoci
di Lui”. Non c’è altra possibilità.
Quando Pietro si rende conto
di come può vivere con Gesù (la rete che tira su al suo comando è piena,
stracolma di pesci!), è preso dallo sgomento, ha paura: “Allontanati da me, sono un peccatore”. Ma cosa vuol dire Pietro
con queste parole? Perché allontanare Gesù? Prima di tutto perché non si sente
degno: viene assalito dalla sua inadeguatezza, non si sente all’altezza, ha
paura per un così imprevisto e imprevedibile risultato. Poi capisce, e sente il
rimorso per aver sprecato tanta parte della sua vita. Una reazione che può
succedere anche a noi: perché quando a sessanta, settanta, ottant’anni, o quel
che è, ci svegliamo dal nostro letargo, e improvvisamente capiamo quanto sia
inebriante e meraviglioso vivere con Dio, una delle sensazioni più amare che
possiamo provare è quella di renderci conto di aver sprecato una vita! “Dio,
quanto sono stato stolto! Chiamavo vivere
quello che in realtà era solo vegetare”.
Allora ci assale la netta consapevolezza di aver vissuto un grande “bluff”, un
tremendo fallimento, un continuo peccato di omissione: “peccato”, infatti, in
ebraico significa “mancare il bersaglio”:
ecco: nella nostra vita non abbiamo mai fatto centro, lo stile che abbiamo scelto
non era quello vero, autentico. Il nostro peccato è stato quello di uscire in
mare tutte le notti senza credere in ciò che facevamo: e non abbiamo mai preso nulla.
Abbiamo sprecato il nostro tempo.
“Signore, le tue, sono “parole di vita eterna”: ora l’abbiamo
finalmente capito, perché abbiamo creduto. Per questo vogliamo seguirti; per
questo vogliamo lasciare tutto, metterci a rischio; per questo vogliamo osare,
vogliamo vivere per Te e con Te: e sulla tua Parola, getteremo rinfrancati le
nostre reti. Amen.