giovedì 3 febbraio 2022

06 febbraio 2022 - V Domenica del Tempo Ordinario


Vangelo
Lc 5,1-11

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Genesaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.

Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.

Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

  

Luca, nel vangelo di oggi, ci racconta la chiamata dei primi quattro discepoli: Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni, due coppie di fratelli, tutti pescatori.

Il testo però si concentra in particolare sulla figura di Pietro.

Siamo presso il lago di Genesaret: nei vangeli, il simbolismo del “lago” viene collegato molto spesso alle particolari situazioni della vita : oltre che a fenomeni di tempesta improvvisa, di cambiamento radicale, di rovesciamento della situazione, di scombussolamento, di paura (Mc 4,35-41; 6,45-52), la sua superficie in genere sempre liscia, immobile, tranquilla, rende molto bene, come in questo caso, lo stile di vita dei discepoli che, prima di incontrare Gesù, conducevano appunto una vita sempre uguale, monotona, piatta, ogni giorno sempre le stesse cose, senza sussulti.

Un’esistenza insomma, per alcuni aspetti, molto simile alla nostra vita spirituale: non siamo cattivi, non siamo gente di malaffare, anzi qualche volta permettiamo a Gesù di usare anche la nostra “barca”. Siamo convinti di stare bene così come stiamo, che il nostro modo di vivere, sia quello giusto; e non ci accorgiamo quanto, al contrario, sia più esaltante, più entusiasmante, uscire in barca con Lui! Forse abbiamo anche provato, ma per la nostra indolenza, abbiamo combinato ben poco, anzi proprio nulla!

Val la pena allora di chiederci: Ma noi, che abbiamo aderito alla chiamata di Gesù, con quale impegno “gettiamo le reti”? C’è fuoco, c’è passione nel nostro operare? C’è sole nei nostri occhi, luce ed entusiasmo nel nostro cuore? C’è sufficiente “profondità” in quel che facciamo? “Maestro abbiamo provato tutta la notte e non abbiamo pescato nulla”.

Come a dire: “Ci siamo occupati di tantissime cose, abbiamo fatto tutto il possibile, abbiamo sperimentato infinite tecniche, sondato ogni metro d’acqua, ma ci ritroviamo sempre a mani vuote; quando tiriamo le reti in barca, sono sempre vuote”.

La realtà è che se continuiamo a vivere con superficialità, a “pescare” senza impegno, è molto difficile riuscire a combinare qualcosa di buono: in quel modo è addirittura impossibile!

Sulle rive del lago, gli apostoli stanno lavando le reti, afflitti anch’essi dai nostri stessi problemi: ma non appena sentono la voce di Gesù, il loro cuore improvvisamente inizia a vibrare; le sue parole risvegliano emozioni fino ad allora “morte”, emozioni che infondono nuovo vigore, che fanno rivivere; sentono che Egli indica loro nuove possibilità, che li spinge ad osare nella vita.

Ma non dipende tanto dalle parole di Gesù: egli parla a tutti, si fa sentire da tutti con lo stesso tono suadente: ha parlato ai discepoli di allora, e continua a parlare anche a noi, discepoli di oggi, a quanti nel battesimo egli chiama ad essere suoi collaboratori.

Solo che a noi, a differenza dei primi, il cuore non vibra, non ci entusiasmiamo! Rimaniamo indifferenti, continuiamo a rimandare qualunque iniziativa!

Eppure prima o poi dovremo deciderci: perché la barca è pronta, le reti anche.

Non abbiamo più giustificazioni: dobbiamo sciogliere gli ormeggi e prendere il largo.

È arrivato anche per noi il momento di rischiare, di osare, di andare. Dobbiamo avere in Lui, la stessa fiducia dimostrata dai quei discepoli, laggiù, sul lago di Galilea.

“Ma che ne sarà di noi? Che succederà? Ce la faremo? Soffriremo? E se poi ci sbagliassimo?”. Certo, se ascoltiamo la paura, se insistiamo a star sdraiati sul bagnasciuga avanzando sempre nuovi pretesti, nuove giustificazioni, non prenderemo mai il largo.

Seguire Gesù non vuol dire conoscere alla lettera tutto ciò che lui ha insegnato: è sufficiente amarlo e credere fermamente in Lui: non lo seguiamo infatti perché conosciamo perfettamente le Scritture, ma perché ci siamo innamorati di Lui, perché sappiamo che con Lui potremo sicuramente diventare suoi fedeli discepoli.

Le proposte di Gesù sono sempre mirate, di grande respiro, di larghe e profonde intese: ci permette sempre di scegliere, di trovare soluzioni ottimali, a condizione però che poi ci mettiamo seriamente in gioco.

Ogni sua chiamata, così come quella del vangelo di oggi, si articola sempre in due momenti, in due richieste semplici e chiare, ma insieme decise e autoritarie.

La prima è: “Prendi il largo”: non ha bisogno di molte spiegazioni. Vuol dire: “esci fuori dalla tua normalità, allontanati dal tuo modello di vita, dal tuo modo di pensare, di agire, lascia tutto ed entra nella Vita vera!”. “Ma io ho paura!”. “Lo so”. “Ma è rischioso!”. “Lo so”. “E poi?”. “Non lo so!”. “E se non riesco, se non funziona?”. “È possibile”. Domande e dubbi più che leciti; ma se vogliamo “il nuovo” dobbiamo osare, dobbiamo avere il coraggio di decidere.

Quando il padrone della Vita bussa al nostro cuore, dobbiamo dargli una risposta: nessun altro può sostituirci, nessuno può farlo al posto nostro.

Molti sono quelli che dicono: “Sarebbe bello, ma non ci riesco, è troppo difficile, va troppo oltre le mie possibilità, non fa per me”. Quando invece sarebbe più onesto ammettere: “Ho paura; non mi va; mi basta poco; non sono un eroe, io!”.

Ma di che stiamo parlando? Che cosa ci basta? Di che cosa ci accontentiamo? Di sprecare il nostro tempo senza far nulla? Di vivacchiare con le solite compagnie, col solito gruppetto di amici che ormai non ci offrono più nulla? “Prendi il largo!”. Ci accontentiamo di frequentare sempre i soliti ambienti, i soliti ritrovi, di ascoltare l’esaltato di turno che straparla di politica, di donne, di sport, di soldi, di lavoro? “Prendi il largo!”. Non ci capita mai di provare disgusto per le nostre giornate senza senso, di sentire alla sera un profondo desiderio di verità, di assoluto, di scoprire e di conoscere il vero motivo del nostro esistere? “Prendi il largo!”. Non succede mai di sentirci arrabbiati, insofferenti, stanchi di risposte preconfezionate, utilitaristiche, di comodo? “Prendi il largo!” ci ordina sempre la voce suadente e insistente di Dio.

La seconda richiesta è: “Getta le reti!”. Cioè: “Vai dentro; arriva fino in fondo; entra dentro il mistero di Dio, il mistero dell’Amore, della Vita”. Non possiamo entrare in contatto con Dio stando in superficie, all’esterno, fuori dall’acqua; dobbiamo vivere immersi completamente nel nostro battesimo. Se ci chiedono: ti senti figlio di Dio? “Certo che sì!”, rispondiamo prontamente. Ma che importanza, che valore diamo a questo “si”? Le sole parole non risolvono il nostro problema: una semplice risposta, come un “sì”, non basta a cambiare la vita.

“Getta le reti!”. Siamo consapevoli di avere nella nostra vita una missione da compiere? Certo! Ma qual è la missione specifica che Dio ci ha assegnato? Dobbiamo scoprirlo! Come? Facendo una cosa sola: “Gettare le reti fidandoci di Lui”. Non c’è altra possibilità.

Quando Pietro si rende conto di come può vivere con Gesù (la rete che tira su al suo comando è piena, stracolma di pesci!), è preso dallo sgomento, ha paura: “Allontanati da me, sono un peccatore”. Ma cosa vuol dire Pietro con queste parole? Perché allontanare Gesù? Prima di tutto perché non si sente degno: viene assalito dalla sua inadeguatezza, non si sente all’altezza, ha paura per un così imprevisto e imprevedibile risultato. Poi capisce, e sente il rimorso per aver sprecato tanta parte della sua vita. Una reazione che può succedere anche a noi: perché quando a sessanta, settanta, ottant’anni, o quel che è, ci svegliamo dal nostro letargo, e improvvisamente capiamo quanto sia inebriante e meraviglioso vivere con Dio, una delle sensazioni più amare che possiamo provare è quella di renderci conto di aver sprecato una vita! “Dio, quanto sono stato stolto! Chiamavo vivere quello che in realtà era solo vegetare”. Allora ci assale la netta consapevolezza di aver vissuto un grande “bluff”, un tremendo fallimento, un continuo peccato di omissione: “peccato”, infatti, in ebraico significa “mancare il bersaglio”: ecco: nella nostra vita non abbiamo mai fatto centro, lo stile che abbiamo scelto non era quello vero, autentico. Il nostro peccato è stato quello di uscire in mare tutte le notti senza credere in ciò che facevamo: e non abbiamo mai preso nulla. Abbiamo sprecato il nostro tempo.

“Signore, le tue, sono “parole di vita eterna”: ora l’abbiamo finalmente capito, perché abbiamo creduto. Per questo vogliamo seguirti; per questo vogliamo lasciare tutto, metterci a rischio; per questo vogliamo osare, vogliamo vivere per Te e con Te: e sulla tua Parola, getteremo rinfrancati le nostre reti. Amen.

 

 

Nessun commento: