"Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri" grida Giovanni.Non sono certo le vie del Signore ad essere storte o non giuste ma piuttosto le nostre vie, i nostri cammini, i nostri pensieri, le nostre scelte.
A cominciare dalle piccole scelte quotidiane che determinano la nostra vita, le nostre abitudini, che condizionano il nostro cuore.
Il Signore non viene con potenza e gloria umana ma nella logica dell'incarnazione, della povertà, della sofferenza.
Una logica piccola e umile. Ma in questa logica che crea e sostiene il creato, Egli viene con potenza.
"Ecco il vostro Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, il suo braccio esercita il dominio."
Ma che potenza è mai questa, di un Dio che si fa fragile neonato?
Che potenza è mai questa di un Dio che desidera dipendere dal si di una fanciulla?
Come può il nostro cuore comprenderla?
È un mistero che ci sfugge e tuttavia è un mistero senza il quale la ragione non riesce cogliere il senso della vita, delle cose e dell'esistenza.
Senza questo mistero della potenza di Dio nascosta a Betlemme e nella logica dell'incarnazione, noi non riusciremo mai a capire nulla della nostra vita.
Ogni nostro ragionare è inutile, ogni scienza è vuota.
Noi, senza questa sapienza divina, siamo ciechi, figli di ciechi che guidano altri ciechi.
Ma se il nostro cuore si umilia e finalmente ascolta, se il nostro cuore si commuove radicalmente e si mette all'opera nella carità, a partire dal sì! di Maria e dalla grotta di Betlemme..., allora inizieremo a comprendere tutto ciò che fino ad ora ci era sfuggito.
Ogni valle della solitudine sarà colmata e ogni monte della superbia, abbassato.
Fuggiamo dunque ogni distrazione del mondo con tutte le nostre forze.
Non perdiamoci in altre cose, inutili ed effimere.
Fissiamo il nostro sguardo in questo mistero.
Facciamone l’oggetto del nostro respiro, della nostra vita.
Taccia tutto e si faccia silenzio dentro e fuori di noi, perché Dio viene, non tarderà e porterà con sé il premio di se stesso che tutto riempie di gioia incontenibile.
Operiamo nella penitenza e nella carità guardando incessantemente all'incarnazione.
Il mistero ci avvolga e ci sommerga, ci riempia e ci dia nutrimento.
Il tempo si è fatto breve. Ora è il tempo della conversione, ora è il tempo della sua venuta.
Ora è il tempo del silenzio e dell'obbedienza.
Ora il tempo dell'umiltà, il tempo della gioia...
Facciamo attenzione, perché come dice Isaia, "Ecco, faccio una cosa nuova: non ve ne accorgete?" (Is 43,19)





Da tempo gli scienziati mandano segnali nel cosmo in attesa di risposte da parte di esseri intelligenti esistenti in qualche pianeta sperduto. La Chiesa da sempre intrattiene un dialogo con abitanti di un altro mondo, i santi. Questo è ciò che proclamiamo dicendo: "Credo nella comunione dei santi". Se anche esistessero abitanti al di fuori del sistema solare, la comunicazione con essi sarebbe impossibile perché tra la domanda e la risposta dovrebbero passare milioni di anni. Qui invece la risposta è immediata perché c'è un centro di comunicazione e di incontro comune che è il Cristo risorto. Forse anche per il momento dell'anno in cui cade, la festa di Tutti i santi, ha qualcosa di particolare che spiega la sua popolarità e le numerose tradizioni ad essa legate in alcuni settori della cristianità. Il motivo è in ciò che dice Giovanni nella seconda lettura. In questa vita, "noi siamo figli di Dio, ma ciò che saremo ancora non appare"; siamo come l'embrione nel senso della madre che anela a nascere. I santi sono quelli che sono "nati" (la liturgia chiama "giorno natalizio", dies natalis, il giorno della loro morte); contemplarli è contemplare il nostro destino. Mentre intorno a noi la natura si spoglia e cadono le foglie, la festa di Tutti i santi ci invita a guardare in alto; ci ricorda che non siamo destinati a marcire in terra per sempre come le foglie. Il brano evangelico è quello delle Beatitudini. Una beatitudine in particolare ha ispirato la scelta del brano: "Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati". I santi sono coloro che hanno avuto fame e sete di giustizia, cioè, nel linguaggio biblico, di santità. Non si sono rassegnati alla mediocrità, non si sono accontentati delle mezze misure. Ci aiuta a capire chi sono i santi la prima lettura della festa. Essi sono "coloro che hanno lavato le loro vesti nel sangue dell'Agnello". La santità si riceve da Cristo; non è di produzione propria. Nell'Antico Testamento essere santi voleva dire "essere separati" da tutto ciò che è impuro; nell'accezione cristiana vuol dire piuttosto il contrario e cioè "essere uniti", s'intende a Cristo. I santi, cioè i salvati, non sono soltanto quelli elencati nel calendario o nell'albo dei santi. Vi sono anche i "santi ignoti": quelli che hanno rischiato la vita per i fratelli, i martiri della giustizia e della libertà, o del dovere; i "santi laici", come li ha chiamati qualcuno. Senza saperlo anche le loro vesti sono state lavate nel sangue dell'Agnello, se hanno hanno vissuto secondo coscienza e hanno avuto a cuore il bene dei fratelli. Una domanda viene spontanea: "Cosa fanno i santi in paradiso? La risposta è, anche qui, nella prima lettura: i salvati adorano, gettano le loro corone davanti al trono, gridano: "Lode, onore, benedizione, azione di grazia...". Si realizza in essi la vera vocazione umana che è di essere "lode della gloria di Dio" (Ef 1,14). Il loro coro è guidato da Maria che in cielo continua il suo cantico di lode: "L'anima mia magnifica il Signore". È in questa lode che i santi trovano la loro beatitudine ed esultanza: "Il mio spirito esulta in Dio". L'uomo è ciò che ama e ciò che ammira. Amando e lodando Dio ci si immedesima con Dio, si partecipa della sua gloria e della sua stessa felicità. Un giorno un santo, S. Simeone il Nuovo Teologo, ebbe una esperienza mistica di Dio così forte che esclamò tra sé: "Se il paradiso non è che questo, mi basta!". Ma la voce di Cristo gli disse: "Sei ben meschino se ti accontenti di questo. La gioia che hai provato in confronto a quella del paradiso è come un cielo dipinto sulla carta rispetto al cielo vero" (padre Raniero Cantalamessa).