giovedì 20 febbraio 2025

23 Febbraio 2025 – VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO


Lc 6,27-38 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «A voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso gl'ingrati e i malvagi.  Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Siamo ancora nel “Discorso della pianura” di Luca: è l’importante discorso programmatico di Gesù sulle “beatitudini”, collocato da Luca appunto in quel “luogo pianeggiante” scelto da Gesù per parlare alla folla, una volta disceso dal monte su cui si era ritirato a pregare. 
Nel brano di oggi, che segue immediatamente quello di domenica scorsa, Gesù si spinge oltre, ponendo a quanti vogliono seguirlo, delle condizioni ancor più impegnative e difficili da praticare: amare, benedire, pregare, porgere l’altra faccia, donare, perdonare, non giudicare, ed altri verbi simili, richiedono effettivamente un comportamento “superiore”, un comportamento che, per la nostra mentalità tiepida ed egoistica, deve essere supportato da una dedizione cieca e assoluta, un eroismo, un particolare amore per la propria vocazione alla santità, un voler raggiungere quell’ascesi mistica che si specchia soltanto in Dio, sorgente di amore, di bontà e tenerezza.
Ma non è questo il pensiero di Gesù: per lui le azioni che raccomanda sono alla portata di tutti, indispensabili anche per chi vive semplicemente da buon cristiano, e segue gli insegnamenti del Signore, conducendo una vita normale.
Per questo le proposte del vangelo di oggi ci mettono in crisi profonda, perché nonostante ci suonino come un imperativo categorico, le leggiamo e rileggiamo senza neppur cercare di viverle veramente!
Abbiamo come l’impressione che siano dirette ad altri, forse più capaci, più buoni, più cristiani di noi. Per noi sono condizioni troppo difficili: ci vuole infatti una autentica padronanza di sé per arrivare ad amare i nemici, a benedire coloro che ci maledicono, a porgere l’altra guancia, a non riprenderci con gli interessi quello che ci è stato tolto...
Tuttavia, a guardar bene non è soltanto la nostra incapacità di accostarci con amore a chi ci fa del male; noi entriamo in crisi anche perché ci sentiamo colpevoli, sul banco degli imputati, in quanto ci rendiamo conto di essere degli ingrati approfittatori, non volendo usare verso il nostro prossimo, quella stessa condotta amorevole che Dio usa continuamente con noi. Le parole di Gesù di oggi, infatti, ci rivelano esattamente come Dio si è comportato e continua a comportarsi con noi.
Ed è proprio così: a noi sembra assurdo amare i nemici, eppure Lui ha continuato a rincorrerci quando Gli abbiamo girato le spalle; ha continuato a bussare alle nostre barriere, a tapparsi le orecchie alle nostre maledizioni, a sorridere ai nostri maltrattamenti, ad attendere pazientemente che sfogassimo la nostra rabbia sbattendogli la porta in faccia.
Non l’abbiamo mai trovato sordo alle nostre richieste, anzi, lui è stato ed è sempre pronto a donarci in abbondanza perdono, amore, accoglienza e comprensione.
È la storia di questa sua comprensione ad oltranza che ci sconcerta, ci confonde; e, mentre ammiriamo il Suo volto misericordioso, mentre ci rendiamo conto dell’amore con cui ci insegue, dobbiamo tornare in noi, dobbiamo tornare ad essere esattamente la Sua immagine, a fare tutto quello che ci dice. Non possiamo infatti continuare ad essere insensibili a tanto amore!
Allora capiamo che quella che prima ci sembrava un’assurda imposizione, è semplicemente la risposta logica e obbligata di quanti, come noi, hanno già beneficiato di tanto amore, di tanta pazienza e misericordia.
E finalmente la nostra storia personale cambierà: scopriremo la nostra vera identità di “guariti”, di persone cioè, che hanno recuperato gratuitamente, nel perdono e nell’amore di Dio, la loro forza, la loro dignità interiore. E così, guariti dalle nostre miserie, dalle nostre inimicizie, dalle nostre inutili paure, diventeremo anche noi “guaritori” della miseria e dell’inimicizia dei nostri fratelli.
C’è però chi soffoca ancora nelle sue paure. Paura di soffrire. Paura di pagare di persona. Paura di non essere ricompensato, capito, gratificato a dovere. Paura – in realtà - di andare oltre tutti i parametri, le aspettative, dettate dal suo piccolo “ego”. È un passaggio obbligato che talvolta dobbiamo nuovamente ripercorrere anche noi, quando ci perdiamo nelle nostre misere fragilità. E solo se scendiamo in profondità, possiamo andare oltre, ritornando noi stessi.
Perché solo se riascoltiamo con grande umiltà la Parola di Dio, solo se riaccogliamo nel nostro cuore la forza dello Spirito, ci sentiremo nuovamente rassicurati, capiremo di non aver nulla da temere.
Impariamo allora a chiedere perdono al nostro prossimo da subito, in casa, nel lavoro, nella vita sociale; e se subiamo un torto, consideriamolo come una grande occasione di poter disorientare con la bontà coloro che con noi si sono dimostrati meschini, di poter spiazzare con la mitezza i violenti, di poter fermare con la pazienza gli arroganti.
Allora capiremo perché S. Francesco sia arrivato a dire che perfetta letizia è quando veniamo offesi, quando veniamo provocatoriamente oltraggiati.
Sì, perché è l’offesa che ci offre la possibilità di amare senza alcuna ricompensa, senza nulla ricevere in cambio (“se amate solo quelli che vi amano, che merito ne avete?”); è l’offesa che ci offre l’occasione di perdonare come Dio ci perdona (“siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro”).
E questo ci darà una grande gioia, perché capiremo finalmente cosa significa diventare una cosa sola con Lui. Amen.

 

Nessun commento: