giovedì 6 febbraio 2025

09 Febbraio 2025 – V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO


Lc 5,1-11 
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Genesaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

Luca, nel vangelo di oggi, ci racconta la chiamata dei primi quattro discepoli: sono Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni, due coppie di fratelli, tutti pescatori. Il testo però si concentra soprattutto sulla figura di Pietro. 
Ci troviamo presso il lago di Genesaret. Ora, nei vangeli, il simbolismo del “lago” viene collegato molto spesso a particolari situazioni della vita : oltre ai fenomeni di tempesta improvvisa, di cambiamento radicale, di rovesciamento della situazione, di scombussolamento, di paura (Mc 4,35-41; 6,45-52), la sua superficie in genere sempre liscia, immobile, tranquilla, rende molto bene anche un certo stile di vita talvolta monotona, nostra e in questo caso dei discepoli, che prima di incontrare Gesù conducevano appunto le giornate sempre uguali, sempre con le stesse cose da fare, senza sussulti, completamente piatte, come appunto sono in genere le acque del lago. Un’esistenza insomma che, per alcuni aspetti, si adatta molto bene anche alla nostra vita spirituale: non siamo cattivi, non siamo gente di malaffare, anzi qualche volta dimostriamo quella calma piatta, durante la quale permettiamo anche noi a Gesù di servirsi della nostra “barca”. Pensiamo di essere autosufficienti, di stare bene così come siamo, convinti che la vita sia tutta in quel “nulla” che facciamo. Pensiamo che il nostro sia l’unico modo di vivere; ma siamo ancora molto lontani, purtroppo, dall’immaginare quanto sia più soddisfacente, più esaltante, uscire in barca con Lui al timone! Forse abbiamo anche provato, ma abbiamo capito ben poco di quanto ci diceva, anzi proprio nulla!
Val la pena allora di chiederci: Ma noi, che abbiamo aderito alla chiamata di Gesù, ci impegniamo seriamente nel nostro “gettare le reti”? C’è fuoco, c’è passione nel nostro darci da fare? C’è sole nei nostri occhi, calore e amore nel nostro cuore? C’è sufficiente “luce” ed entusiasmo in quel che facciamo? “Maestro abbiamo provato tutta la notte e non abbiamo pescato nulla”. Già, come dire: “Caro Gesù, ci siamo occupati di tantissime cose, abbiamo fatto qualunque esperienza possibile, abbiamo provato con infinite tecniche, abbiamo sondato ogni metro del nostro tempo, ma ci ritroviamo sempre a mani vuote; quando tiriamo le reti in barca, troviamo ogni volta ben poco, nulla”.
Il nostro problema, però, sta nel fatto che se continuiamo a fare le cose con superficialità, a “pescare” senza impegno, ad interessarci di cose inutili, è decisamente difficile combinare qualcosa di buono: in quel modo, è addirittura impossibile!
Sulle rive del lago, dunque, gli apostoli stanno lavando le reti, forse afflitti anch’essi dai nostri stessi problemi: ma non appena essi sentono la voce di Gesù, il loro cuore inizia a vibrare; sentono che le sue parole risvegliano emozioni fino ad allora “sconosciute”, emozioni che infondono un vigore mai provato prima, che fanno guardare il mondo in una nuova luce; sentono che Egli indica nuove possibilità, che spinge ad osare nella vita.
Gesù parla a tutti, si fa sentire con la stessa sollecitudine, con la stessa disponibilità: ha parlato ai “pescatori” di allora, parla a noi oggi, parlerà in futuro a quanti si fermeranno un istante per ascoltarlo.
Ma noi, a differenza dei primi chiamati, come reagiamo? cosa gli diciamo? Il nostro cuore non vibra, non si entusiasma alla sua voce? Sembra proprio di no: indifferenti, continuiamo a rimandare qualunque decisione, qualunque iniziativa! Eppure prima o poi dovremo deciderci: la sua chiamata è chiara, la barca è pronta, le reti anche. Non abbiamo più giustificazioni: sciogliamo gli ormeggi e prendiamo il largo. È arrivato anche per noi il momento di rischiare, di osare, di andare. “Ma che ne sarà di noi? Che succederà? Ce la faremo? Soffriremo? E se poi ci sbagliassimo?”. Dobbiamo muoverci, dobbiamo aver fiducia in Lui. Certo, se ascoltiamo la paura, se preferiamo starcene sdraiati sul bagnasciuga, senza far nulla, non prenderemo mai il largo.
Seguire Gesù non vuol dire conoscere alla lettera tutto ciò che lui ha detto: è sufficiente amarlo e credere fermamente in Lui: non lo seguiamo perché conosciamo perfettamente le Scritture, ma perché ci siamo innamorati di Lui, perché sappiamo che con Lui potremo sicuramente diventare migliori.
Le proposte di Gesù sono sempre mirate, di grande respiro, di larghe e profonde visioni: ci permette sempre di scegliere, a condizione che poi ci mettiamo seriamente in gioco.
Ogni sua chiamata, si articola sempre, come quella del vangelo di oggi, in due momenti, in due richieste semplici e chiare, ma insieme decise e autoritarie.
La prima è: “Prendi il largo”: non ha bisogno di molte spiegazioni. Vuol dire: “esci fuori dalla tua normalità, allontanati dal tuo modello di vita, dal tuo modo di pensare, di agire, lascia tutto ed entra nella Vita vera!”. “Ma io ho paura!”. “Lo so”. “Ma è rischioso!”. “Lo so”. “E poi?”. “Non lo so!”. “E se non riesco, se non funziona?”. “È possibile”. Domande e dubbi più che leciti; ma se vogliamo “il nuovo” dobbiamo osare, dobbiamo avere il coraggio di ascoltarlo e di seguirlo, succeda quel che deve succedere.
Quando il padrone della Vita bussa al nostro cuore, non possiamo negargli una risposta: perché nessun altro mai potrà sostituirci, nessun altro mai potrà farlo al posto nostro.
Sono molti invece i paurosi che dicono: “Sarebbe bello, ma non ci riesco, è troppo difficile, va troppo oltre le mie possibilità, non fa per me”. Quando invece sarebbe più onesto ammettere: “Ho paura; non mi va; sto bene così come sto; mi basta; è più comodo per me non fare nulla; io non sono un eroe!”.
Ma di che stiamo parlando? Che cosa ci basta? Di che cosa ci accontentiamo? Di sprecare il nostro tempo senza far nulla? Di vivacchiare con le solite compagnie, che ormai non ci offrono più nulla? “Prendi il largo!”. Ci accontentiamo di frequentare sempre i soliti ambienti, i soliti ritrovi, di ascoltare gli esaltati di turno che straparlano insensatamente di politica, di donne, di sport, di soldi, di lavoro? “Prendi il largo!”. Non ci capita mai alla sera di provare disgusto per tutte quelle nostre giornate senza senso, di sentire dentro di noi un bisogno profondo di verità, di assoluto, di scoprire e di conoscere il vero “perché” del nostro esistere? “Prendi il largo!”. Non succede mai di sentirci arrabbiati, insofferenti, stanchi di dare risposte inconsistenti, preconfezionate, utilitaristiche, di comodo? “Prendi il largo!” ci ordina la voce suadente, insistente, promettente di Dio.
La seconda richiesta è: “Getta le reti!”. Cioè: “Vai dentro; vai fino in fondo; entra dentro il mistero di Dio, il mistero dell’Amore, della Vita”. Non possiamo infatti entrare in contatto con Dio stando in superficie, all’esterno, fuori dall’acqua; al contrario dobbiamo vivere immersi costantemente nelle acque vitali e salvifiche del nostro battesimo. Ci sentiamo figli di Dio? “Certo che sì!”, rispondiamo immediatamente. Ma che importanza, che valore diamo a questo “si”? Perché detto a parole non risolveremo mai il nostro problema: una semplice risposta non ci cambia la vita; servono i fatti, serve l’impegno, servono le opere: “Getta le reti!”. Siamo consapevoli di avere nella nostra vita una missione da compiere, ma non sappiamo cosa esattamente Dio si aspetti da noi? Dobbiamo scoprirlo! Ma per farlo dobbiamo entrare in noi stessi (introire secum). Ma come si fa? “Getta le reti!”. Questo è l’unico modo, non c’è altra possibilità.
Quando Pietro si rende conto di come può vivere con Gesù (la rete che tira su è piena, stracolma di pesci!), è preso dal panico, una paura folle lo assale: “Allontanati da me, sono peccatore!”. Cosa vuol dire Pietro con queste parole? Per quale motivo vuol allontanare Gesù? Prima di tutto perché non si sente degno: è in preda allo sgomento, non si sente pronto, non si sente all’altezza, è quasi atterrito, non crede a tanta imprevista e imprevedibile fortuna. Poi capisce, e sente il rimorso mordergli l’anima per aver sprecato tanta parte della sua vita. Una delle sensazioni più amare che tutti possiamo sperimentare è di svegliarci a quaranta, cinquanta, sessant’anni, e constatare improvvisamente quanto sia inebriante, meraviglioso, sublime, vivere con Dio; e allora, guardandoci alle spalle, sentiremo anche noi la rovente amarezza di aver sprecato una vita! “Dio, quanto sono stato stolto! Chiamavo vivere ciò che in realtà era solo vegetare”. Allora capiremo di aver vissuto un tragico “bluff”, un tremendo fallimento, un peccato di ostinata omissione. “Peccato”, in ebraico, significa “mancare il bersaglio”: ebbene, nella nostra vita non abbiamo “fatto centro”, lo stile che abbiamo scelto non era quello giusto, quello vero, autentico. Il nostro peccato è stato di uscire in mare tutte le notti, senza mai prendere nulla. Ci mancava qualcosa di fondamentale, e abbiamo sprecato il nostro tempo.
Signore, le tue, sono parole di vita eterna”: è vero, la tua luce ha illuminato la nostra mente e risvegliato il nostro cuore: ora finalmente tutto ci è chiaro, ora abbiamo capito i “perché” della nostra vita: perché vogliamo seguirti; perché abbiamo deciso di lasciare tutto, perché vogliamo vivere con Te e per Te: e, infine perché, sulla tua Parola, vogliamo anche noi gettare le reti. Amen.

 

Nessun commento: