mercoledì 8 maggio 2024

12 Maggio 2024 - ASCENSIONE DEL SIGNORE


Mc 16,15-20 
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano. 

L’evangelista Marco, nel brano evangelico di oggi, descrive l’ultima apparizione di Gesù ai discepoli durante la quale consegna loro le sue ultime volontà, prima di essere “elevato in cielo” e di sedersi “alla destra di Dio”. Sono raccomandazioni che rivestono una particolare importanza, poiché suonano come un vero e proprio passaggio di consegne: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura”. In pratica dice: “Io me ne vado, non sarò più qui; non parlerò più di persona, non farò più nulla direttamente, ma voi rimarrete, ed io continuerò ad esserci per mezzo vostro”. 
Lui dunque non ci sarà più, per questo si affida ai suoi discepoli: saranno loro i nuovi Gesù; saranno loro che continueranno a divulgare nel mondo la sua “buona notizia”, il suo “euanghelion”, il vangelo. 
Tutti infatti devono riceverla, tutti devono conoscere la bontà, la novità, l’apertura, l’universalità della sua missione e dei suoi insegnamenti. 
Ma, in pratica, cosa ha detto, cosa ha fatto Gesù di così tanto importante, nel suo peregrinare per le strade della Palestina? L’opposto di quanto facevano i capi religiosi di allora: perché, mentre questi discriminavano stabilendo: “Questo popolo sì, questo è il popolo prescelto da Dio, quello buono, gli altri no; gli altri sono infedeli, cattivi; questi sono degni, quelli no; questi saranno premiati perché puri, quelli condannati perché impuri (donne, peccatori, pubblicani, lebbrosi, ecc.)”; Gesù al contrario diceva: “Io accolgo tutti, non ho preferenze, non guardo alla presenza, all’importanza, alla cultura, alla simpatia: io guardo il cuore. Vado da chiunque, perché il mio messaggio introduce in una nuova vita, fatta di amore, di pace, di verità: proprio per questo il mio messaggio deve arrivare a tutti, perché tutti lo devono conoscere. Ognuno poi è libero di accoglierlo e di praticarlo; non importa cosa deciderà: l’importante è che tutti sappiano che con me possono vivere nell’amicizia vera, nell’amore, nella pace, con me e con mio Padre”. 
Il Dio di Gesù quindi non si pone come una esclusiva di alcuni privilegiati, Dio è di tutti, ama tutti, credenti e increduli, vicini e lontani, buoni e cattivi, giusti e ingiusti. Dio non è monopolio di alcuni: neppure della Chiesa cattolica: perché è la Chiesa cattolica che appartiene a Dio, non viceversa! Nessuno può dire: “Io conosco già tutto di Dio, e questo mi basta”; al contrario deve dire: “Io voglio seguire, vivere, praticare fino in fondo, tutto quello che conosco di Dio”. 
Le catechesi, le predicazioni, la pastorale, non devono aggiungere nulla di più del vangelo, non devono inventarsi nulla di nuovo, cercando di aggiornarlo alle mentalità moderne; devono soltanto risvegliare, far emergere, far risplendere quel Dio che nella sua grandezza, nella sua potenza, nel suo amore infinito, vive già in ogni persona a cui è destinato. 
Tutti abbiamo ricevuto con la nascita il dono di avere Dio in noi, il suo Spirito di vita (siamo tutti sue creature!). Ognuno poi potrà stabilire con Lui un rapporto unico, riservato, intimo, dal quale gli deriveranno doni, carismi, attitudini, capacità strettamente personali, diversi per quantità e qualità rispetto agli altri. Sbaglia quindi chi nel far catechesi pretende di far conoscere Dio, imponendo la propria personale esperienza con Lui: Dio non è una formula, ancorché sacra, non é una raccolta di preghiere, non è un codice comportamentale: Dio è una presenza viva, è un Padre che ama i suoi figli. Educare gli altri ad amarlo, pertanto, vuol dire semplicemente aiutarli a scoprire la Sua presenza in loro, a stabilire con Lui un colloquio, una relazione di reciproca, profonda amicizia. 
Gesù dunque, ventun secoli fa, ha vissuto un tempo storico di circa trentatré anni; poi è tornato in cielo (Ascensione): il tempo della sua storia umana termina qui: da quel momento inizia il “Tempo della Chiesa”, inizia la “nostra” storia. Ora tocca a noi continuare la sua opera: siamo noi le sue mani, i suoi piedi, le sue labbra. Un compito arduo, per assolvere il quale abbiamo però la certezza di non essere mai soli: tutto ciò che faremo, lo faremo in “collaborazione”, in stretta unione con Lui: Marco conclude il suo vangelo, sottolineando a chiare lettere che ogni nostra iniziativa deve essere “condivisa”, deve essere affrontata e realizzata in stretta collaborazione con Gesù: dobbiamo cioè “operare insieme” (16,20); “synerguntos”, dice il testo greco; un termine che già dalla sua pronuncia fa capire l’indissolubilità del legame che deve esistere tra il mandante (Gesù) e gli esecutori del “progetto Chiesa” (noi). 
Nostro compito, allora, non è quello di essere indipendenti, di agire autonomamente come se la “Chiesa” fosse stata pensata e ideata da noi: noi non conosciamo nulla, non capiamo i “calcoli” del Progettista: siamo dei poveri operai che, in “sinergia” con l’Alto Direttore dei lavori, dobbiamo semplicemente assicurargli il nostro impegno per la perfetta realizzazione della sua Opera. Nient’altro. Eppure, talvolta ci capita di esclamare: “Ma tu Signore, perché non sei più chiaro e deciso quando parli? Perché di fronte alla dilagante accozzaglia di idee improponibili, di fronte al disinteresse, alla inettitudine, all’incostanza, alla pigrizia, al doppiogiochismo, all’infedeltà dei tuoi rappresentanti, dei tuoi operai, porti pazienza, non fai nulla, non reagisci? Perché non intervieni tu in prima persona, anche energicamente se vuoi, come hai fatto talvolta quando eri quaggiù? Perché non provvedi tu a sistemare un po’ le cose?”. E magari ci alteriamo anche, dimenticando che ora siamo noi, in prima persona, che dobbiamo farci carico della situazione, siamo noi che dobbiamo preoccuparci, cercare nel nostro piccolo, di porvi rimedio, di cucire gli strappi, di ribadire con l’esempio i suoi insegnamenti, di difendere con fermezza i suoi valori inalienabili. 
È vero che in atto c’è una buona cooperazione tra Dio e noi: solo che è altrettanto vero, che Lui è sempre di parola, puntuale, esegue sempre il suo compito; noi, invece, no: spesso e volentieri svicoliamo! Lui, con pazienza, ci ispira, ci fa coraggio, ci dà la forza, la costanza di insistere: noi invece preferiamo spesso fare di testa nostra, pensiamo di poter fare da soli, senza di Lui, di saperne più di Lui: salvo poi accorgerci, puntualmente, che questi nostri personalismi sono inutili, improduttivi! Il nostro cristianesimo è troppo superficiale, infantile, acerbo: pretendiamo che Dio faccia continuamente miracoli, che ci conceda favori e “grazie” a non finire, che ci risparmi il dolore, la sofferenza, che appiani le difficoltà della vita, che cambi insomma il mondo e i suoi abitanti! Ma siamo solo dei bambini capricciosi che pretendono soltanto, e fanno i capricci se non ottengono immediatamente ciò che chiedono. In realtà siamo cresciuti, siamo grandi, adulti; Gesù perlomeno ci considera tali; e allora comportiamoci di conseguenza, rispondiamo positivamente alle sue aspettative; facciamo cioè in modo che il nostro cristianesimo, la nostra fede, cessino di essere infantili, ma siano da “adulti”. 
“Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato” (16,15). 
Per Gesù la “salvezza” è il risultato del “credere”: significa che, vivendo il vangelo con fede viva e profonda, è possibile raggiungere un’esistenza appagante, appassionata, che esprime gioia, amore, benessere interiore; una vita che ci fa sentire vivi, realizzati, accolti. 
Inoltre quanti arriveranno a credere veramente, saranno dotati di particolari doni, di “segni” straordinari, di carismi, grazie ai quali potranno essere riconosciuti da tutti (16,17): 
“Scacceranno demoni”: nel vangelo i demoni parlano, hanno voce, si danno da fare. Esattamente come fanno anche quelli di oggi: noi, infatti, siamo in balia di schiamazzi alienanti, di opinionisti insopportabili, di urlatori che fanno discorsi senza senso, divulgatori di notizie false, di opinioni e suggerimenti idioti: sono i nostri demoni, i nostri spiriti maligni che, attraverso i “media”, asserviti al demoniaco dio denaro, con il loro incessante bombardamento pubblicitario, con i loro messaggi subliminali, sono un pericolo, un macigno malsano che ci appesantisce, ci ammorba, ci impedisce di volare in alto, ci uccide l’anima. Ebbene, volendo, noi possiamo scacciare tutti questi demoni, queste voci, questi attacchi maligni: possiamo liberarci di tutta questa zavorra che non ci conduce a Dio, ma lontano da lui: è sufficiente zittirli, spegnerli, eliminarli! Basta un semplice “click”! 
“Parleranno nuove lingue”: normalmente di cosa parla oggi la gente, cosa ci propongono le migliaia di canali informativi che ci sovrastano? Parlano di gossip, scandali, omicidi, violenze, di delinquenti, di gioventù bruciata; ogni giorno un vagone di notizie tragiche, nefaste, ossessive, miste a “chiacchiere” inutili, insinuazioni ripugnanti, discorsi fatui, spersonalizzati, senz’anima. La gente, parlando, crede di comunicare, di esprimersi; ma non fa altro che moltiplicare linguaggi incomprensibili! 
Quali sono allora le lingue nuove che potremo parlare? 
È la lingua del silenzio, del tapparsi la bocca, dell’ascoltare: “Se la gente si ascoltasse di più, parlerebbe decisamente di meno” diceva l’umorista Arthur Bloch. Ed è vero: non si apprezzerà mai abbastanza il valore di “Sto in silenzio e ascolto: che cosa? le parole dell’anima, del cuore, della coscienza, di Dio. Ascolto il respiro della vita, il mutarsi della natura; il cinguettio degli uccelli, il sibilo del vento, la risacca del mare. 
È la lingua degli occhi: fermiamoci una buona volta, guardiamo, scrutiamo gli occhi di chi ci parla. Perché gli occhi sono lo specchio dell’anima, e l’anima ha sempre tante cose da dirci, da insegnarci, molto più delle parole. Impariamo a dar loro voce e autorità.
Parleremo
la lingua del cuore, la lingua dell’anima: parlarsi intimamente, esprimere le proprie emozioni, le proprie paure, i propri bisogni, i propri desideri; piangere di gioia, commuoversi, stupirsi, meravigliarsi, essere insomma felici. Le persone neppure immaginano quante vibrazioni, quanta vita, quanta energia, quanta forza, possiamo trarre dal parlare queste nuove lingue, che non dipendono dalle “parole”, ma dalle intime effusioni dell’anima. 
Allora diventeremo "altri": Prenderete in mano i serpenti”: il serpente è pericoloso, a volte mortale. Noi lo evitiamo, perché è viscido, fa ribrezzo, paura. Ma Gesù ci rassicura. “Con me puoi tutto!”. Prendiamoli allora in mano questi serpenti particolari che ci insidiano: non crediamo più in nulla? non andiamo più in chiesa? ci siamo stancati di sentire sempre le stesse prediche? i preti non ci trasmettono più nulla? abbiamo perso la stima e la fiducia nel nostro prossimo, nei colleghi, nei parenti, negli amici? la loro presenza è diventata insopportabile? Fermiamoci: affrontiamo la questione, prendiamo in mano un problema alla volta, il nostro serpente di turno: analizziamo la nostra fede, la nostra carità, la nostra coerenza; svegliamoci dal nostro torpore, scuotiamoci dalle nostre paure; chiediamo a Dio nuova forza, nuovo vigore, nuovo entusiasmo. Perché tirare avanti fingendo che tutto vada bene? Siamo convinti che un richiamo, un rimprovero, una paternale, nei confronti di qualcuno, arrogante e ribelle, sia utile e necessaria? Facciamola! Cosa aspettiamo? "Pugno di ferro in guanto di velluto", insegnavano i santi Padri. Comportiamoci anche noi come ha fatto e come ci ha insegnato Gesù: se usiamo la Sua carità, il Suo amore, se operiamo in sinergia con Lui, troveremo sicuramente la forza, il modo giusto e indolore per rendere inoffensivo qualunque serpente velenoso! Amen. 

 

  

Nessun commento: