giovedì 31 agosto 2023

03 Settembre 2023 – XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO


Mt
16,21-27 
In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».

Ad un certo punto della sua vita Gesù affronta decisamente il suo destino. La sua condotta di vita, troppo aperta, troppo chiara e manifesta, per qualcuno era già diventata pericolosa. Quello che diceva e faceva era troppo provocante, troppo critico nei confronti della gente altolocata, dei ricchi del suo tempo, dei potenti, che di sicuro prima o poi gliel’avrebbero fatta pagare. 
Gesù era “troppo” per tutti, in tutti i sensi: non era l’uomo del compromesso, delle mezze misure, degli accomodamenti, delle vie di mezzo. Il suo parlare era chiaro: “sì sì, no no!”.
Era inevitabile quindi che decidesse di completare la sua missione, affrontando quella che sarebbe stata la tappa conclusiva della sua vita terrena, la sua grande sfida col mondo: andare a Gerusalemme per sacrificarsi sulla croce.
Finché Egli viveva e predicava in Galilea tutto sommato non interferiva più di tanto con i grossi poteri. Ma andando a Gerusalemme si sarebbe scontrato inevitabilmente con gli interessi dei potenti, con le più alte autorità religiose. Prima di tutto con gli anziani: per loro Gesù era troppo infantile, troppo immaturo, troppo sognatore, un romantico idealista. Per il loro cuore di ghiaccio, razionale, rigido, un uomo così era pericoloso; un uomo che si estasiava di fronte al volo degli uccelli in cielo o alla fioritura dei gigli dei campi, un uomo che abbracciava i bambini portandoli come esempio, o che accoglieva e ascoltava donne di qualunque livello, dando loro conforto e comprensione, cosa avrebbe potuto fare di buono? “Che sono queste smancerie? Che sono queste effusioni amorose? Inutile romanticismo, cose da poeti, da visionari, da sognatori”. E fu così che lo condanneranno a morte.
In particolare, si sarebbe scontrato con i sommi sacerdoti: per i loro cuori pieni zeppi di leggi, di tabù, di regole, di prescrizioni, di cose da osservare, Gesù era troppo libero, era un uomo che si credeva in contatto con Dio, uno che gli parlava apertamente. Il Dio che annunciava era poi un Dio troppo presente, un Dio che non incuteva terrore, che si chinava amorevolmente sull’uomo; un Dio troppo progressista, interessato alla liberazione dell’uomo; un Dio amico, vicino, che si preoccupava dei lebbrosi, dei pagani, degli esclusi; un Dio che metteva tutti sullo stesso piano: “ma che Dio è questo? Come si permette quest’uomo di insegnarci chi è Dio? Di Dio bisogna avere paura, bisogna temerlo, obbedirgli, non certo come fa quest’uomo che lo chiama addirittura papà!”. Gesù era per loro una rivoluzione. E fu così che essi pure lo condanneranno a morte.
Infine avrebbe avuto grossi problemi anche con gli scribi: con loro, per i loro cuori arroganti, per il loro orgoglio (loro erano gli unici interpreti della Scrittura, loro sapevano tutto, cos’altro poteva essere annunciato di nuovo?). Gesù era una deflagrazione che sconvolgeva il loro mondo, la loro vita, tutto il loro sistema, il loro credo, le loro interpretazioni bibliche. Gesù era troppo pericoloso: “quest’uomo che parla della Bibbia in un modo totalmente distorto, chi si crede di essere? Non ascolta i padri, non segue la tradizione: come può pretendere di saperne più di noi, noi, gli unici custodi e interpreti della Parola e della tradizione?”. E fu così, infatti, che anch’essi lo condanneranno a morte.
Gesù percepisce l’ostilità che sta montando intorno alla sua persona. Il suo modo di vivere tocca e mette in discussione troppe persone, troppi interessi e troppi cuori. Tutto quello che fa, viene osservato, sezionato; ogni pretesto è buono per metterlo in cattiva luce, per avere da ridire su di lui, per trovare malignità contro di lui, per accusarlo.
È la sorte dei grandi uomini: siccome non li si può attaccare nella verità, li si attacca con le menzogne. Gesù lo sente, conosce tutto questo, lo intuisce; percepisce che si sta organizzando il pretesto per imbavagliarlo, per contenerlo, per metterlo a tacere, per tendergli inganni: Egli sa di essere un uomo scomodo e poiché non sarebbero mai riusciti a imbavagliarlo, a farlo stare zitto, prima o poi avrebbero trovato l’occasione per zittirlo definitivamente, uccidendolo. Come puntualmente avvenne.
Di ciò Gesù avverte anticipatamente i discepoli: “Guardate, mi potrebbero uccidere. Potrebbe capitare: preparatevi. Andare a Gerusalemme sarà molto pericoloso. Ho paura, ma devo andarvi lo stesso; non posso tirarmi indietro, non posso abbandonare la mia missione. Non posso tradire il mio cuore, il mio mandato, il mio Dio, tutto quello che sento e provo. Io devo andare”.
Questo è il messaggio che Gesù si preoccupa di trasmettere ai suoi; ma gli apostoli sono scettici, fanno fatica a credere, ad accettare la cosa. Non può essere. Come si può perseguitare un uomo come Gesù? Come si fa ad odiare un uomo così? Come si può anche solo pensare di togliere la vita ad uno che è in grado di ridare la vita ai morti?
E Pietro, impulsivo come al solito, sbotta improvvisamente: “Signore, questo non ti accadrà mai!”.
Pietro qui fa da maestro a Gesù; i ruoli si capovolgono, gli si “mette davanti”.
Il vangelo dice che “trasse in disparte” un Gesù, deciso più che mai di seguire la sua strada, di compiere fino in fondo la sua missione. Pietro vorrebbe distoglierlo da questi propositi, cerca di “trarlo” fuori, lontano dalla sua determinazione.
Ma Gesù, che poco prima gli aveva detto “Tu sei la pietra su cui fonderò la mia chiesa”, lo redarguisce, gli risponde severamente: “Lungi da me, satana”; letteralmente: “Dietro di me, satana”. Che, in altre parole, significa: “Io vado dove devo andare: non distrarmi; non cercare di intralciarmi il passo, togliti da mezzo, mettiti dietro a me!”.
E qui c’è un primo importante messaggio proprio per noi, per la nostra vita: dobbiamo cioè rimanere sempre fedeli alla “chiamata” di Dio: mai fermarci, mai lasciarci fuorviare! Non permettiamo mai che il satana di turno ci ostacoli nel compiere il bene: egli, infatti, cercherà sempre di pararsi davanti a noi, ma noi dobbiamo tenerlo dietro, non ci deve infastidire, non deve pretendere di guidarci, di portarci dove vuole lui: siamo noi che decidiamo dove andare, come andare, quando andare.
Ma chi è questo Satana, sempre pronto a mettersi di traverso sul nostro cammino? Qui, come abbiamo visto, è Pietro, l’amico di Gesù. Sicuramente Pietro non voleva fargli del male, pretendeva solo di fargli cambiare idea, che si ricredesse su quanto aveva loro prospettato, e lo faceva proprio perché lo amava.
Nel nostro caso Satana è lo “spirito del male”: anch’egli si materializza sempre molto amichevolmente, non indossa mai le vesti del nemico che ci odia, del demonio terrificante con le corna e il tridente, per difenderci dal quale dobbiamo correre dall’esorcista. Si presenta invece proprio come uno che ci vuol bene, come una persona amica che ci sta vicino, che vuole aiutarci: si insinua infatti nei nostri momenti di difficoltà, pretendendo di consigliarci le soluzioni più facili, le scorciatoie più sicure, le strade più “giuste” da seguire: tutte soluzioni che, guarda caso, sono sempre contrarie a quanto ci suggerisce la nostra coscienza; “Satana” rappresenta tutte quelle persone che con la loro posizione, con la loro autorità, con la loro influenza, tentano di gestirci, di manovrarci, di manipolarci; “Satana” è questa nostra società moderna, votata al consumismo, all’edonismo, culturalmente succube di ignoranti nullità che pretendono di decidere per noi cosa dobbiamo pensare, cosa scegliere per vivere, cosa guardare in tv, cosa leggere, condizionando la nostra libera discrezionalità, la nostra autonomia raziocinante.
Ebbene: “Davanti a te nessuno”, ci raccomanda perentoriamente Gesù. Perché accettare che qualcuno si metta “davanti” a noi, si sostituisca a noi, significa accettare di stargli dietro, di approvare cioè ogni sua iniziativa, rinunciando alla nostra libertà di stabilire se percorrere la strada “giusta”, quella che Gesù ha pensato per noi, oppure quella del mondo, destinata alla rovina.
Gesù nella sua vita terrena non fu mai dominato da qualcuno, né tanto meno condizionato da qualche cieca fatalità, ma pur di compiere la sua missione di amore e di risurrezione, affrontò sempre con sguardo fermo, con grande volontà e dignità, il dolore, le sofferenze, e una morte decisamente straziante. Egli conosceva perfettamente ciò a cui andava incontro: sapeva che non era venuto per caso tra gli uomini, ma per indicare loro la via “retta” da seguire per raggiungere la salvezza; non ha dispensato morte, ma solo Vita, gioia, amore, amicizia, libertà.
Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua”. Gesù è sempre chiaro: le sue parole ci portano sempre a pensare “secondo Dio” e non secondo gli uomini.
Rinnegare”, in greco, significa “dire di no, opporsi”: non nel senso che dobbiamo sistematicamente rifiutare tutto, ma nel senso che dobbiamo imporre a noi stessi dei “no” categorici a certe situazioni illusorie di vita, traducendoli in altrettanti “sì” alla Vita.
A che serve all’uomo vivere nei piaceri, conquistare il mondo, se poi perde la sua anima, la sua Vita, sé stesso? A che gli serve indossare una maschera imbellettata e seducente per “recitare” una sceneggiata, oltretutto scadente e inutile, in una esistenza provvisoria, che non gli appartiene? A che gli serve raggiungere tutto il desiderabile, se poi non può goderlo? Se poi non è felice? Se poi improvvisamente perde tutto? Se poi soprattutto perde Dio, l’Amore eterno, la Vita vera? Non è forse da imbecilli, da idioti, da insensati? Sappiamo tutti perfettamente che così non può funzionare: nessuna maschera, nessuna vita materiale, per quanto seducente, nessuna ricchezza, nessun benessere, saranno mai in grado di assicurarci la vera Felicità eterna! Perché se perdiamo la nostra dignità divina, la nostra anima, abbiamo perso tutto! Amen.

 

 

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