giovedì 17 novembre 2022

20 Novembre 2022 - XXXIV DOMENICA DEL T.O. - SOLENNITÀ DI CRISTO RE DELL’UNIVERSO


Lc 23, 35-43 
In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi sé stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c'era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!».
L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio. tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

 La festa di oggi, Gesù Cristo re dell’Universo, è una provocazione alla nostra tiepida fede, una sfida alla nostra fragile contemporaneità, al nostro cristianesimo miope, fatto spesso solo di “grandiosi”, inattuati propositi. 
Dire che Cristo è re dell’universo, significa che Lui avrà l’ultima parola sulla storia, su ogni storia, anche sulla nostra breve storia personale. Dire che Cristo è re, significa non arrendersi alla falsa evidenza della sconfitta di Dio in questo mondo; dire che Cristo è re, significa credere invece che il mondo, nonostante tutto, non sta precipitando nel caos, ma nell’abbraccio tenerissimo e amoroso del Padre. Dire che Cristo è re, significa creare oggi spazi di testimonianza là dove stiamo vivendo la nostra vocazione alla vita: piccoli spazi dimostrativi, per dire a quanti hanno il cuore e la mente smarriti: “ecco, Dio vi ama”. 
Cristo è un re fuori dagli schemi. Anzi: la regalità di Gesù, uomo Dio, è una regalità che va contro ogni nostra umana immaginazione, perché questo Dio Re, agli occhi del mondo, è il più sconfitto di tutti gli sconfitti, più fragile di ogni fragilità: un re senza trono e senza scettro, appeso nudo ad una croce, un re che necessita di un cartello per essere identificato. Non un Dio trionfante, non un Dio onnipotente, ma un Dio osteso, messo alla gogna, sfigurato, piagato, sconfitto.
Una sconfitta, la sua, che in realtà è la più esaltante vittoria dell’amore, un impensabile dono di sé per la salvezza del mondo. Un Dio sconfitto per amore, un Dio che, contro ogni logica umana, manifesta al contrario la sua vittoria assoluta nel dono di sé stesso e nel perdono. Lui si è messo completamente in gioco, consegnandosi al mondo: non in maniera nascosta, non misteriosamente, ma in modo evidente, provocatoriamente evidente! Pur di piegare la durezza del cuore umano, ha accettato l’ignominia e il supplizio della croce.
Gesù, è venuto a dirci di Dio, a raccontarci il suo amore, la sua vicinanza, la sua misericordia. Lui, figlio del Padre, ci dona e ci dice veramente chi è Dio. E nonostante ciò tanti uomini, troppi ahimè, gli rispondono ancora: «No, grazie! Non ci serve un Dio così! Siamo adulti, persone “navigate”, sappiamo come vanno le cose: non vogliamo un Dio assillante, sempre attaccato; ne preferiamo uno più riservato, più distaccato, magari a volte anche scostante, permaloso; l’importante è che sia un Dio bonaccione, un po’ credulone, che quando “serve” lo possiamo facilmente confondere con la nostra parlantina e, con poco, tenercelo buono».
Beh, qualche volta, in fondo in fondo, forse preferiremmo anche noi un Dio così; un Dio che ci lasci soddisfare tranquillamente le nostre “voglie” umane, le piacevolezze di questa vita; un Dio che non ci costringa ad un costante, impegnativo, lavoro per “migliorare”, che non ci chieda di aderire completamente, esclusivamente, continuamente a Lui, alla sua volontà, ma che si accontenti di qualche piccola attenzione ogni tanto; insomma preferiremmo volentieri un Dio che non stia sempre, notte e giorno, con la telecamera in mano per documentare puntualmente ogni nostra infedeltà, ma semplicemente che le ignori, permettendoci di campare un po’ come meglio ci aggrada!  
Fortunatamente queste nostre “geniali” soluzioni alternative, non sono troppo frequenti: anche perché il maligno, evidente ispiratore di queste “trovate”, è più impegnato altrove nel fare al meglio il suo mestiere!
Proseguendo inoltre nella lettura del testo evangelico, una frase colpisce particolarmente la nostra attenzione: sono quelle parole di scherno lanciate a Gesù, innalzato sulla croce, da una folla delirante, eccitata: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso».
Sono parole che Luca attribuisce non solo alla gente, ma ai soldati pagani, ai capi, ai sacerdoti: tutti, insomma, con il loro ironico sarcasmo, lo invitano a scendere dalla croce, a mettere da parte le sue fantasie, a smettere di fare l’inviato di Dio proclamandosi Re: un Re che vorrebbe salvare il mondo, ma che non riesce a salvare neppure sé stesso. 
Gesù però, sulla croce, non raccoglie questo invito farneticante: Egli continua a pensare non a sé stesso, ma soltanto a noi: è la nostra salvezza che gli preme, è la salvezza di tutti gli uomini, perché la missione ricevuta dal Padre è una sola: redimere, salvare l’umanità, il mondo intero! Per questo Egli meritatamente può fregiarsi del titolo di Re dell’universo: lo è diventato rivestendo la nostra umanità: durante l’intera sua vita umana ha donato sé stesso a tutti, ha amato, ha aperto il suo cuore misericordioso ai peccatori, ai derelitti, agli afflitti, ai deboli, a tutti i bisognosi; e alla fine, dall’alto della croce, suo trono patibolare, si è immolato, vittima sacrificale, per l’intera umanità. 
Ma lassù, sul GolgotaGesù non è solo ad essere crocifisso: due ladroni stanno scontando la stessa pena; sono due malfattori, due uomini giustiziati secondo le leggi di quel tempo. La loro non è una condanna iniqua, come quella di Gesù: sono due malfattori, hanno derubato e ucciso. Sono uomini che nella loro vita hanno sbagliato tutto, hanno fallito, e ne sono ampiamente consapevoli. Il primo però non è per nulla pentito: anzi provoca Gesù, lo mette alla prova gridandogli: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!»: le sue parole non sono suggerite dall’amore, ma sono l’espressione di un uomo arrogante, vigliacco, di un egoista frustrato, pronto a qualunque compromesso pur di aver salva la vita. 
L’altro ladrone, invece, ha il cuore affranto, è confuso, pentito; dall’alto del suo patibolo, assiste impotente al martirio brutale, ingiusto, disumano, di quel mite “sconosciuto”, che si era dichiarato Figlio di Dio: e urla; urla a squarciagola tutto il suo sdegno, la sua rabbia contro l’insolenza del compagno: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena?», e con voce strozzata dall’angoscia e dal pianto si rivolge a Gesù implorando perdono, misericordia, grazia, salvezza. E subito una pace sconosciuta inonda il suo cuore: «In verità io ti dico: oggi sarai con me in paradiso!». 
Ecco: questa del delinquente pentito e trasformato dall’amore di Dio, è la vera icona del cristiano, di noi deboli e insicuri viandanti: è l’icona di colui che nelle sue miserie, nelle sue infedeltà, nei suoi tradimenti, capisce di potersi rivolgere fiduciosamente a Dio, capisce di potergli aprire completamente il proprio cuore e ottenere da Lui accoglienza, perdono, tenerezza, amore. 
E allora, nella nostra situazione umana altrettanto deficitaria e compromessa, prostrati ai piedi del nostro Re Crocifisso, riconosciamo anche noi con lo stesso spirito umile e contrito del buon ladrone e del centurione: «davvero quest’uomo è il Figlio di Dio!» "Sì, questi è veramente il nostro Dio, il nostro Re, quel Padre, che noi un giorno vogliamo incontrare!”. 
E se finora abbiamo vissuto senza interessarci a Lui, alla sua presenza, da oggi dobbiamo cambiare. Se finora ci siamo comportati egoisticamente con gli altri, con i nostri fratelli, da oggi dobbiamo cambiare. Se finora ci siamo disinteressati delle nostre infedeltà, dei nostri tradimenti, da oggi dobbiamo cambiare. Se finora abbiamo inveito contro Dio per le contrarietà che la vita ci riserva, da oggi dobbiamo cambiare. Se finora abbiamo vissuto nel disprezzo, nell’avversione, nella diffidenza, da oggi dobbiamo cambiare. 
Perché solo se cambiamo direzione, solo se invertiamo in questa vita il senso del nostro cammino, possiamo finalmente immetterci sull’unica strada sicura che conduce a Dio, che ci permette un giorno di raggiungerlo, per di unirci a Lui nel suo infinito, eterno amore. Amen.



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