giovedì 13 agosto 2020

16 Agosto 2020 – XX Domenica del Tempo Ordinario


“Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: Pietà di me, Signore, figlio di Davide!” (Mt 15, 21-28).

 Il vangelo racconta di una madre che è in ansia per la sorte della figlia. Gesù ha appena concluso una discussione con i farisei su cosa sia puro o impuro. I farisei ne facevano una questione formale, di regole, di leggi, e Gesù aveva tagliato corto: “Non sono le cose o i comportamenti che sono puri o impuri, è il cuore, è l'intenzione con cui fai le cose che le rende pure o impure”. In altre parole, riferito ai giorni nostri, frequentare la chiesa non è determinante per stabilire se siamo o non siamo buoni cristiani: tutto dipende dal perché ci andiamo, dalle nostre intenzioni, dal nostro cuore, da ciò che abbiamo dentro, da ciò che viviamo. Un principio che Gesù mette in evidenza anche nei confronti della donna del vangelo di oggi.  

Siamo in territorio pagano, nella zona di Tiro e di Sidone. Lungo la strada Gesù incontra una donna che gli chiede aiuto, ma Egli sembra non accorgersene, non si degna neppure di ascoltarla e continua per la sua strada. Strano comportamento, decisamente inconsueto per Gesù. Con gli stessi discepoli che gli chiedono di esaudire le richieste della donna, quantomeno per farla smettere di seguirli e di gridare, Gesù adotta un modo di esprimersi in stridente contrasto con le sue abitudini.

Noi ci saremmo senz’altro aspettati che Lui la ascoltasse secondo il suo solito, che accogliesse le sue richieste, che fosse misericordioso anche con lei. Ma Gesù vede le cose con altri occhi rispetto ai nostri: e ce lo fa capire subito, tornando al senso della discussione con i farisei di poco prima: non basta cioè desiderare di cambiare, di uscire da certe situazioni; non sono sufficienti le buone intenzioni. Bisogna essere convinti, consapevoli di ciò che si vuole o non si vuole, essere pronti ad accettare tutte le conseguenze e quindi agire risolutamente di conseguenza. Il desiderio, anche se forte, non basta, non è sufficiente.

Se Gesù avesse esaudito subito questa donna, nessuno avrebbe mai capito se era sincera o meno, se volesse a tutti i costi la guarigione della figlia; se fosse mossa da una fede autentica, in grado di affrontare qualunque contrarietà, qualunque umiliazione, pur di ottenere quello che chiedeva, oppure se si comportasse così, tanto per mettere Gesù alla prova.

Per questo Egli esaspera la situazione che gli si era presentata: adotta cioè lo stesso modo di ragionare del suo tempo, quella mentalità secondo cui i pagani (e questa donna era pagana) rispetto al popolo ebreo, agli “eletti”, erano considerati una razza inferiore, delle “pecore perdute” estranee quindi ad ogni progetto di salvezza messianica futura.

Partendo da qui, Gesù intende evidenziare la fondamentale novità del suo insegnamento: dopo essersi attenuto, come ebreo, alla mentalità corrente, con i fatti Egli ne dimostra l’assoluta incongruenza. Come se volesse dire: “Sono stato fin qui in linea con le Scritture e le vostre tradizioni: ora però voglio dimostrarvi la novità della mia missione: per me, pagano o ebreo che uno sia, non fa alcuna differenza; tutti meritano la mia stessa attenzione, ma ad una condizione: che le loro azioni e le loro parole siano coerenti con quello che pensano; tutti sono uguali ai miei occhi; ma l’importante, l’essenziale, è che lo spirito con cui essi si rivolgono a me sia sincero, senza secondi fini; perché è il loro retto comportamento, le loro oneste intenzioni, la sincerità dei loro cuori che li rendono graditi ai miei occhi e degni della mia attenzione!”.

Gesù è un uomo libero, assolutamente libero; libero di mettere in discussione la propria tradizione, sia religiosa che sociale: e ne dà immediatamente la prova.

Appena la donna ha superato l’esame sulla sua sincerità, e tutti i presenti hanno potuto constatare la “purezza” della sua fede, contenuta nella risposta sui “cagnolini” che si accontentano di ricevere anche solo le briciole che cadono dalla tavola degli “eletti”, Gesù cambia improvvisamente atteggiamento: sembra quasi sorpreso, colpito, meravigliato. Come se dicesse: “O donna, mi hai conquistato, non l’avrei mai pensato, non l'avrei mai detto. Mi sono sbagliato sul tuo conto; sia fatto come tu chiedi”. A questo punto la prova della donna è superata, Gesù l’ha capita, la figlia è guarita: ancora una volta la misericordia divina ha trionfato.

Possiamo cogliere qui, per inciso, un altro insegnamento: Se c'è da cambiare idea (e qui Gesù ha fatto vedere di averla cambiata!), se c’è da ricredersi rendendosi conto di aver sbagliato, ebbene, bisogna farlo! Non dobbiamo essere come quelli che rimangono sempre caparbiamente sulle loro posizioni, che non accettano mai, per principio, la possibilità che le cose possano essere diverse, che i tempi mutino, che le persone e le opinioni cambino. Chi non cambia mai, non va mai a fondo nelle cose, vive in superficie. Le sue corte radici non lo alimentano, non riesce a cambiare, a crescere, e la sua mente muore.

“Morte” infatti vuol dire rigidità, staticità, sepoltura, significa imbalsamare tutto, cose e persone. La vita al contrario è divenire, scorrere, mutazione. Tutto è proiettato nel futuro, niente rimane sempre uguale. Oggi non è ieri. Crescere è lasciarsi mettere in discussione. Chi cambia si rinnova, è sempre giovane, non si annoierà mai. Chi rimane immobile, sempre lo stesso, è già vecchio in partenza, la sua esistenza sarà atona, scontata, insignificante.

Ma torniamo al personaggio centrale del vangelo, alla donna Cananea, il cui comportamento merita altre considerazioni.

Lei dunque, straziata dalla sofferenza, decide di andare da Gesù perché sua figlia è in preda al demonio. Si sente in ansia, è giustamente preoccupata. Questa donna ama sua figlia, non c'è dubbio, ma l'amore non basta. Deve fare qualcosa di più, deve dimostrare con le parole e con i fatti tutto il suo amore.

Ma perché, raggiuntolo, lo implora a gran voce iniziando a chiedergli, prima di tutto, misericordia per sé stessa? “Pietà di me!”. Se è la figlia ad essere invalida, preda del demonio, meritevole di compassione, per quale motivo chiede pietà per sé e non direttamente per la figlia? Forse si sente in colpa per non riuscire più a sopportare le sue frequenti esplosioni di violenza? Oppure chiede perdono a Dio perché si sente lei colpevole della situazione a causa di sue colpe commesse nel passato? Non sappiamo: probabilmente la sua richiesta di perdono si spiega proprio con la mentalità di allora, secondo cui le disgrazie, le calamità che colpivano i figli erano la conseguenza delle colpe, dei “peccati”, commessi dai genitori. Forse la donna, in cuor suo, pensava: “Se e quando Dio perdonerà le mie colpe, mia figlia guarirà, perché è giusto che essendo io la causa della sua infermità, sia sempre io a procurarle la guarigione”.

La donna cananea è forte, decisa, ostinata: e quando Gesù, ignorando la sua richiesta, continua a camminare senza nemmeno voltarsi, invece di desistere come avremmo fatto noi, lei continua a seguirlo, insiste nel gridare, nell’invocare il suo aiuto.

I discepoli la guardano infastiditi, con un certo nervosismo. Ma lei non si arrende: riesce finalmente ad avvicinarsi a Gesù, si butta a terra e lo implora: “Signore, aiutami!”, ma Lui, di rimando, le risponde seccamente di no. “Che vuoi tu da me?”.

A questo punto delusione, rabbia, disperazione, avrebbero devastato il cuore di chiunque: chi non si sarebbe sentito umiliato, offeso, da tanta indifferenza?

Ma la cananea insiste: non ha pregiudizi e non teme giudizi, non teme impopolarità, non teme derisioni, e risponde con logica prontezza alla spiegazione di Gesù. È una donna gigantesca, battagliera, che non si arrende, perché la sua fede è profonda, convinta, inattaccabile; ed è grazie a questa sua insistenza, a questa sua energia interiore, che alla fine otterrà ciò che chiede: la guarigione della figlia.

Nel Padre Nostro, Gesù ci raccomanda di pregare: “Padre, sia fatta la tua volontà!”. Ma di fronte alla grande fede della donna, alla sua singolare perseveranza, Gesù fa un’eccezione: “Donna, sia fatta la tua volontà. Avvenga per te come desideri”.

Un significativo esempio di come, per ottenere, sia richiesta una fede convinta e dinamica: “credere”, infatti, è “volere ardentemente”, provarci con tutte le forze, agire, muoversi, crederci fino in fondo, fino all’impossibile, costi quel che costi. Perché l’importante, l’essenziale per Gesù, non è tanto “se” crediamo, ma “quanto” e “come” crediamo! Amen.

 

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