Con questo vangelo sulle tentazioni di Gesù, la liturgia ci introduce nel tempo di Quaresima. È chiaro che Matteo non vuole qui presentare un fatto storico, reale, bensì un “fatto teologico”; egli vuole cioè proporre alla nostra riflessione, traducendola in immagini, una realtà che Gesù ha vissuto e provato nella sua vita: la tentazione cioè di usare, in maniera diversa da come ha fatto, il suo potere di leader, di maestro e guida, nonché, in quanto Figlio, la sua profonda conoscenza di Dio-Padre. Praticamente Matteo ha concentrato, in quest’unico episodio, ciò che nella realtà Gesù ha sopportato lungo tutto l’arco della sua esistenza umana. Perché, per tutta la vita, Gesù fu continuamente “tentato” di seguire altre strade (godimento, possesso, potenza) rispetto a quella da Lui scelta, l’unica strada della Croce.
Fatte queste precisazioni, leggiamo dunque il vangelo: “Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto”. Cosa vuol dire? Gesù un attimo prima, durante il battesimo, aveva ricevuto lo Spirito: si erano cioè aperti i cieli e lo Spirito di Dio era sceso su di lui. Uno Spirito che è Amore: “Questi è il Figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto”; e Gesù percepisce Dio come Padre, come accoglienza, come presenza, come abbraccio, come amore incondizionato, come amore di predilezione. Ora, quello stesso Spirito, lo spinge, lo manda, lo conduce nel deserto. È lo stesso Dio-Amore di prima, ma questa volta lo manda laggiù, in balia delle prove, del demonio.
Questo ci aiuta a capire quanto sia falsata la nostra immagine di Dio: per noi se una cosa è bella, buona, e soprattutto se non ci fa soffrire, vuol dire che viene da Dio; se una cosa, invece, è dura, ostica, dolorosa, difficile, vuol dire che viene dal diavolo, dal male. Non ci sono alternative. In realtà tutto ciò che ci riguarda proviene da Dio: è Lui che “vuole” il nostro bene, è Lui che “permette” il nostro male, per farci raggiungere il bene. Sì, Lui lo permette: perché il male rappresenta un passaggio necessario per la nostra conversione, per la nostra perfezione; un passaggio che dobbiamo affrontare e superare.
Il male non è il “tentatore” e la prova: sono le nostre azioni rivolte contro l’Amore. Il serpente, il demonio, è semplicemente un ostacolo da evitare, un passaggio obbligato, una “prova” che tutti dobbiamo superare per evolvere, per poter liberare tutta l'energia e le potenzialità che sono dentro di noi. Satana, l'avversario, svolge soltanto una funzione utile e necessaria per progredire nella nostra vita.
Dobbiamo fare attenzione perché molto spesso noi vediamo il diavolo ovunque. È molto più semplice scaricare ogni nostra responsabilità sul demonio, piuttosto che affrontare i problemi. Ci piace tanto compatirci, fare i rassegnati, i fatalisti: “che posso farci? è colpa del diavolo!”.
Ma non è così: non giochiamo con noi stessi, non facciamo gli scaricabarile come Adamo ed Eva nell’Eden: Satana il tentatore fa solo il suo mestiere, è soltanto un ostacolo, una barriera da superare: e noi siamo chiamati a compiere questo passaggio necessario, a superare questa prova, perché è così che facciamo emergere quel qualcosa di prezioso che è nascosto in noi. È Dio stesso che ci chiama a superare gli ostacoli che il diavolo pone sul nostro cammino. È Lui che lo permette: in sostanza Lui vuole che noi affrontiamo e combattiamo i nostri demoni, perché è così che ne riusciremo vincitori, non certo fuggendo continuamente! È lo Spirito che spinge Gesù nel deserto, che lo costringe a confrontarsi con i suoi demoni; è lo stesso Spirito che, per amore, chiede a noi di affrontare faccia a faccia le difficoltà, le prove, per uscirne decisamente arricchiti, vittoriosi, positivi.
La parola “tentazione” (in greco peirazo) vuol dire infatti “mettere alla prova, verificare, fare un test”. Un po’ come succede a scuola: prima ci vengono spiegate le varie materie, per studiarle e capirle; poi arrivano le “verifiche”, le “prove” da superare; ed è esattamente in questi esami che dobbiamo dimostrare di aver raggiunto la nostra “maturità”.
Nella vita spirituale succede la stessa cosa. La tentazione, la prova, non è Dio che si diverte a farci sbagliare; che ci seduce per vedere se cediamo. No: le tentazioni, le prove, servono a noi, ci sono necessarie per dimostrare che siamo “maturi”, che il nostro cuore sa il fatto suo, che sa trarre dalle difficoltà utili progressi nella sequela del Maestro.
Per questo dobbiamo entrare nel “deserto”, dobbiamo accettare di essere tentati, dobbiamo affrontare i nostri demoni. Nel deserto non c'è niente e nessuno: ed è allora che emergono le grandi domande: “Cosa voglio dalla mia vita? Cosa sono disposto a rischiare? Quanto? A che livello voglio vivere? Quali sono le paure che mi frenano? Quali sono le bugie che mi racconto? Mi va di ascoltare le voci che ho dentro?”. Domande che nel silenzio aspettano una nostra risposta. Perché possiamo essere sfuggenti, possiamo mentire a tutti, ma non a noi stessi. Possiamo “raccontarla” a tutti, ma mai al nostro io più intimo.
Ogni nostra discesa nell'ombra, nel deserto, ottiene peraltro un dono di luce. I grandi regali per il nostro compleanno non aspettiamoceli dagli altri; ce li facciamo da noi, se abbiamo il coraggio di entrare nel nostro deserto, nelle nostre zone buie. Perché è lì dentro che sono nascoste tutte le cose più belle di noi. Tutti i tesori sono infatti ben nascosti; tutte le perle più preziose sono nel fondo del mare, dentro le ostriche.
La pienezza, la soddisfazione, non è data dall'aver tante cose, ma dal saperle “tirar fuori”, dal saper estrarre i doni, i regali, le ricchezze che sono già dentro di noi, ma che morirebbero con noi, se non avessimo il coraggio di andarle a prendere. Ma per arrivare a ciò, ci vuole tanto tempo (quaranta giorni…) e tanta fatica (alla fine ebbe fame…).
E concludo: vogliamo seguire davvero Gesù? Ci vuole tempo, impegno, studio, passione. Vogliamo diventare persone capaci di amare veramente i fratelli? Ci vuole ugualmente tempo, impegno, studio, passione. “È il tempo che tu dedichi alla tua rosa che la fa importante”, diceva il Piccolo Principe. Se noi non dedichiamo tempo, lavoro, applicazione ad una cosa, vuol dire che per noi quella cosa non è importante. Tutti i nostri desideri, le nostre terre promesse, hanno bisogno di un lungo cammino, di numerose “prove”, per essere raggiunti. Tutto ciò che è grande, richiede qualcosa di grande. Una sera dopo un applauditissimo concerto, il maestro Andrés Segovia, considerato il più grande chitarrista di tutti i tempi, fu avvicinato da un ammiratore che estasiato gli disse: “Maestro, darei la vita per suonare come lei!”. Segovia lo fissò intensamente e rispose: “È esattamente il prezzo che ho pagato io!”.
Ricordiamolo bene: più una cosa è grande, più il costo è elevato; più alta è la vetta da raggiungere, più fatica fisica è richiesta; più è nobile la meta che ci siamo prefissata, più si frappongono “tentazioni” per farci desistere. Non abbandoniamoci al nulla, all’aridità del deserto. Reagiamo. Le tentazioni, le prove, non devono farci paura: ci irrobustiscono, sono la nostra sfida; ci costringono a togliere dal cuore le sedimentazioni della nostra mediocrità, per far brillare in tutta la sua potenza la luce del nostro amore. Amen.
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