mercoledì 12 febbraio 2014

16 Febbraio 2014 – VI Domenica del Tempo Ordinario

«Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento» (Mt 5,17-37).
Un vangelo all’apparenza contraddittorio quello di oggi. Dapprima sentiamo Gesù che conferma in pieno la validità della Legge antica, e subito dopo lo sentiamo puntualizzare, mettere dei paletti, introdurre delle vere e proprie rettifiche. Ma nessuna contraddizione in ciò: lo dice Lui stesso: “sono venuto per dare compimento”, sono venuto cioè a ridare alla Legge il suo autentico significato. Gesù in pratica - sul problema dell’osservanza dei precetti - ha voluto spostare la nostra attenzione da un piano puramente materiale, legale, ad un piano spirituale, molto più vasto, che coinvolge anche le nostre intenzioni, il nostro cuore.
Gesù, in una parola, va ben oltre l’osservanza formale della legge. Ad un certo punto sembra dire: “Basta, così non si può più andare avanti. Il vostro rapporto con Dio non può continuare a basarsi soltanto sull’osservanza esteriore e materiale della Legge; non potete riempirvi la bocca dicendo: Noi siamo ebrei, noi siamo figli di Abramo, noi siamo il popolo dell’Alleanza, e poi fate quello che volete. Non potete più giustificarvi dicendo che ciò che fate è volontà di Dio, parola di Dio, quando Dio in realtà non c'entra proprio per nulla”.
Per questo precisa: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» (5,20); era noto infatti che la maniacale osservanza, la giustizia, il modo di intendere Dio, degli scribi e dei farisei, era tutta una costruzione fittizia, puramente legalista, apparente.
A quel tempo tutti pensavano che se una cosa era scritta nella Bibbia, si poteva e si doveva fare comunque; “se la Legge dice così, si deve fare così!”. Gesù invece dice: “No, neanche per sogno! Non dovete essere “ottusi”, non dovete preoccuparvi solo di quello che è scritto, ma del perché è scritto; dovete preoccuparvi di cosa Dio vuole da voi, e lo capirete soltanto se è l’amore che vi guida, se le vostre azioni sono mosse dalla carità, dalla retta intenzione, dal totale coinvolgimento della vostra anima, piuttosto che dall’adeguarvi senza alcuna convinzione, dal lasciarvi coinvolgere solo meccanicamente”. Il cuore della Parola di Dio è l’amore, perché Dio è Amore. Quindi, al limite, se la Bibbia prescrive qualcosa che va contro l'amore, lo fa andando contro Dio: è questa l’essenza della “rivoluzione” di Gesù. Certo, per un ebreo, fiero di essere il privilegiato da Dio, doveva essere dura sentirsi parlare in questo modo! Il suo orgoglio andava in frantumi: e proprio per questo Gesù era così odiato dagli ebrei più ortodossi.
Anche noi però dimostriamo talvolta di avere questa stessa mentalità. Quante volte anche noi cristiani ci nascondiamo volentieri dietro le “regole”! “Vado in chiesa tutte le domeniche, osservo i precetti, mi comporto da bravo cristiano, rispetto il prossimo, trovo simpatia per il Papa, la Chiesa ecc.; insomma non faccio mai nulla di male!”. E quando diciamo così, ci aspettiamo ovviamente che ci dicano: “Ma che bravo!”.
Ma non siamo “bravi” proprio per nulla! Perché ci comportiamo così solo per nostra soddisfazione, per sentirci bravi, in regola, rispettabili e rispettati; facciamo le cose solo superficialmente, meccanicamente, “per sentirci a posto”, a scanso di eventuali “sorprese” (non si sa mai!). Siamo dei bravi “osservanti”, ma non dei bravi cristiani. Perché nel nostro “fare”, nel nostro “rispettare” la legge di Dio, non c’è Amore, non c’è Dio, ma soltanto noi stessi.
Se la moglie dicesse al marito: “Ti amo perché lo dice la Bibbia”, quanto amato si sentirebbe quel poveraccio? Lui non vuole certo essere amato perché lo dice la Bibbia! ma perché lei lo ama per davvero, con tutto il suo cuore, con tutta se stessa, perché è veramente innamorata di lui. Amare a comando, significa non amare, essere vuoti, sterili; significa non aver nulla di meraviglioso da dare; significa avere un cuore gelido, arido. Significa insomma rinunciare alla Vita.
Questa è la “legge nuova” di Gesù. Ma allora Gesù abolisce l'Antica Alleanza? Assolutamente no, la riporta semplicemente al suo vero, profondo, autentico spirito. La fa passare cioè dall'esteriorità (sono fedele a Dio perché osservo i suoi precetti) all'interiorità (sono fedele a Dio perché lo seguo per amore, vivo nell'amore). È in questo senso che Gesù è “venuto a dare compimento”, a far evolvere l'antica alleanza. Nel senso che i criteri di Gesù non sono più quelli “del tempo antico”. Egli cioè non rompe con gli antichi, ma con tutto ciò che la gente attribuiva agli antichi, con tutto ciò che facevano passare per ovvio, per scontato, insomma per “legge”; si mette contro l'interpretazione falsa e stupida che la gente dava degli “antichi”. Perché gli antichi, nelle loro leggi, avevano riposto un significato ben più completo e importante.
Gesù è un ebreo e sa benissimo che le norme e le leggi hanno un senso profondo. La legge del sabato, ad esempio, a noi può sembrare stupida per come era applicata. Gesù, invece, ne capisce benissimo il senso, capisce che la sua portata è molto più vasta: per cui se la legge prevede “Nessun lavoro di sabato”, non ci si può fermare ad una interpretazione legalistica, assurda, fuori dalla realtà. Egli infatti precisa: “È ovvio che se di sabato una pecora ti cade in un fosso, l'afferri e la tiri fuori” (Mt 12,11).
Oppure con i sacrifici al tempio: chi aveva peccato (frodato, rubato, ecc.), veniva riammesso nella comunità israelitica attraverso il “sacrificio” della “restituzione”. Lo scopo vero del sacrificio era quindi quello di pentirsi e di ottenere il perdono. Perfetto: ma Gesù se la prende non con i sacrifici in sé, ma con quei sacrifici fatti soltanto per essere a posto con la propria coscienza, fatti un po’ per “comprarsi” Dio, per essere “riabilitati” davanti agli altri, non certo come gesto di sincero pentimento per le proprie malefatte. Ancor prima di qualunque offerta o sacrificio, precisa Gesù, è necessario chiedere perdono, bisogna riappacificarsi sul serio con il “fratello” offeso.
Le leggi evolvono anche. Gesù non dice: “Abramo, Mosè e gli antichi, hanno sbagliato”. Loro sono stati molto importanti per quel tempo; meno male che ci sono stati! Ma adesso sappiamo cose che una volta non sapevamo; adesso abbiamo capito che Dio non è più un giudice che se sbagliamo ci punisce; abbiamo capito che Dio è amore; abbiamo capito che Dio non è esclusiva di pochi, di un popolo, ma il Dio di tutti, del mondo intero; adesso abbiamo capito che Dio è amore, misericordia, compassione, tenerezza per tutti, anche per le donne, per i bambini, per gli esclusi, i lebbrosi, i peccatori. Questo loro non lo sapevano: e noi non possiamo giudicarli per questo. Teniamo il buono e lasciamo ciò che non è più buono. Non rimaniamo attaccati alle regole: le regole sono fatte per l'uomo e non l'uomo per le regole (Mc 2,27). Le regole servono per vivere, ma quando diventano contro la vita, non servono più e devono essere rinnovate, sostituite da altre.
Vi ricordate? Una volta le donne non votavano. Poi si è capito il valore della parità di dignità tra uomo e donna e allora la regola è cambiata. In Italia la donna vota dal 1946; il primo Stato in cui la donna ha votato è stato la Nuova Zelanda nel 1893. Le leggi cambiano in base all'evoluzione della gente. Non dobbiamo attaccarci alle regole ma allo spirito che sta dietro alle regole. I valori durano sempre; le regole, che sono soltanto delle “concretizzazioni” dei valori, possono cambiare. Finché ci aiutano, le rispettiamo; quando non ci aiutano più le superiamo e ne facciamo delle altre.
Noi insomma non dobbiamo lasciarci condizionare dall’esteriorità, che è sempre mutevole, o dai “si è fatto sempre così”. Dobbiamo andare in profondità, Dobbiamo agire soprattutto in maniera strettamente coerente con la nostra coscienza. Dobbiamo essere uomini d’un pezzo: il nostro parlare deve essere “sì, sì; no, no”. Dobbiamo, come dice Gesù, essere uomini liberi, uomini franchi e veri. Non dobbiamo lasciarci vivere nei compromessi, nel doppio senso, nella ricerca egoistica del nostro “star bene”, costi quel che costi; dobbiamo avere il coraggio delle nostre parole e delle nostre azioni; non nascondiamoci dietro le fantasie.
Anche a costo di andare controcorrente. Quante volte abbiamo il terrore di esporci! Quante volte eludiamo le nostre vere responsabilità! Ebbene, dobbiamo avere il coraggio di uscire allo scoperto, di parlare francamente, di comportarci da “cristiani”, da uomini e donne vere: “Sì,sì, no, no”, dice Gesù. Il “politichese” non è il linguaggio di Cristo. Impariamo da Lui. Amen.
 

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