mercoledì 26 ottobre 2011

30 Ottobre 2011 – XXXI Domenica del Tempo Ordinario

«Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili... sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito...»
Nella discussione con gli scribi e i farisei Gesù denuncia in particolare l'incoerenza e l'ipocrisia e ne ricava per tutti un magistrale insegnamento. Ormai conosciamo molto bene il comportamento usuale degli scribi e dei farisei: conoscevano perfettamente la legge della Bibbia, la insegnavano, ma erano anche maestri nel trovare tutte le scappatoie e le eccezioni per non mettere in pratica ciò che insegnavano. Se poi capitava che osservassero la legge, si mettevano bene in mostra, si pavoneggiavano, cercando di passare come persone giuste, fedeli, osservanti e in regola, disprezzando chi non era al loro livello; non tolleravano le debolezze degli altri, e invece di aiutarli, li condannavano, deridendoli. Ebbene: Gesù, gente come quella, la mette immediatamente al bando. La isola: “Siate rispettosi di quello che essi insegnano, perché la Legge la conoscono bene e la sanno predicare altrettanto bene, ma non seguite il loro esempio; non fate come fanno loro, non meritano la vostra attenzione, perché sono incoerenti, fasulli, gente che predica bene ma razzola male”.
Ovviamente, con le parole di oggi, Gesù non si rivolge soltanto ai suoi discepoli, a quanti lo seguivano: ma parla anche noi, a noi persone evolute e razionali del XXI secolo: parla soprattutto a noi, catechisti impegnati, cattolici praticanti, religiosi istruiti; parla a noi, chiamati a insegnare, a testimoniare il vangelo, a noi mandati a portare il lieto annuncio di liberazione e di vita ai poveri, ai peccatori, ai deboli del nostro tempo.
Gesù parla alludendo proprio alla nostra vita concreta, a come viviamo, al comportamento dei “maestri” della nostra epoca, dei nostri giorni.
Certo che noi, uomini tecnologici, siamo proprio strani! Ci dichiariamo in tutti i modi, a volte anche con la violenza, contrari a qualsiasi forma di autoritarismo, di obbligo, di coercizione; ci indispettiamo se qualcuno sopra di noi fa pesare il suo ruolo, la sua carica; siamo tutti, giustamente, vogliosi di autonomia e di libertà: eppure, fratelli miei, non sappiamo fare a meno del “guru” di turno, del “profeta”, del mistico che, da buon ciarlatano, pretende di darci il rimedio infallibile per i nostri problemi; di colui che, attraverso i mezzi più ridicoli (carte, oroscopi ecc.), sostiene di avere per noi il consiglio mirato, la dritta garantita su come affrontare la nostra “fragile” vita.
Anche per questo il nostro è un tempo strapieno di maestri, di tuttologi, di opinionisti; più aumenta il senso di insicurezza, più si espande la relatività del pensiero, e più ancora aumentano coloro che hanno qualcosa da dire, che sono esclusivisti della soluzione giusta. Sappiamo che sono degli pseudo maestri, ma quanti di loro, fratelli miei, sono diventati anche per noi un punto di riferimento: in televisione, sui giornali, nei mezzi di comunicazione, negli ambienti di lavoro, nella scuola, in politica, in campo sociale! Maestri che straparlano tutti, che sbraitano, urlano, che vogliono imporsi: non importa su chi e su che cosa, se in positivo o in negativo, l’importante per loro è urlare, apparire, esserci.
Al contrario Gesù, nella sua compostezza, è pratico, chiaro come sempre: egli ci spiega molto concretamente come dobbiamo vivere nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie, come dobbiamo edificarci vicendevolmente nell'amore e nella pace, come dobbiamo educare i nostri figli.
Sono le realtà portanti della vita, e con queste realtà noi dobbiamo confrontarci ogni giorno; è in riferimento ad esse che noi dobbiamo esaminarci in particolare sulla nostra coerenza e sincerità, per non indulgere minimamente all’incoerenza e all'ipocrisia, così facili e frequenti. Insegnamenti importanti, quelli di Gesù, soprattutto per noi che abbiamo il ruolo educativo di dare il buon esempio; e noi in particolare siamo invitati a esaminarci seriamente, tutti: sacerdoti, religiosi, suore, catechisti, collaboratori parrocchiali, genitori, insegnanti; dobbiamo chiederci onestamente: crediamo veramente in quello che insegniamo? Lo viviamo coerentemente, con tutto il cuore, con amore cristiano? Io consacrato che insegno a pregare e guido la preghiera, amo la preghiera? Dedico tempo alla mia preghiera personale? Mi preparo alla preghiera comune? Io, genitore, che desidero che i miei figli crescano in parrocchia, che vadano al catechismo, che frequentino la chiesa: io, sono attivo in parrocchia? faccio la mia parte con passione? Cerco una formazione cristiana che sia adatta alla mia età e alla mia situazione? Vado a messa, e soprattutto la vivo poi con tutta l'adesione del cuore?
E così via anche per tutti i vari doveri e impegni della nostra vita sociale, di famiglia, di scuola, di lavoro.
Perché, fratelli, siamo chiamati ad essere comunità cristiane che annunciano il vangelo con la vita e le parole; siamo chiamati a comportarci da adulti: noi nei confronti dei giovani, e i giovani nei confronti dei più piccoli; dobbiamo essere tutti delle persone che testimoniano l'amore sia nel cuore che nelle opere. Chiaramente, chi vive compiti istituzionali, sociali, politici, mediatici o altro, chi in altre parole gode di maggior prestigio e visibilità, è ancor più responsabile della sua coerenza; non serve a niente fare bellissimi discorsi se poi non si vive per primi l'onestà, la correttezza, lo spirito dei valori umani e cristiani.
Ecco, fratelli: è questo che ci sottolinea oggi il Signore: e preghiamo perché ci aiuti a seguirlo anche in questo!
È chiaro che per essere veramente in regola, dobbiamo affidarci al giudizio di qualcun altro che ci indichi con onestà dove veniamo meno, dove siamo incoerenti, dove costruiamo i nostri sotterfugi, dove pretendiamo dagli altri ciò che poi noi non facciamo, dove ci piace farci vedere, apparire, dove cioè siamo così sfacciatamente sostenitori del nostro io, da diventare addirittura antipatici; dove badiamo più alle esteriorità o alle consuetudini sociali, piuttosto che misurarci con l'amore e la verità di Dio.
Come ho già detto, ognuno di noi, anche se inconsciamente, ha scelto un suo maestro (o più di uno) cui affidarsi: l'opinione della gente, i propri appetiti, il vincente di turno, la star del momento, il personaggio di spicco, il prete mediatico e onnipresente, l'astrologo di grido. Ma non prendiamoci in giro, non rendiamoci ridicoli! Noi abbiamo ben altro a cui pensare; noi cristiani abbiamo già un unico e insostituibile Maestro, quello autentico, il Maestro per eccellenza: Gesù Cristo!
Non ci servono surrogati, non abbiamo bisogno di sedicenti profeti, santoni, futurologi, imbroglioni e parolai da strapazzo: noi abbiamo già il migliore in assoluto. Dobbiamo seguire solo Lui; è Lui che dobbiamo avere al centro della nostra vita; sono soltanto Sue le parole,  Suoi i gesti, su cui dobbiamo riflettere da adulti, con passione ferma e critica, con la sincerità del cuore, senza deleghe. Tutti siamo chiamati alla scoperta di questo Dio adulto che ci tratta da adulti. In che modo? Vivendo come Lui, facendoci servi dei nostri fratelli, come lui ci ha insegnato: “Il più grande tra voi sia servo”. Possibile? Sì, tranquilli: è proprio Lui che parla, Lui, il Cristo Re mite e umile di cuore, che per noi si è fatto uomo, servo, si è annientato, accettando di morire crocifisso.
Solo riflettendo su questo, fratelli, capiremo il vero significato di “autorità”: una parola tanto ambita e usurpata, ma che nella nostra comunità cristiana assume un senso particolare: che non è assolutamente quello di dominio, di comando, ma di puro servizio, di umile ministero.
«Voi siete tutti fratelli…». È la logica conseguenza del nostro metterci al Suo servizio, dell'accettarlo come Maestro e diventare figli di uno stesso Padre: tutti fratelli, tutti ugualmente salvati, tutti ugualmente perdonati.
Ognuno di noi, però, con un ruolo, un compito, un ministero: i vescovi quello di mantenere la fede nella Chiesa e di annunciare la Parola; i presbiteri quello di aiutare i Vescovi nell'annuncio e di costruire comunità; i laici quello di santificarsi e di annunciare il Vangelo nel loro contesto di vita. E tutti in armonia, tutti uniti nella comune appartenenza a quella fede soprannaturale ottenuta mediante il Battesimo; nessun Maestro, ma solo fratelli chiamati a ruoli specifici. Perché, in buona sostanza, essere fratelli significa che tutti ci prendiamo cura del buon andamento della Comunità, abbandonando un modo di essere Chiesa asfittico e senza vita, per raggiungere la meravigliosa scoperta di essere tutti figli di Dio, sia nella fatica della sopportazione reciproca e delle diversità, che nella stessa visione evangelica delle comuni scelte obbligatorie. Essere fratelli significa evitare in tutti i modi che nelle comunità prevalga l'aspetto umano, le simpatie, le antipatie, introducendo il rischio descritto da Gesù, di diventare cioè professionisti del sacro, primi della classe, ma con l’anima vuota. Evitiamo pertanto, di pretendere che il nostro modo di vivere l'esperienza cristiana sia “il” modo, l’unico possibile, l’unico giusto. Ricordiamoci, fratelli, che il Vangelo è uno; e che le varie sensibilità - che sono molte poiché lo Spirito suscita sempre nuove esperienze - pur appartenendo alla Chiesa, non sono “la” Chiesa. Una cosa invece è assolutamente certa, trasversale, valida per tutti: chi vuole essere “grande”, deve “abbassarsi”. Non c’è alternativa. Perché è nell'abbassamento che sta il segreto della vita cristiana. Chi vive l'umiltà, sa dare valore a quelle cose che sembrano piccole, ma che invece sono grandi, importanti, essenziali. Chi vive lo stile di Gesù, sa che nella Chiesa non esistono più posizioni irrilevanti, di poco conto, ma tutto acquista un nuovo valore, un nuovo significato: proprio perché nella Chiesa ognuno ha un suo compito insostituibile, ognuno ha la sua esperienza e la sua sensibilità, ognuno vive i carismi avuti da Dio. Non allo sbando, ma tutti uniti e concordi: perché il collante che ci unisce tutti è il Signore Gesù: l'unico Maestro infallibile.
«Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Dobbiamo necessariamente essere umili. Una virtù grande l’umiltà: è la vera virtù dei forti; una virtù che in teoria tutti consideriamo necessaria, ma che nella pratica difficilmente riusciamo a fare nostra. Una virtù che il mondo non comprende, trovandola semplicemente assurda, degradante, che deprime e svilisce la personalità; l'umile è un debole, un buono a niente, uno senza carattere che non potrà mai sfondare nella vita.
Nulla di ciò, fratelli: per diventare umili, bisogna invece amare. E non è cosa da inetti. Bisogna amare molto. Come ha fatto Gesù: l’amore misericordioso l’ha fatto scendere dal cielo; l’amore l’ha spinto sulle strade della Palestina; l’amore l’ha condotto a cercare i malati, i peccatori, i sofferenti. Lo stesso amore l’ha portato senza indugi sul Calvario, dove “umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte di croce”.
L’umiltà è stata la forma esteriore della sua carità divina, la sua fedele accompagnatrice in tutta la sua vita terrena. L’umiltà è stata anche l’atteggiamento convinto per cui Dio “ha guardato” con ammirazione la nostra santa Mamma, facendo in lei “grandi cose” e rendendola “beata” presso tutte le generazioni della terra. Maria era umile perché amava la volontà di Dio e rispettava quella delle persone che erano intorno a lei.
“Chi si umilia sarà esaltato”. C'è un modo immediatamente pratico per rendere esecutiva questa frase del Vangelo: con il servizio. Con la carità: sapendo che in ogni persona che incontriamo, incontriamo nostro Signore Gesù, e in ognuna di esse, abbiamo il privilegio di servirLo. Si, fratelli miei: la vera umiltà consiste nel guardare attentamente il Volto di nostro Signore, sicuri che in Lui possiamo leggere il volto riflesso dei nostri fratelli. In Lui troviamo la giusta via da percorrere nel nostro vivere quotidiano; e sempre in Lui possiamo vedere come la nostra vita sia sterile, arida e assolutamente inutile, se non la viviamo protesi nell'amore umile verso Lui e verso i fratelli. Amen.




 

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