Fede, fiducia, fidarsi, affidarsi: sono termini che costituiscono il filo conduttore della Parola di oggi.
Ci viene presentato un Abacuc in preda allo sconforto: come non capirlo? Il popolo di Israele – piccolo e ostinato – per sopravvivere, deve continuamente lottare contro giganti: egiziani e assiri prima, babilonesi poi...; tutta la sua storia è un susseguirsi di invasioni, colpi di stato, tragedie e ingiustizie. Ora, ai confini di Israele premono i Caldei. Il profeta, esasperato, rivolge la propria preghiera a Dio: ha un bel difenderlo davanti al popolo, ma come si fa a suscitare la fede in un popolo esasperato? Dio però risponde invitando entrambi, Abacuc e Israele, alla fede, a conservare la fiducia, a fidarsi di Lui. Egli promette di stringere tra le proprie braccia e con immenso affetto – come è successo domenica scorsa con Lazzaro – il giusto che vive a causa della fede.
Del resto vi sono sempre, ieri e oggi, profeti che si scontrano continuamente contro la stessa preoccupazione: dov'è Dio quando l'uomo si scatena con la sua violenza? Quando nel mondo prevale la tenebra? Quando il giusto è irriso e disprezzato?
La Parola di oggi ci risponde emblematicamente: solo con una fede incrollabile l'uomo può sempre osare. Abacuc è invitato a fidarsi, Timoteo riceve una commovente lettera da Paolo prigioniero ed è invitato a fare memoria della propria vocazione episcopale; gli apostoli, dopo un primo galvanizzante momento di euforia per i successi conseguiti dal Nazareno, cominciano a scontrarsi con i loro limiti e con le ostilità di alcuni farisei, e sentono la fiammella (timida) del loro credere vacillare lentamente.
Fidatevi, dice la Parola: fidati, affidati, diffida delle tue presunte certezze. La fede è il ragionevole abbandonarsi nelle braccia dell'amato, nel gesto incosciente e ovvio del bambino che si getta fra le braccia del padre.
Non siamo chiamati a fidarci di un mistero impenetrabile e astruso, a credere ciecamente agli ordini di una divinità, ad abbassare la testa alla volontà ostica e incomprensibile di una "moloch" a cui dobbiamo credere, costi quel che costi.
È il Dio di Israele che chiede fiducia: il Dio che ha camminato nel deserto e sofferto; il Dio che ha accompagnato e illuminato una tribù di beduini facendola diventare popolo della speranza; il Dio che ha illuminato i re di Israele, il Dio che ha strappato degli uomini dal pascolo e dalla terra, consacrandoli profeti; il Dio che – esausto – è diventato uomo (fragilità, stanchezza, sudore, decisione, rischio) per raccontarsi; è questo Dio che chiede fiducia, non uno qualsiasi.
Il Dio che ha dimostrato milioni di volte quanto dolorosamente ama.
È in Lui che dobbiamo avere fiducia. Fiducia nel Nazareno rivelatore del padre, figlio del Dio benedetto che ha sconvolto la vita dei suoi discepoli svelando il volto del Padre morendo sulla croce.
“Fidatevi almeno quanto un granellino di senapa”, dice il Maestro.
Abacuc non lo sa, ma l'ennesimo scontro con una cultura straniera obbligherà Israele a riscoprire le proprie radici e diventare (tornare ad essere?) segno nel mondo.
Paolo non lo sa, ma le sue parole doloranti e aspre saranno prese dallo Spirito Santo e riempite di Dio, per consentire a noi, oggi, di poter leggere la Parola di Dio proprio attraverso le labbra screpolate di Paolo, lo scoraggiato e irrequieto apostolo.
Pietro e Giovanni e gli altri non lo sanno, ma la loro fede, più piccola di un granellino di senapa, crescerà e diventerà un immenso albero alla cui ombra ci riposiamo noi, impauriti discepoli del terzo millennio...
Purtroppo viviamo tempi difficili (ma sono forse mai esistiti tempi "facili"?); a volte noi credenti abbiamo l'impressione di essere messi all'angolo, di essere attaccati nell'essenza stessa della nostra fede.
Nell’indifferenza generale, si insinua l'idea che tutte le fedi siano destinate a diventare radicalismi, che ogni istituzione (Chiesa compresa) esista soltanto per consentire a poche persone di conservare i propri privilegi. Non passa giorno che sui quotidiani finiscano vicende di chiesa – a volte anche gravi e da trattarsi con la dovuta severità, come ci ha insegnato il Santo Padre – che sono trattate pretestuosamente e spesso distorte per inoculare veleno nei fedeli.
E quando si toglie Dio, non è vero che non si crede più in nulla: si finisce col credere in tutto.
Per questo la Chiesa è chiamata ad affrontare questi tempi senza ergere steccati, senza parlare la stessa lingua o battere la stessa moneta di questo mondo imbarbarito.
Quando il mondo parla a sproposito della Chiesa, la Chiesa è chiamata a parlare di Cristo. E a fidarsi di Lui, il Maestro, che non l'ha mai abbandonata anche quando i cristiani, di questa Chiesa, ne smontavano la credibilità pezzo per pezzo...
Fidarsi del Maestro, ricordarci sempre di essere semplici servi, assolutamente inutili.
Abbandoniamoci dunque nelle braccia di Dio; ma sul serio, non per finta. Ci sono infatti persone che – con l'acqua alla gola – mettono alla prova Dio: si fidano a parole ma non si staccano dalla riva per prendere il largo. A volte la nostra vita è irrequieta e piena di dubbi ma non ce ne stacchiamo; invochiamo Dio, senza poi lasciargli la possibilità di agire e di salvarci; invochiamo Dio, sì, spiegandogli, però, cosa deve o non deve fare.
Allora due provocazioni, fratelli: vogliamo essere veramente dei discepoli? Mettiamo la nostra vita e la nostra volontà nelle mani del Maestro: non a parole ma sul serio.
Ma facciamo bene attenzione però: perché normalmente Dio ascolta le preghiere, e lo fa in maniera così clamorosa da lasciarci senza parole; per cui l'unico serio rischio di tutto questo è che poi dobbiamo agire di conseguenza, abbandonandoci interamente a Dio, e diventare santi! E non a parole questa volta, ma sul serio!
Altra provocazione: ricordiamoci sempre che siamo servi inutili, cari fratelli e sorelle.
Cioè il mondo è già stato redento, non siamo noi che lo dobbiamo salvare! A noi è chiesto semplicemente di vivere da salvati, di guardare oltre il nostro io, al di là dei nostri deliri di onnipotenza, aprendo il nostro cuore ai fratelli. A noi Gesù chiede di vivere come uomini di fede; a procedere nel nostro cammino di credenti con un cuore aperto e gravido di pace, generoso e accogliente; nella condivisione fraterna di tutto; con umiltà, leggerezza e semplicità.
Per tutto il resto lasciamo che sia Dio a fare il suo mestiere! Amen.
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