giovedì 15 ottobre 2009

18 Ottobre 2009 - XXIX Domenica del Tempo Ordinario

Nel Vangelo di oggi Giacomo e Giovanni, i due fratelli, figli di Zebedeo, chiedono a Gesù di sedere uno alla destra e uno alla sinistra del suo trono, naturalmente intendono quando finalmente sarà inaugurato il suo Regno, il Regno di Dio di cui tante volte Gesù aveva parlato.
Gesù risponde loro: Voi non sapete ciò che domandate. Il destino di Gesù sarebbe stato diverso da come i due pescatori diventati discepoli del Maestro di Nazareth, se lo immaginavano, e sarebbe stata diversa anche la costituzione della sua Chiesa, forma storica del Regno di Dio. Gesù andava incontro alla sua passione; egli lo sapeva e lo aveva anche preannunciato ai suoi apostoli. A quanto pare però essi, gli apostoli, non se ne rendevano conto e ragionavano in termini ancora troppo umani, secondo un orizzonte legato agli interessi di questo mondo.
E questo non basta, perché gli altri dieci apostoli essendosi accorti della manovra dei primi due fratelli si sdegnano della richiesta, si lamentano e sicuramente incominciano anche a rimproverare i due baldanzosi per la loro iniziativa.
Gesù prende l'occasione per istruire il gruppo dei dodici sul tema del potere e dell'autorità, nel mondo e dentro la Chiesa.
Coloro che sono ritenuti capi, dominano. Potremmo dire che in tanti concorrono, ma uno su mille ce la fa', perché il capo può essere uno solo. Da sempre il potere si basa sul consenso, ma questo può essere più o meno estorto e chi sta sopra comanda, mentre chi sta sotto obbedisce. Fra di voi però dice Gesù, riferendosi al nuovo popolo di Dio che sarà la Chiesa, non è così. La Chiesa dunque è, e dovrebbe essere il luogo, dove si vince il vizio della superbia, cioè dell'eccellenza ad ogni costo.
Il santo curato d'Ars diceva "Noi mettiamo la superbia dappertutto, come il sale.".
"È chiamato superbo chi vuol sembrare più di quello che è; superbo infatti è chi vuol andare al di sopra". Più precisamente la superbia è il desiderio di una grandezza sregolata.
"Chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti." così dice Gesù nel Vangelo e così è giusto che sia.
Gesù non condanna il desiderio di essere grandi, ma ai suoi apostoli insegna la via per arrivare alla vera grandezza che è quella dell'umiltà e del servizio, ossia Gesù ci dice che ci deve essere un collegamento fra quello che uno dà e quello che pretende.
Come negli affari se uno è capace verrà riconosciuto e si andrà in cerca di lui, così nel mondo spirituale se uno sa dare ad un certo punto riceverà la sua ricompensa morale senza bisogno di rivendicarla o di attribuirsela falsamente.
Tutti abbiamo l'ambizione di essere considerati e ci fa male quando i nostri meriti non vengono riconosciuti e non veniamo stimati per come ci aspetteremo. Ci ribelliamo istintivamente contro le umiliazioni e le sentiamo come delle ingiustizie, e questo va bene, ma può accadere che abbiamo anche la presunzione di superare gli altri, desiderando prestigio e onori.
Ci sono tanti modi per essere superbi: c'è una superbia è cieca, quando si pensa di essere quel che non si è, allora uno è presuntuoso; c'è una superbia è vana, quando ci si vanta di una considerazione presso gli altri che non esiste, quella allora è la vanagloria o vanteria; c'è una superbia cieca e vana insieme, quando, non avendo alcuna buona qualità, ci si vanta ugualmente e si ambisce ad aver fama presso gli altri e quella allora è megalomania.
La richiesta dei due apostoli di oggi dimostra una certa presunzione: pensano di poter bere lo stesso calice di Gesù senza immaginare quanto difficile sarebbe stato per loro sostenere la prova della passione del Signore. La presunzione dei due apostoli veniva da una certa ambizione, ma più che altro dalla loro ignoranza, che sarebbe stata tolta nei giorni della Pasqua.
I potenti di questo mondo invece secondo Gesù cercano la vanagloria: basta loro essere considerati grandi e non esserlo veramente. Invece la persona umile invece è consapevole di propri limiti e spera da Dio la realizzazione delle proprie aspirazioni.
"Ha rovesciato i potenti dai troni ed ha innalzato gli umili", dice Maria nel Magnificat.
"Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili." Conferma san Pietro nella sua prima lettera: "Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, perché vi esalti al tempo opportuno, gettando in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi."
"Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché te ne vanti come non l'avessi ricevuto?" chiede san Paolo ai cristiani di Corinto.
E poco prima li aveva esortati: "Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, finché venga il Signore. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno avrà la sua lode da Dio."
E sempre ai Corinti scrive: "Chi si vanta si vanti nel Signore."
La superbia è per l'uomo che non deve chiedere mai. Ora che tipo di uomo sia questo della pubblicità faccio fatica a immaginarmelo. L'uomo che non deve chiedere mai prende senza chiedere, offende e fa torto senza domandare scusa, ottiene quello che vuole minacciando e non richiedendo per favore. Insomma sarebbe un maleducato, senza rispetto e senza riguardi. Dice il proverbio che quanto più le persone sono vuote, tanto più sono piene di sé.
"Sarete come Dio" dice il diavolo tentatore ad Adamo ed Eva nel giardino di Eden e così per superbia, ossia per volere essere superiori al comando di Dio, entrambi persero il paradiso terrestre e dovettero fare i conti con la propria miseria.
Questa tentazione è ricorrente nella storia dell'umanità. Con la scoperta della bomba atomica l'uomo ha rubato a Dio il segreto del sole, ma è stato un progresso o è stato un peggioramento della società? Potremmo dire tutte e due le cose. L'energia atomica può essere usata per fini pacifici, seppure con mille cautele, oppure può essere impiegata per la costruzione di micidiali bombe. Per altro gli uomini hanno imparato a conoscere l'energia atomica propria in questa forma violenta e solo in seguito se ne è sviluppato un uso civile.
Dobbiamo essere orgogliosi di quello che abbiamo fatto finora in questo campo o è meglio essere prudenti? Ognuno può rispondere da sé.
Per conto mio dico che tutto quello che è fuori della sottomissione alla legge di Dio non si può che ritorcere contro il suo inventore. Il primo che ha detto: "Non servirò" e si è ribellato contro l'ordine messo da Dio nell'ambito spirituale è il demonio stesso. Egli non vuole servire a Dio e cerca in tutte le maniera che gli uomini servano a lui. La superbia ha questo di rovinoso, che mentre tutti i vizi rifuggono da Dio, solo la superbia si contrappone a Dio.
Il rimedio ce lo dice Gesù stesso nel Vangelo di oggi: "Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Egli ci ha dato l'esempio: l'eccellenza va conquistata con l'umiltà e con la dedizione amorevole. Gesù con tutta la sua vita ci dimostra che non si può servire il prossimo se non si vuole servire Dio.
Concludo con la preghiera del Salmista (Salmo 19) "Le inavvertenze chi le discerne? Assolvimi dalle colpe che non vedo. Anche dall'orgoglio salva il tuo servo perché su di me non abbia potere; allora sarò irreprensibile, sarò puro dal grande peccato."

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