giovedì 10 gennaio 2008

13 Gennaio 2008 - BATTESIMO DI NOSTRO SIGNORE


Bene-amati
“Prediletto”, traduce la nostra Bibbia, ma preferisco il più letterale “bene-amato” che soggiace al termine greco originale (agapetòs).
Gesù è anzitutto “bene-amato” e in lui Dio si “compiace”.
Il Padre è contento, orgoglioso del proprio figlio.
In Cristo – dice san Paolo – anche noi siamo figli, anche noi divenuti co-eredi, anche noi, anch'io sono bene-amato e in me il Padre si compiace.
Iniziamo l'anno civile e finiamo il tempo natalizio con questa sconcertante verità: Dio ci ama, e ci ama bene.
Non è forse l'ultimo tassello della meraviglia che ha accompagnato le tre settimane di Natale? Pensavamo ad un Dio sulle nuvole, ed eccolo a Betlemme; ci aspettavamo un Dio astratto e concettuale, ed eccolo uomo; speravamo in un Dio a cui chiedere, ed ecco un bambino che chiede; ci aspettavamo un Dio accolto trionfalmente dall'autorità costituita e dai sapienti, e invece chi lo riconosce sono gli abitanti della periferia della vita; ci aspettavamo un Dio evidente e palese, ed invece viene un bambino timido che chiede l'ansia della ricerca per trovarlo, come i magi sanno fare.
Infine – oggi – la conversione più grande: ci aspettavamo un Dio preside, severo ma benevolo a cui dover dimostrare di essere buoni, ed invece troviamo un Dio a-priori, che per primo, pregiudizialmente, ci ama.

Tutti noi veniamo educati a meritarci di essere amati, a compiere delle cose che ci rendono meritevoli dell'affetto altrui; sin da piccoli siamo educati ad essere buoni alunni, buoni figli, buoni fidanzati, buoni sposi, buoni genitori, bravi preti, brave suore, monaci e monache... il mondo premia le persone che riescono, capaci e – dentro di noi – si radica l'idea che Dio ci ama, certo, ma a certe condizioni.
Tutta la nostra vita è l'elemosina di un apprezzamento, di un riconoscimento. Anzi, se una persona ci contraddice, ci accusa, reagiamo ma in fondo pensiamo che abbia ragione, diciamo dentro di noi: “devi arrenderti all'evidenza, tu non vali”.

La reazione spontanea – lontani da Dio – è allora di difesa e aggressività o di eccessiva superficialità, ci omologhiamo, diamo il massimo, passiamo la mia vita ad inseguire l'idea di noi che gli altri ci restituiscono.
Invece Dio ci dice che noi, io, siamo amato bene, dall'inizio, prima di agire: Dio non ci ama perché buoni ma – amandoci – ci rende buoni.

Dio si compiace di noi perché vede il capolavoro che siamo, l'opera d'arte che possiamo diventare, la dignità di cui egli ci ha rivestiti. Allora, ma solo allora, potremo guardare al percorso da fare per diventare opera d'arte, alle fatiche che ci frenano, alle fragilità che dobbiamo superare.
Il cristianesimo è tutto qui, Dio ci ama per ciò che siamo, Dio ci svela in profondità ciò che siamo: bene-amati. È difficile amare “bene”, l'amore è grandioso e ambiguo, può costruire e distruggere, non si tratta di adorare qualcuno, ma di amarlo “bene”, renderlo autonomo, adulto, vero, consapevole.

Così Dio fa con noi.
Il Battesimo, segno del bene-amore di Dio. In quel preciso momento è stato messo nel nostro cuore il seme della presenza di Dio. Non un rito scaramantico, ma un seme da coltivare, da accudire che, se trascurato, fragile, scompare.
Dentro: è lì che trovo Dio: e tutto ciò che nella vita mi porta dentro (arte, musica, silenzio, natura) tutto mi avvicina a Dio, mentre tutto ciò che è fuori (caos, apparenza, superficialità) me ne allontana.
Col Battesimo sono entrato a far parte della Chiesa, quella del sogno di Dio, non lo sgorbio che ho in testa io: la Chiesa dei santi e dei martiri, la Chiesa che cammina, canta e spera, non quella grottesca dei miei giudizi superficiali.
Col Battesimo sono salvo, redento, mi è tolto il peccato originale, la fragilità nell'amore: come Cristo sono reso capace di dare la vita per i fratelli.
Passiamo la vita a riuscire, a diventare.
Ognuno ha un suo sogno segreto: diventare famoso, un uomo in carriera, una madre dinamica ed esemplare, un punto cardine per l’umanità… ma per quanto facciamo non riusciremo mai a diventare più di figli di Dio bene-amati; non potremo mai esserlo, perché già lo siamo.
Questa festa, oggi, è la festa di ciò che è nascosto in noi e che va riscoperto: cristiano, diventa ciò che sei!

Il battesimo nel Giordano, espressione di umiltà..
Gesù, con il suo atteggiamento, ci indica chiaramente quanto sia grande la virtù dell’umiltà.
Un atteggiamento mentale che ci porta a rinunciare definitivamente ai nostri progetti di grandezza, alle prerogative di superiorità e di dominio sugli altri, che più o meno inconsciamente coltiviamo nel nostro intimo; una prerogativa, l’umiltà, che molto spesso comporta l’accettazione da parte nostra di situazioni estreme, fastidiose, sgradevoli, in vista di ideali di amore per il prossimo.
Anzi, l'umiltà richiede che non ci si consideri meritevoli di nulla e che ci si privi di qualsiasi vanto, mettendo da parte qualsiasi auto-esaltazione e vanagloria; comporta che si accetti con rassegnata pazienza che gli altri siano superiori a noi e che non si venga presi in considerazione per i nostri meriti, per i nostri incarichi, per le nostre mansioni, in qualsiasi campo o dimensione essi si verifichino.
L'umiltà si affina nell'umiliazione di quando si accettano le altrui ingiustizie e le altrui cattiverie con mitezza, senza ricorrere a comprensibili repliche o rivendicare diritti sacrosanti.
Tutto questo è certamente molto difficile, e – salvo i santi – tutti noi siamo in profonda difficoltà non solo per realizzarlo in prima persona, ma anche solo di pensarlo.
Eppure è proprio in questa prospettiva di umiltà e di umiliazione che possiamo incontrare la vera serenità di spirito e la pace interiore...

In questa prospettiva il cielo della nostra vita ci appare decisamente chiuso: una prospettiva decisamente limitata, oscura, invivibile; ma così doveva apparire anche a Gesù, quando si mise umilmente in fila con gli altri peccatori sulla riva del Giordano.
Ma Gesù non disse: “non è giusto!”. Come al contrario diciamo noi regolarmente quando ci imbattiamo in qualche contrarietà.
Glielo disse invece Giovanni, che non voleva battezzarlo perché non era giusto che il Messia fosse messo allo stesso piano degli altri peccatori.
Ma a Giovanni Gesù non diede ascolto: “Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia”.
E cioè: Gesù si mette in cammino come tutti gli uomini; ma a differenza di tutti gli altri uomini, Gesù non pretende di capire subito tutto; non pretende di liquidare subito ogni ingiustizia; non pretende di cancellare subito ogni peccato.
Non capisce per esempio perché Lui, Dio, debba farsi battezzare da Giovanni; e tuttavia si mette in cammino, fidandosi solo della volontà del Padre, sicuro che essa condurrà tutto a compimento.
“Lascia fare per ora...”: e cioè, non preoccuparti di giudicare subito quello che è giusto e quello che non è giusto; non preoccuparti di dividere in fretta la tua vita da tutto quello che accade in questo mondo ingiusto; non preoccuparti, ma mettiti subito in cammino, anche tu con umiltà, obbediente alla volontà del Padre. Perché soltanto questa umiltà e questa obbedienza ti permetteranno di squarciare il cielo, e di respirare finalmente in pienezza.
Seguiamo dunque Gesù, in tutto, anche attraverso la croce, perché Egli è “colui che attraversa i cieli”, come dice La Lettera agli Ebrei (4,14). Si, fratelli: Egli è veramente Colui che attraversa i cieli, Colui che ci apre finalmente i cieli radiosi: e li apre per lui, per noi, per tutti.

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