“Io
pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per
sempre… Lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”
(Gv 14, 15-16. 23-26).
A
conclusione del tempo pasquale, cinquanta giorni dopo la Pasqua, la liturgia celebra
la festa di Pentecoste: una festa importantissima poiché ci ricorda la
diffusione nel mondo della Pasqua di Gesù. È la festa dello Spirito Santo: Dio
non è più presente in carne ed ossa, non è visibile, ma è presente con il suo
Spirito, disceso sugli apostoli, per renderli pienamente consapevoli dell’importanza
della loro missione. Dio si è fermato concretamente in questo mondo per sempre,
grazie alla loro risposta al mandato di Gesù: una risposta generosa, forte e
convinta, resa tale dallo Spirito di Dio “sceso” dal cielo.
Prima
considerazione: Dio scrive la nostra storia cristiana, scendendo... Dio si
mette al nostro servizio, scendendo…; Dio, amore infinito, lo mette a disposizione della nostra
pochezza, scendendo…. Esattamente al contrario del nostro agire, che nella
nostra nullità, pensiamo di fare notizia, di scarabocchiare i nostri nomi nella
storia, “salendo”, arrampicandoci, conquistando visibilità, importanza, potere,
popolarità. Quanto siamo illusi! Quanto è diverso Dio da noi! Dio dunque, come da promessa, è rimasto e continua a rimanere con noi per sempre. Dal momento però che non è materialmente visibile, molti pensano che non sia vero, che si tratti soltanto di una montatura dei preti; oppure, ammesso anche che ci sia, si comportano come se fosse l’ultima preoccupazione della loro vita.
La festa di oggi ci ricorda invece una grande verità: quella verità che Dio ha impresso nel “Dna” umano nell’attimo stesso del suo concepimento: che cioè Lui è in noi, che con il suo Spirito abita stabilmente in noi, che questo Spirito, coordinatore, animatore, soccorritore, consigliere, è la nostra “Anima”.
“Anima” infatti vuol dire “soffio vitale”, “Spirito” (in greco pneuma), e significa appunto “vita”, “ciò che respira”: l'uomo quindi ha un'anima perché lo Spirito abita in lui; anche lui, come Adamo, è “soffiato” da Dio, e per questo esiste. Il giorno in cui il suo “pneuma” cesserà di essere tale, esalerà cioè il suo ultimo respiro in questa vita e passerà da una esistenza corporale, materiale, ad una vita puramente “spirituale”, rimarrà cioè solo “spirito”, solo “Vita soprannaturale”.
In questa nostra società, abbiamo purtroppo completamento perso l’orientamento, non ci curiamo minimamente di conoscere ciò che è bene o male, ciò che dobbiamo fare o evitare. Siamo completamente avulsi da tutto ciò che è spirituale, che è “anima”. Per questo oggi, più che mai, abbiamo assoluto bisogno di Spirito Santo. Abbiamo una vitale necessità di rivivere la Pentecoste: sia nella Chiesa che nel mondo!
Nel
mondo, i potenti della terra sono sempre più assetati di potere: loro unico
scopo è di aumentarlo ad ogni costo, prevaricando tutto e tutti: i ricchi
mirano ad accrescere a dismisura la loro ricchezza, senza curarsi dei
miserabili che non hanno di che sfamarsi; i genitori non capiscono più i loro
figli e ai figli non interessa più quel che dicono i genitori; nella famiglia e
nella coppia non c’è più dialogo, ciascuno usa un proprio linguaggio, diverso e
intraducibile; esistono voragini di incomunicabilità tra i membri di una stessa
comunità, tra un piano e l'altro di uno stesso palazzo, da un lato all'altro di
una stessa via: al punto che spesso si finisce per sapere dalla Televisione
quello che succede a pochi metri dal nostro salotto.
Nella
Chiesa, le parole e i gesti dei pastori non scaldano più il cuore, sono
meccanici, consunti dall’uso, non invogliano più nessuno alla conversione. A
chi è ancora lontano dalla fede, non arrivano più le parole di amore e di vita
del Vangelo, perché sono affidate a testimoni sempre più frettolosi, freddi,
incuranti del loro credo, mestieranti asserviti alla politica e alla mondanità,
irriconoscibili a Cristo stesso... Contro tali deviazioni, a fronte dell’imperante prostituzione dei “testimoni” della Sposa, urge una nuova Pentecoste: c’è bisogno che lo Spirito Santo scenda nuovamente dal cielo, e con il suo “fuoco” bruci tutte le sterpaglie, le crudeltà, le infedeltà, le falsità, le cattiverie, che soffocano questa nostra società sommersa dal fango e dall’odio.
Abbiamo bisogno che dal cielo scenda nuovamente lo Spirito di Dio, che si rinnovi ancora quel miracolo dell'Amore, grazie al quale pochi e ignoranti Apostoli illuminati dallo Spirito, uscirono dal cenacolo e fecero conoscere e vivere in tutto il mondo le parole di Gesù, le grandi opere di Dio.
Anche noi, discepoli moderni, abbiamo bisogno dello “Spirito Consolatore”, perché siamo deboli, stanchi, sofferenti. Abbiamo tanto bisogno di aiuto, di equilibrio, di stabilità, di sostegno: di qualcuno che, silenziosamente, lenisca tutte le nostre ferite; di qualcuno che ci rassicuri con la sua presenza, con il suo abbraccio, con il suo ascolto; di qualcuno che non ci giudichi, ma ci comunichi amore, comprensione, “consolazione”.
Molti pensano che “consolare” significhi esprimere parole di compassione, qualche bella frase di circostanza, qualche espressione di conforto, spesso basate su assicurazioni che sanno di falsità, di posticcio, di abitudine, di retorica. “Consolare”, nel vocabolario del Vangelo, significa invece essere presenti nel momento del bisogno, essere di sostegno, di aiuto, di coinvolgimento. Se dobbiamo dire qualcosa, diciamola col cuore, trovando le parole giuste nella nostra anima, perché solo così vanno dritte al cuore dell’altro. Spesso è meglio non dire niente, stare semplicemente in silenzio, condividendo i suoi sentimenti, ciò che vive e sente. Perché il nostro “consolare” sarà sincero, convincente, meritorio, solo se saremo “prossimi” allo Spirito che è in loro.
Dobbiamo vivere lo Spirito. Dobbiamo cioè essere “spirituali”, creature dello Spirito.
Oggi purtroppo siamo quasi tutti incapaci di “spiritualità”, non riusciamo ad affrancarci dalla nostra “materialità”. Il nostro vivere quotidiano è in continua tensione tra due poli opposti, tra “materia” e “spirito”. Anche nelle cose più comuni, più frequenti: così, per esempio, “materia” è il pane dell’Eucaristia sull’altare, “spirito” è quando io vedo in quel pane Cristo stesso; “materia” è quando vedo nel prossimo solo uno che mi ostacola, che mi infastidisce, “spirito” è quando inizio a vedere in lui una persona che soffre, uno che ha un cuore e un’anima; “materia” è quando mi sveglio e di fronte al nuovo giorno, vedo solo un altro giorno di fastidioso lavoro, “spirito” è quando vedo una nuova amorosa opportunità che mi viene concessa da Dio per sperimentare la Vita; “materia” è quando ogni cosa mi fa innervosire, “spirito” è quando mi chiedo il perché del mio agire, cosa devo imparare, cosa devo cambiare nel mio propormi, nelle mie azioni, nel mio pensare; “materia” è quando guardo una donna solo per desiderare il suo corpo, “spirito” è quando vedo in quella donna una creatura di Dio, con un cuore magari ferito, assetata di comprensione e di conforto; “materia” è udire il cinguettio mattutino degli uccelli, “spirito” è apprezzarlo, trasformandolo in preghiera di ringraziamento a Dio per il suo creato. Tutta la vita può essere insomma terribilmente materiale o terribilmente spirituale, piena cioè di buio o di luce; tutto può essere “materia”, tutto può essere “spirito”: trasformarlo nell’una o nell’altro dipende solo da noi, dai nostri occhi, dal nostro cuore, dalla nostra anima, mediante l’ascolto continuo del divino che è in noi. Amen.