“Anch’io
ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di
scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teofilo, in modo che tu possa
renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto”. (Lc 1,1-4;
4,14-21).
Sono le
parole di apertura del Vangelo di Luca.
Io le rivolgo a te, illustre N.N., sconosciuto
visitatore di passaggio, pregandoti di fermarti qualche istante per leggere
queste brevi considerazioni.
Fermati
e ascolta il tuo cuore: forse Dio ora vuol parlare proprio a te.Quante volte è capitato nella nostra vita: se ci succede di ascoltare, anche casualmente, un abile oratore, uno che ci colpisce immediatamente per la correttezza nel parlare, per la profondità e la condivisibilità degli argomenti trattati, il nostro primo impulso è di conoscerlo, di informarci da dove viene, di conoscere la sua storia, le sue origini, quali sono i suoi amici, le sue esperienze, i suoi studi, l’ambiente in cui vive, in una parola ci interessiamo alla sua vita.
Ebbene: noi che ci definiamo persone religiose, che ci professiamo cristiani,
noi che ascoltiamo anche frequentemente in chiesa la sua Parola, che la
troviamo giusta, consolante, piena di amore e speranza, non siamo per niente
interessati a conoscere la persona di Gesù, ad approfondire la sua vita, i suoi
insegnamenti. La sua figura non ci interessa, non ci appassiona; ignorare
tutto, o quasi, di lui, non ci crea alcun imbarazzo.
Eppure noi diciamo di avere “fede”: si, certo, noi abbiamo fede, ma fede in chi? Su che cosa? Su cosa poggia la nostra fede? Possibile che Dio sia l’ultima delle nostre preoccupazioni? Siamo onesti con noi stessi; non riempiamoci la bocca di surrogati, tanto per far bella figura. Riconosciamo a noi stessi di non avere le idee chiare, quando le abbiamo, su fede in Dio, sul soprannaturale, sulla vita eterna, su come dobbiamo comportarci col prossimo, su come dobbiamo pregare e chi pregare. La nostra fede non è una fede solida, cosciente, granitica: non poggia su cognizioni incrollabili; al massimo si basa su quanto abbiamo sentito e sentiamo dire nelle prediche, su qualche ricordo ormai sbiadito della nostra infanzia, su delle pratiche e usanze che abbiamo continuato a mantenere da adulti, senza magari chiedercene mai la ragione di fondo.
Beh, lo capiamo da noi: questo non è avere fede, non è vivere la propria fede. Non è essere cristiani. Chi cerca di amare Gesù, lo vuole ovviamente conoscere: lo vuole approfondire, vuole entrare nella sua vita, vuole rapportarsi con lui, vuole in qualche modo “sperimentarlo”; vuole entrare nel suo mondo, guardare le cose dal suo punto di vista: anche solo per provare! Perché l'amore è conoscenza, e la conoscenza è amore.
Una delle nostre grandi lacune, che è la stessa anche di molti pastori, è che rischiamo di fare molta morale ma poco vangelo. Siamo molto esigenti con gli altri e molto poco con noi. Non conosciamo e non facciamo conoscere abbastanza il Dio di Gesù. Cerchiamo di insegnare ai nostri figli, agli amici, a chi ci sta a cuore, cosa devono o non devono fare; cosa devono fare per vivere bene, serenamente: ma ci guardiamo bene dal mostrare con l’esempio la figura di Gesù. In compenso facciamo tanta “politica” su Gesù: utilizziamo la sua parola, il suo vangelo, i suoi insegnamenti solo per determinati scopi. Ma non facciamo vedere a nessuno quanto grande sia il suo cuore, quanto la sua anima divina sia presente tra noi, quanto la sua umanità sia sconfinata, e come il suo amore senza limiti sia continuamente a nostra disposizione.
Purtroppo
il perché di questo disinteresse è dentro di noi: è evidente che noi per primi
siamo tiepidi nei confronti di Dio. E, lo ripeto, non possiamo conoscere e far
conoscere agli altri qualcuno del quale noi stessi conosciamo troppo poco, di
cui non siamo innamorati. Non possiamo impegnarci, dare la nostra vita a chi,
nel profondo del cuore, ci è indifferente. Non possiamo fidarci di uno che
consideriamo un nemico, un controllore, un “rompi”, un ostacolo alla nostra
felicità. E Gesù, d’altro canto, non ci può guarire se noi non lo vogliamo, se
non ci abbandoniamo a Lui, se non crediamo in Lui, se non sentiamo che Lui è la
Vita vera, profonda, intensa. Eppure noi diciamo di avere “fede”: si, certo, noi abbiamo fede, ma fede in chi? Su che cosa? Su cosa poggia la nostra fede? Possibile che Dio sia l’ultima delle nostre preoccupazioni? Siamo onesti con noi stessi; non riempiamoci la bocca di surrogati, tanto per far bella figura. Riconosciamo a noi stessi di non avere le idee chiare, quando le abbiamo, su fede in Dio, sul soprannaturale, sulla vita eterna, su come dobbiamo comportarci col prossimo, su come dobbiamo pregare e chi pregare. La nostra fede non è una fede solida, cosciente, granitica: non poggia su cognizioni incrollabili; al massimo si basa su quanto abbiamo sentito e sentiamo dire nelle prediche, su qualche ricordo ormai sbiadito della nostra infanzia, su delle pratiche e usanze che abbiamo continuato a mantenere da adulti, senza magari chiedercene mai la ragione di fondo.
Beh, lo capiamo da noi: questo non è avere fede, non è vivere la propria fede. Non è essere cristiani. Chi cerca di amare Gesù, lo vuole ovviamente conoscere: lo vuole approfondire, vuole entrare nella sua vita, vuole rapportarsi con lui, vuole in qualche modo “sperimentarlo”; vuole entrare nel suo mondo, guardare le cose dal suo punto di vista: anche solo per provare! Perché l'amore è conoscenza, e la conoscenza è amore.
Una delle nostre grandi lacune, che è la stessa anche di molti pastori, è che rischiamo di fare molta morale ma poco vangelo. Siamo molto esigenti con gli altri e molto poco con noi. Non conosciamo e non facciamo conoscere abbastanza il Dio di Gesù. Cerchiamo di insegnare ai nostri figli, agli amici, a chi ci sta a cuore, cosa devono o non devono fare; cosa devono fare per vivere bene, serenamente: ma ci guardiamo bene dal mostrare con l’esempio la figura di Gesù. In compenso facciamo tanta “politica” su Gesù: utilizziamo la sua parola, il suo vangelo, i suoi insegnamenti solo per determinati scopi. Ma non facciamo vedere a nessuno quanto grande sia il suo cuore, quanto la sua anima divina sia presente tra noi, quanto la sua umanità sia sconfinata, e come il suo amore senza limiti sia continuamente a nostra disposizione.
Questa purtroppo è, più o meno, la nostra situazione! Immaginiamo di essere in
regola solo perché di domenica continuiamo a frequentare la messa. Oppure ci
sentiamo spiritualmente e religiosamente impegnati solo perché ci interessiamo
a livello sociale di iniziative umanitarie, perché ci sentiamo sensibili alle
problematiche mondiali, o perché simpatizziamo per i vari santoni, oggi tanto
di moda; per quei “guru” commerciali, emeriti ciarlatani, per quei veggenti che
puntualmente e mediaticamente propongono le loro apparizioni, magari condite da
un eccentrico ascetismo orientaleggiante. Seguiamo purtroppo le mode. E abbiamo
sempre più paura di guardarci dentro.
E invece dovremmo chiederci il perché di tutto questo. Dovremmo farlo con onestà, senza barare con noi stessi.
Certo, non è che il comportamento dei cristiani di oggi ci sia di particolare aiuto: siamo infatti circondati da tanti credenti, pastori, ministri, laici impegnati, che sono spiritualmente atrofizzati, senza entusiasmi, senza iniziative. Persone che si limitano solo allo stretto indispensabile, senza riuscire a trasmettere nulla. Persone che non si aggiornano, che non si affinano nello studio e nella preghiera, che non sono spinte dall’entusiasmo di vivere e condividere con i fratelli il messaggio di Cristo. Persone che non combattono più per i loro ideali. Persone, in una parola, che non hanno più fede.
Ebbene, non temiamo di conoscere Cristo, non continuiamo a rimanere nell'ignoranza: se abbiamo il coraggio e la forza di chiedere luce al suo Spirito, Egli sicuramente ci illuminerà. Non accontentiamoci di quello che si dice in giro, di quello che i media ci trasmettono: ma, come Luca, cerchiamo la Verità, verifichiamola, studiamola, applichiamola a noi stessi, alla nostra vita, umilmente, con i piedi per terra e con gli occhi fissi in cielo, sul Suo volto.
E invece dovremmo chiederci il perché di tutto questo. Dovremmo farlo con onestà, senza barare con noi stessi.
Certo, non è che il comportamento dei cristiani di oggi ci sia di particolare aiuto: siamo infatti circondati da tanti credenti, pastori, ministri, laici impegnati, che sono spiritualmente atrofizzati, senza entusiasmi, senza iniziative. Persone che si limitano solo allo stretto indispensabile, senza riuscire a trasmettere nulla. Persone che non si aggiornano, che non si affinano nello studio e nella preghiera, che non sono spinte dall’entusiasmo di vivere e condividere con i fratelli il messaggio di Cristo. Persone che non combattono più per i loro ideali. Persone, in una parola, che non hanno più fede.
Ebbene, non temiamo di conoscere Cristo, non continuiamo a rimanere nell'ignoranza: se abbiamo il coraggio e la forza di chiedere luce al suo Spirito, Egli sicuramente ci illuminerà. Non accontentiamoci di quello che si dice in giro, di quello che i media ci trasmettono: ma, come Luca, cerchiamo la Verità, verifichiamola, studiamola, applichiamola a noi stessi, alla nostra vita, umilmente, con i piedi per terra e con gli occhi fissi in cielo, sul Suo volto.
Ascoltiamo,
oggi, la voce di Gesù che ci legge il rotolo di Isaia: «Lo Spirito del
Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha
mandato a portare ai poveri il lieto annuncio». A seguito del nostro
Battesimo, siamo tutti degli “unti” del Signore. Attualizziamo le parole
della Scrittura. Tutto quello che Gesù ci insegna nel Suo Vangelo, non è un
qualcosa di anacronistico, una bella storia di ieri; ma è un viatico per oggi,
un qualcosa di molto importante che ci riguarda tutti da vicino.
Se ci avviciniamo al Vangelo, noi possiamo leggere la nostra vita: l’“oggi” della nostra vita. Quello che troviamo scritto lì, è proprio quello che ci serve oggi. Se veramente sentiamo scandire un suo messaggio dentro di noi, vuol dire che Dio parla a noi di noi. Magari sono parole già udite centinaia di volte, ma forse non le abbiamo mai “sentite”. Non ne abbiamo capito il messaggio: “Ai poveri il lieto annuncio, ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista, la libertà agli oppressi”. Sì, Cristo è venuto proprio per noi; perché poveri, prigionieri, ciechi, oppressi, oggi lo siamo tutti. Lo siamo noi e lo sono tutti i nostri prossimi.
«Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha mandato»: Dio ha mandato anche noi: le sue parole devono essere le “nostre” parole; anche se è difficile, anche se, guarda caso, Dio ci parla proprio oggi, quando abbiamo già troppo da pensare e da fare: figli, famiglia, lavoro, casa, tempo libero ecc.; proprio quando non possiamo sconvolgere, così su due piedi, tutte le nostre certezze, le nostre priorità. Vogliamo una vita serena, noi; una vita tranquilla, senza scossoni, senza imprevisti.
Ma se tutto quello che ascoltiamo dal Vangelo, se i suoi insegnamenti non ci toccano, non entrano dentro il nostro cuore, non ci coinvolgono, non ci commuovono, tutto quanto cerchiamo di benessere, di tranquillità, non serve a nulla: tutto diventa insufficiente, inutile, come inutile sarà la nostra vita.
Non
continuiamo a perdere il nostro tempo pensando a cosa sarebbe meglio fare, a
come lo dovremmo fare, per quale strada andare: facciamolo e basta. La strada
che Egli ci indica è una sola: imbocchiamola oggi, facciamolo subito, perché domani,
forse, è troppo tardi. Amen.Se ci avviciniamo al Vangelo, noi possiamo leggere la nostra vita: l’“oggi” della nostra vita. Quello che troviamo scritto lì, è proprio quello che ci serve oggi. Se veramente sentiamo scandire un suo messaggio dentro di noi, vuol dire che Dio parla a noi di noi. Magari sono parole già udite centinaia di volte, ma forse non le abbiamo mai “sentite”. Non ne abbiamo capito il messaggio: “Ai poveri il lieto annuncio, ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista, la libertà agli oppressi”. Sì, Cristo è venuto proprio per noi; perché poveri, prigionieri, ciechi, oppressi, oggi lo siamo tutti. Lo siamo noi e lo sono tutti i nostri prossimi.
«Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha mandato»: Dio ha mandato anche noi: le sue parole devono essere le “nostre” parole; anche se è difficile, anche se, guarda caso, Dio ci parla proprio oggi, quando abbiamo già troppo da pensare e da fare: figli, famiglia, lavoro, casa, tempo libero ecc.; proprio quando non possiamo sconvolgere, così su due piedi, tutte le nostre certezze, le nostre priorità. Vogliamo una vita serena, noi; una vita tranquilla, senza scossoni, senza imprevisti.
Ma se tutto quello che ascoltiamo dal Vangelo, se i suoi insegnamenti non ci toccano, non entrano dentro il nostro cuore, non ci coinvolgono, non ci commuovono, tutto quanto cerchiamo di benessere, di tranquillità, non serve a nulla: tutto diventa insufficiente, inutile, come inutile sarà la nostra vita.