Gv, 3,13-17
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».
Giovanni, con poche ma incisive parole,
ci spiega il grande mistero di Dio: Dio è venuto nel mondo per amarci, per
accoglierci, per starci vicino, per farci vedere come potremmo vivere, con
quale estensione del nostro cuore, con quale dilatazione della nostra anima,
con quale vibrazione e intensità per la nostra vita.
Il testo di oggi è tratto dal lungo
discorso che Gesù intrattiene con Nicodemo. Nicodemo è un fariseo, fa parte
dell’aristocrazia sacerdotale, è un maestro, un profondo conoscitore della
Bibbia e della religione. Ma gli manca qualcosa, avverte una profonda
inquietudine, percepisce che c’è qualcosa di più grande, di “oltre”. È un uomo
che non si accontenta, uno che vuol capire, che vuol vivere più in profondità.
E Gesù gli fa una proposta immensa, a prima vista irrealizzabile: “Devi
rinascere”.
Sostanzialmente gli dice: “Quello che
tu oggi chiami vita, io la chiamo morte. Abbandona questo tuo modo di vivere,
di pensare: ed io ti mostrerò cosa vuol dire vivere per davvero”. Una proposta
che avrebbe emozionato chiunque, che avrebbe entusiasmato, stuzzicato chiunque
avesse un cuore assetato di verità, di amore, di vita vera come il suo: Gesù è
uno che fa proposte nuove, proposte che rompono tutti gli schemi, le
convenzioni e le abitudini; apre orizzonti nuovi e impensati, è davvero una
persona affascinante, attraente, perché presenta un modo di vivere estremo,
meraviglioso, intenso, da “mozzare il fiato”. Gesù è per anime grandi: non si
concilia con chi ama il quieto vivere, il tran-tran quotidiano, il piccolo
cabotaggio: prova ne sia a testimonianza la vita degli apostoli, dei santi,
delle grandi figure della cristianità.
Chi vuol vivere sulla difensiva, senza
rischiare troppo, è meglio che lasci perdere. Perché Gesù è Amore, e come
l’amore, coinvolge, sconvolge, appassiona: vuole tutto, pretende tutto, conquista
tutto. Gesù è il fuoco: se non bruciamo per Lui, non lo conosceremo mai. Gesù è
come la vita: o la viviamo con Lui o rimarremo sempre ai margini.
Quindi, a Nicodemo, in pratica spiega:
“Se vuoi capire veramente chi sono io, lascia stare la tua Legge, le tue
regole, le tue norme, la tua morale. Devi rinascere. Devi far morire il tuo
mondo di illusioni, di falsità, di apparenza, di vuoto, di buone maniere: apri
gli occhi e mira in alto!”.
E cita come esempio il caso degli
israeliti infedeli e mormoratori, che durante la fuga dell’esodo, si erano
ribellati a Dio e per questo vennero puniti con la piaga dei serpenti: per
evitare la morte, dovevano guardare in alto, alla sommità di un’asta, sulla
quale Mosè aveva fissato un serpente bronzeo: il serpente segno di pericolo, di
morte, di disperazione, di rovina, si trasformava in quel momento in donatore di
vita.
Ed è esattamente quanto succederà più
tardi con Gesù: una volta inchiodato ed elevato in alto sulla croce, simbolo del
patibolo e dell’apparente fallimento, Egli la trasformerà da motivo di morte in
sorgente di vita, di amore, di vittoria, di grazia: pertanto l’esortazione che Gesù
rivolge a Nicodemo, acquista, in pratica, un valore fondamentale anche per
tutti noi: “Non abbiate paura di quanto nella vita vi affligge, vi inquieta, vi
angoscia: fidatevi di me: guardatemi con fiducia sulla croce, perché è grazie
ad essa che io vi ho riscattato tutti: per proteggervi, guidarvi, consolarvi e
soprattutto amarvi!”.
Guardiamo allora in faccia alle nostre
paure ancestrali, soprattutto al terrore della morte. La grande verità è che tutti
moriremo. Dovremo lasciare le persone che amiamo di più, i nostri figli, i
nostri cari, la nostra casa, tutto! Vivere così ci aliena, è tremendo,
doloroso, angosciante.
Ma ora sappiamo che la morte non potrà
decretare la nostra fine assoluta: dall’altro lato del tunnel tetro e buio, una
luce improvvisa ci illumina. Dal profondo dell’angoscia esplode una nuova vita
luminosa, brillante: è la vittoria della risurrezione, della fiducia appagata,
dell’amore misericordioso meritato. E non saremo mai più gli stessi di prima.
Questo, per Giovanni, è il risultato
del nostro “credere”: credere è quando noi nel bel mezzo della disperazione
troviamo la Forza, incontriamo Dio, e ci affidiamo a Lui, fidandoci ciecamente
di Lui. E allora? Smettiamo una buona volta di voler “razionalizzare” ogni
cosa, di cercare sempre nel mondo nuove soluzioni, nuovi stili vita: perché il
mondo non potrà mai darci alcuna vera risposta! Apriamoci piuttosto al nostro più
profondo bisogno d’amore, alla ricchezza di quelle emozioni celesti che sorreggono
il nostro cuore, alla tenerezza di quell’abbraccio divino che non reprime, non
abbatte, non soffoca: un abbraccio paterno che offre solo tenerezza,
comprensione e misericordia; e allora capiremo cosa significa sentirci degni di
vivere con Dio, perché ci sentiremo veramente figli suoi; e capiremo che noi,
ai suoi occhi, siamo “grandi” da sempre, perché ci ha voluti di proposito a sua
immagine e somiglianza.
Questa è la realtà: per cui la nostra
unica preoccupazione deve essere solo quella di riappropriarci di tale
somiglianza (se con la nostra stupidità l’abbiamo rovinata!), e di mantenerla
sempre con i tratti autentici dell’Originale: smettiamo decisi di inseguire falsi
e distruttivi ideali di vita: le ricchezze, la carriera, il successo, la gloria.
Alziamo lo sguardo lassù sulla croce, e mettiamoci fiduciosi tra quelle braccia
spalancate, torturate dalle nostre infedeltà. E vedrete che immancabilmente percepiremo
nell’anima quel meraviglioso, inebriante e stupendo fremito che si chiama “vita
con Dio”. Chi crede “vive”, chi vive “crede”.
Amen.
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