mercoledì 19 giugno 2024

23 Giugno 2024 – XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO


Mc 4,35-41 
In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».

Un mare in tempesta è sempre angosciante: perché non solo siamo in balia delle onde, ma non abbiamo punti di riferimento. È un evento che non possiamo controllare, non siamo noi a decidere, dobbiamo solo cercare di uscirne indenni. È lei, la tempesta, che conduce il gioco: siamo certi che passerà, ma non sappiamo né come né quando. E, quel che è peggio, sbattuti dai marosi, ci assale la paura di affondare.
La tempesta è qui apertamente assimilata alle contrarietà della vita. E in tal caso, cosa dobbiamo fare?
Il vangelo di oggi ci dà per certa una cosa: chi ha fede in Dio può superare ogni tempesta, anche la più tremenda. Non è importante quanto sia violenta, ma quanto sia sincera la nostra fede. Infatti, se ci fidiamo, se abbiamo fiducia, insomma se abbiamo veramente fede, nessuna tempesta potrà mai farci temere di affondare.
Sappiamo che Gesù ha attraversato varie volte il lago di Genezareth, un lago abbastanza grande da essere chiamato dagli ebrei “mare”, e può anche essere successo che durante una di queste attraversate i discepoli e il maestro si siano imbattuti in qualche bufera. Lo chiamavano “Ajn Allah”, l’Occhio di Dio: si tratta di un lago solitamente calmo e tranquillo; ma può succedere che delle forti correnti piombino sulle sue acque, sollevando improvvisamente onde altissime che possono procurare alle imbarcazioni danni di notevole entità. Tutto avviene in tempi molto brevi: rapidamente inizia, rapidamente finisce.
Cosa sia realmente successo quella volta, non lo sappiamo. Forse c’è stata veramente una tempesta; oppure un vento più forte del solito avrebbe impaurito i discepoli, i quali vedendo che Gesù continuava a dormire, si sono affrettati a svegliarlo, perché intervenisse in loro aiuto. Un episodio abbastanza frequente, che avrebbe suggerito all’evangelista di attribuire l’immediata bonaccia all’intervento del Maestro.
Quello che però dobbiamo cogliere, è che l’autore, con l’immagine della tempesta, ha voluto sottolineare i frequenti pericoli, a volte anche molto gravi, con i quali dobbiamo misurarci nel nostro percorso di vita. Tutti siamo concordi nel voler vivere la nostra vita con grande serenità: speriamo sempre che tutto fili liscio, senza fastidiose conseguenze, senza scossoni o sussulti. Per cui ogni imprevisto fuori dalla normalità viene rifiutato, perché ci fa paura, mette in crisi le nostre certezze, i nostri principi. Ma se la calma piatta da un lato ci rassicura, dall’altro ci costringe a vivere una vita monotona, priva di novità, di originalità: insomma, un assoluto piattume!
Ma guardiamo meglio i particolari, per meglio comprendere gli insegnamenti di questo vangelo:
Venuta la sera”: una precisazione oraria con cui si vuol sottolineare che il giorno era finito, che tutto quanto era accaduto in esso, era stato già vissuto: davanti a loro si prospettava un nuovo giorno da vivere: esattamente ciò che succede nella nostra vita: ad un certo punto, inevitabilmente, arriviamo alla fine di un certo periodo, e dobbiamo passare ad uno nuovo, a quello successivo. Non possiamo rimanere ancorati a ciò che eravamo ieri, alle situazioni compiute e irrimediabili; oggi è un nuovo giorno, il passato non ci riguarda più, una nuova prospettiva si apre davanti a noi.
Passiamo all’altra riva”: è questo l’invito che il Gesù della Vita ci rivolge. E noi: “Ma no, Signore, stiamo bene qui; perché dobbiamo cambiare? Chi ce lo fa fare?”. Recalcitriamo, non siamo d’accordo: passare all’altra riva, significa dover cambiare, fare una svolta determinante nel nostro percorso. L’invito di Gesù è perentorio: è Lui stesso che ci spinge verso il nuovo, verso il cambiamento, verso una vita dinamica. I cambiamenti sono le nostre esperienza di vita: tutto quello che ci riguarda (le relazioni, la crescita, la maturità, l’educazione, la scoperta della nostra vocazione, il nuovo mondo della fede e dell’anima) è un continuo evolversi, un continuo “passaggio” da una riva all’altra, una continua “traversata”, un continuo lasciare territori conosciuti e familiari, per approdare a nuovi orizzonti, un costante abbandono del certo per occuparci dell’incerto: un nuovo programma ci attende, un nuovo “tutto” da costruire, e noi non possiamo tergiversare.
Lasciata la folla”: la folla è la normalità, è ciò che tutti fanno abitualmente ogni giorno, sono le nostre esperienze di vita, tutto ciò che conosciamo bene, che è “nostro”; ebbene, Gesù ci invita a lasciare tutto questo: appartiene al nostro passato; l’oggi è ciò di cui ora disponiamo, un “presente” da conoscere, da scoprire, da vivere ex novo su un’altra riva. È la vita: se non lasciamo la famiglia, il nostro nido protetto, non potremo mai diventare “adulti”. Se non lasciamo la “folla” non diventeremo mai “individui”; se non abbandoniamo l’aiuto delle stampelle, non riusciremo mai a capire se abbiamo forza sufficiente per camminare da soli.
Lo presero con sé, così com’era”: il “nuovo” non è mai come noi lo vorremmo; è sempre “così com’è”, punto! Siamo anche disponibili alle novità, è vero, ma vorremmo conoscerle prima, per poterle controllare, gestire; vorremmo essere già pronti ad ogni evenienza. Ma in tal caso, che novità sarebbero? Sono un “nuovo” già “conosciuto”, un “non nuovo”. Le novità invece vanno prese così come vengono, come si presentano, come si propongono.
Una gran tempesta”: ogni volta, puntualmente, che lasciamo spazio al nuovo, al cambiamento, cosa ci succede? Una gran tempesta. Sempre così! Ed ogni volta ci sembra di affondare, rimpiangiamo il passato, recriminiamo puntualmente contro la scelta fatta: “Perché non sono rimasto dov’ero? Chi me l’ha fatto fare?”.
Le onde, il vento”, sono tutte le paure che ci sommergono: “Ce la farò? Ne uscirò?”. Quando affrontiamo un nuovo percorso, è naturale che mille dubbi ci assalgano: se è nuovo, è anche la prima volta che lo affrontiamo e quindi non lo conosciamo; se sapessimo già come muoverci, il nostro percorso non sarebbe nuovo e quindi non ci sarebbe alcuna tempesta.
E Gesù dormiva”: in quei momenti neppure Dio sembra aiutarci, neppure lui sembra fare qualcosa. Noi lo preghiamo, ma non succede nulla. Preghiamo ancora di più, gridiamo, facciamo voti a questo o a quel santo, facciamo promesse a non finire, ma continua a non succedere nulla. E allora ce la prendiamo con Lui, perché non fa proprio nulla, anzi sembra proprio fregarsene di noi e della nostra vita; è come se per lui non esistessimo. “Perché Dio permette queste cose? Se Dio ci fosse veramente, e mi amasse come dice, verrebbe di corsa in mio aiuto. Ammesso anche che ci sia: che me ne faccio di un Dio che non si muove, che per me non fa mai nulla?”.
Oltretutto, ad un certo punto della nostra vita, ci rendiamo conto che quella sicurezza, quella pace, quella tranquillità che prima di imbarcarci nella “novità”, pensavamo di possedere, altro non era che fumo, ce la raccontavamo e basta. In realtà avevamo messo un tappo all’udito della nostra vita, per non sentire nulla, per attutire tutto, per illuderci che tutto andasse bene! Avevamo paura di guardarci dentro e di scoprire quello che c’era. Preferivamo far finta di nulla.
Ma ora che la Vita ci ha imposto un nuovo passaggio, una “tempesta” ci ha spinto altrove, non possiamo continuare a tirar dritto, facendo finta di niente; non possiamo continuare a cullarci nei sogni, a trastullarci con i castelli in aria. Dobbiamo aprire gli occhi, rimboccarci le maniche, perché la tempesta che abbiamo incontrato altro non è che un passaggio, una evoluzione benefica, una crescita di conoscenza, di vitalità, di maturità, anche se ci ha portato un po’ di angoscia, di smarrimento.
Non continuiamo testardamente a voler rimanere sempre fermi, ancorati al porto, in acque tranquille e stagnanti; mettiamo da parte, una buona volta, la paura di imbarcarci nelle difficoltà, nei pericoli, nelle bufere, nelle burrasche; impariamo a dominare il terrore di dover affrontare, se necessario, anche qualche vero e proprio maremoto: sono solo tempeste, sono le nostre compagne di vita. Convinciamoci che c’è sempre il modo per non affondare, per non affogare; invece di fuggire il mare, impariamo finalmente a solcarlo con coraggio.
Non sappiamo cosa ci riserverà la vita? Non preoccupiamoci: quando sarà ora, quando incomberà su di noi la tempesta del momento, sapremo come affrontarla.
Quello che Gesù ha detto una volta ai discepoli, lo ripete anche a noi, “Vieni e seguimi!”: un “seguimi!” che significa “Smettila di voler controllare ogni cosa; smettila di voler sapere, di voler pianificare, di voler gestire tutto tu. Seguimi, soltanto, là dove io ti conduco!”.
Se ci fidiamo, se abbiamo fede in lui, se siamo onesti, alla fine scopriremo che seguirlo era l’unica cosa buona da fare. Sì, perché Gesù per noi non è un’idea, un ente astratto, una teoria, ma un qualcosa di molto concreto: è uno che ci sta sempre a fianco, che nella nostra vita ci aiuta sempre, nonostante tutto, e puntualmente. Anche se non ce ne rendiamo conto, anche se non lo vogliamo ammettere.
Avere fede significa pertanto abbandonare per sempre i pensieri di paura, di tristezza, di autocommiserazione, di ripiegamento su noi stessi; significa porre tutta la nostra fiducia in Dio, in Lui, nel Dio della Vita, dell’Amore. “Si nobiscum Deus, quis contra nos? Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?”. Avere fede, per noi che navighiamo nelle tempeste della vita, è sapere che in qualche parte della nostra imbarcazione Lui c’è. Magari dorme, magari non lo sentiamo, magari neppure lo cerchiamo, ma siamo sicuri che c’è! E questo ci deve bastare per andare avanti in serenità, consapevoli che con Lui il nostro viaggio e il nostro approdo avverranno in tutta sicurezza. Amen. 

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