giovedì 22 febbraio 2024

25 Febbraio 2024 – II DOMENICA DI QUARESIMA


Mc 9, 2-10 
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

 Oggi il Vangelo cambia radicalmente ambiente. Domenica scorsa eravamo nel deserto, nella solitudine, nella fatica, nella tentazione, nel pericolo di fare scelte sbagliate. Oggi siamo invece in una situazione completamente opposta: la scena è dominata dalla luce, dalla gioia, dalla felicità, dalla pienezza: è come “toccare il cielo con un dito”. Domenica scorsa Gesù era solo, oggi è insieme a Pietro, Giacomo, Giovanni, gli amati discepoli. Lì la voce e la visione del maligno, qui la voce e la visione di Dio; lì la sofferenza, qui la gioia e la festa; lì il buio e le tenebre, qui tanta luce e il volto di Gesù trasfigurato nel sole. A un Gesù umano che “vive” le tentazioni come tutti noi, si contrappone un Gesù divino che rivela a tutti la sua vera natura.
Che senso ha questo cambiamento così repentino, in una quaresima che dobbiamo vivere come un’esperienza rigorosa, votata alla penitenza, alla conversione, al sacrificio, alla preghiera continua? Cosa significa?
La spiegazione sta nel messaggio che Gesù vuole trasmetterci proprio dal Tabor: Egli in sostanza vuole anticiparci, già su questa terra, una piccola visione di quella che sarà la felicità futura, quella finale, paradisiaca, fatta di luce, di amore, di contemplazione divina. Ci dice in pratica che la quaresima non deve essere tristezza, ma gioia, entusiasmo; che il nostro cammino di “conversione” deve essere fatto volentieri, con il sorriso, con la fiducia nel suo amore. Gesù in poche parole ci dice che la nostra vita potrà un giorno diventare radiosa solo se ora siamo mossi dall’amore: perché solo l’amore potrà farci salire sull’eterno e luminoso Tabor celeste, dove regna la felicità, l’Amore, e farci trasfigurare contemplando quelle meraviglie che nessun occhio umano ha mai visto e mai potrà vedere, meraviglie che commuovono, che trasmettono sensazioni e commozioni uniche.
Una volta pensavo che commuoversi fosse segno di debolezza, di mancanza di maturità. Oggi so che vuol dire soltanto essere vivi: significa cioè percepire la nostra anima, chi siamo dentro; significa lasciarsi toccare il cuore, farsi coinvolgere da ciò che ci succede intorno; vuol dire non essere gelidi come il ghiaccio, impenetrabili come la roccia, insensibili come un organismo arido, sterile. Vuol dire, in una parola, lasciarsi “trasfigurare”.
La vita è piena di questi momenti di Trasfigurazione; per farne esperienza dobbiamo soltanto saperli “vedere”: sono momenti in cui ci rendiamo conto di essere veramente amati, di essere “speciali” per qualcuno; momenti in cui siamo particolarmente felici di stare al mondo, di esistere, di amare, di credere, di donare; momenti che ci danno la forza, il coraggio, di andare sempre avanti, di affrontare serenamente le “discese” dai nostri Tabor, le croci, le crocifissioni di ogni giorno.
Senza queste “ricariche” di Dio, di soprannaturale, di infinito, tutto rimarrebbe drammatico, angoscioso, “nero”, invivibile. Ecco perché dobbiamo permettere alla Luce, al Calore, all’Amore divini di entrarci dentro; perché dobbiamo accettare con entusiasmo che Dio ci immerga completamente nella sua Vita, che viva in noi, che ci faccia sussultare, commuovere, estasiarci, rinascere continuamente in Lui, per Lui.
“Tabor”, il monte della trasfigurazione e della felicità, in ebraico, oltre che “principio di luce” significa anche “ombelico, cordone ombelicale”. Ebbene: la nostra personale trasfigurazione ci impone di tagliare tutti i cordoni “ombelicali” che ci legano al superfluo, tutte quelle dipendenze inutili che ci ostacolano la crescita, che ci avvizziscono la vita. Insistere nel vivere situazioni negative, esperienze traumatizzanti che ci procurano solo dolore e disperazione interiori, significa scegliere una fine già annunciata, una caduta nel nulla, implacabile e devastante. Se invece vogliamo rinascere, se vogliamo camminare spediti verso la Luce, impediamo con determinazione che zavorre pericolose ci rallentino, ci ostacolino: il nostro taglio deve essere netto, risoluto, definitivo.
Soltanto un cordone ombelicale non va mai reciso: è quello che ci lega a Dio; anzi dobbiamo conservarlo gelosamente, dobbiamo proteggerlo con grande cura, perché per noi vuol dire salvezza, beatitudine, trasfigurazione; troncarlo, significherebbe lontananza, condanna, perdizione, morte. È l’unico canale attraverso cui Dio può riversare direttamente l’amore nel nostro cuore. Un canale flessibile che, per quanto possiamo allontanarci, ci terrà sempre uniti a Lui, evitando che malefici deliri ci inducano a perderci nel vuoto. Solo così potremo andare serenamente ovunque la vita ci porti, anche verso le sue inevitabili “prove”; solo così potremo affrontare i momenti più duri e difficili: perché dentro di noi troveremo sempre nuova energia, nuova forza, nuovo entusiasmo: perché il Dio-Amore abita stabilmente nel nostro cuore. E potremo esclamare felici con Pietro: “Signore, è proprio bello stare qui con te!”.
Ma è proprio vero? È veramente bello per noi rimanere soli con Dio, estasiarci di Lui nel silenzio della nostra anima, in Chiesa, nei momenti di preghiera, di meditazione, nella Messa, nelle sacre liturgie? Oppure il nostro “esserci” è frutto soltanto di stanche abitudini senza vita, senza passione? Ebbene, la quaresima è il tempo degli esami, è il tempo ideale per darci delle risposte sincere, per ritagliarci nuovi spazi di silenzio, per aprire il nostro cuore a Dio con maggior sincerità e amore filiale, per ristabilire nella nostra vita una perfetta armonia con Lui.
Per farlo, come ci ordina la Voce dalla “nube”, dobbiamo “ascoltare”. Dobbiamo cioè “ascoltare” il Figlio, ascoltare la sua Parola, ascoltare noi stessi, la nostra coscienza, ascoltare ciò che di bello, di divino, hanno da dirci gli uomini nostri fratelli, la natura, il creato, la vita. Dobbiamo insomma imparare ad ascoltare Dio con umiltà, con attenzione: è da questo che dobbiamo ripartire; perché purtroppo oggi viviamo in un mondo in cui i valori inalienabili della vita sono calpestati impunemente, abbandonati nel totale disinteresse; il mondo, la natura, la società, lontani da Dio, sono ormai allo sbando: orribili sono le città, orribili le periferie, orribili sono le ideologie che imperversano, orribili le proposte martellanti e sguaiate della pubblicità, orribile il linguaggio che ci raggiunge dal mondo della politica, dello spettacolo, dell’informazione, orribili sono le nuove scelte di vita.
È proprio vero! L’umanità intera necessita urgentemente di “trasfigurazione”: di quella trasfigurazione vera, luminosa, autentica, divina; ha improrogabile bisogno di rivestirsi con la bellezza unica di Dio, che è Verità, Vita, Amore. Smettiamola di vivere allo sbando, di ingannare noi stessi, ostinandoci ad indossare maschere demenziali di stolti e idioti pagliacci, che si affannano a vivere senz’anima, senza luce, senza calore, senza amore. Una scelta decisamente stolta, insensata! Amen.

  

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