giovedì 3 marzo 2022

06 Marzo 2022 – I Domenica di Quaresima

 


Lc 4,1-13

Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo». Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”. Gesù gli rispose: «È stato detto: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo». Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

 

 Con il mercoledì delle ceneri abbiamo iniziato il tempo di quaresima, i quaranta giorni, cioè, che ci conducono alla Pasqua.

Perché proprio quaranta giorni? Perché questo è nella Scrittura il periodo di tempo necessario per il raggiungimento di un obiettivo, di una trasformazione, di un passaggio da una situazione ad un’altra. È chiaro allora che per noi cristiani la quaresima, più che un periodo di 40 giorni, deve rappresentare uno stile di vita, un sistema di autocontrollo; per noi, “quaresima”, deve essere quel tempo che ci serve per rialzarci, per riabilitarci e fortificarci di fronte ad una qualche situazione spirituale un po’ compromessa; deve essere quel tempo in cui dobbiamo camminare di più, crescere, faticare, magari piangere, ma lavorare; deve essere insomma un tempo di “conversione”, del ritornare sui nostri passi, del rimetterci nella giusta direzione facendo un’inversione di marcia; deve essere quel tempo in cui dobbiamo riconoscerci deboli, inadatti, insufficienti: un tempo, insomma, in cui ci rendiamo conto di non poter fare a meno Dio!

Noi spesso pecchiamo di eccessiva autostima, ci consideriamo immuni da ogni debolezza, tetragono a qualunque tentazione: ma nel cammino della vita, ci accorgiamo che la verità è ben altra: tutti indistintamente, cioè, siamo costretti a fare i conti con le nostre debolezze, con il nostro egoismo, con la nostra superbia, tutti dobbiamo affrontare i nostri “mostri”; tutti, alla fine, se vogliamo ricongiungerci a Cristo, nostra Pasqua, dobbiamo necessariamente fare il nostro percorso quaresimale.

Chi non oltrepassa il suo Mar Rosso, chi non percorre il suo “esodo” nel deserto, non potrà mai incamminarsi verso la libertà, non potrà mai raggiungere la Terra Promessa, le acque sorgive e rigeneranti della Pasqua.

Anche Gesù ha percorso, nel deserto, il suo cammino di quaresima: il vangelo di oggi ce ne chiarisce le modalità, le caratteristiche, la tempistica: ci dimostra che il maligno attacca proprio nei momenti in cui ci sentiamo più forti, più difesi, più “tranquilli”, come è successo a Gesù: Egli infatti ha appena ricevuto il battesimo: è il momento in cui si sente più amato dal Padre, in cui è “pieno di Spirito Santo”, in cui è spiritualmente carico, pronto per l’inizio della sua missione tra la gente: e, proprio allora, Satana, subdolo, calcolatore, sempre all’erta, sempre pronto a contrastare ogni buona azione, lo raggiunge con le sue mirabolanti richieste; solo che con Gesù, ogni sua singola profferta, viene immediatamente respinta al mittente.

È fondamentale anche per noi non arrenderci mai, non aver mai paura delle tentazioni, esattamente come Gesù ci ha insegnato: noi dobbiamo guadarle in faccia, dobbiamo esorcizzarle queste “tentazioni”, dobbiamo capirne subito il contesto, le movenze. Se non possiamo evitarle, dobbiamo almeno combatterle, faccia a faccia, senza panico e incertezze.

Il mondo in cui viviamo, la società, la cultura edonista dominante, sono il nostro “deserto”, sono il luogo della tentazione, la zona operativa del “diabolico serpente”: sono il nostro Eden terrestre, in cui veniamo messi alla prova. Ma questo fa parte della vita: infatti quaresima, deserto, tentazioni, non fanno altro che metterci di fronte alla nostra realtà, alla nostra coscienza, alla nostra vera entità di creature umane, deboli, nude, senza fronzoli, senza maschere, senza abbellimenti di facciata, senza incrostazioni cosmetiche a beneficio di chi ci guarda.

In greco “tentare” (peiràzein), significa “provare”, “verificare”. La tentazione ci prova, ci verifica, ci illumina, ci rivela impietosamente la verità su di noi, su come siamo, su cosa nascondiamo nel profondo del cuore; ci dice, insomma, “chi siamo noi” di fronte a Dio e al prossimo. Una analisi decisamente sfacciata, irriverente, a volte addirittura spietata: un’analisi che comunque nessuno può evitare, perché la tentazione è indipendente dalla nostra volontà.

Tutta la vita è una tentazione: è il nostro banco di prova, un continuo test di verifica. In questa quaresima controlliamo allora con cura l’efficienza delle nostre armi: perché rimanere indifferenti è già una sconfitta.

Le tentazioni servono in particolare per tenerci umili, per fugare tutte quelle velleità del nostro ego, basate sulla eccessiva considerazione di noi stessi. Il vero male è la nostra innata superbia, non le tentazioni. Assecondarle, criticando gli altri con supponenza, sparando giudizi velenosi, facendo paragoni antipatici, significa assecondare il nostro orgoglio, significa minare alla base non solo la nostra fede, ma anche quella di chi ci sta vicino.

Purtroppo sono situazioni con cui dobbiamo confrontarci quotidianamente. Non appena ci sentiamo delusi dalla società, dalla famiglia, dalla chiesa, dai preti, quando non ci sentiamo valorizzati, considerati, compresi, subito una vocina ci suggerisce: “A che ti serve credere, a che ti serve frequentare la chiesa, a che ti serve darti da fare, essere fedele, se poi chi ti dovrebbe sostenere, guidarti con il buon esempio, aiutarti, confortarti, capirti, si comporta così male con te?” E immediatamente decidiamo: “Quel prete non mi piace; inutile andare in quella chiesa; non ci vado più e basta! Preferisco frequentare quell’altra comunità, quell’altra parrocchia; perché lì sto bene, trovo maggiori coinvolgimenti personali, vivo meglio il mio cristianesimo, c’è un prete veramente in gamba, allegro, che saluta sempre tutti!”.

Ecco, questa è la prova classica dell’orgoglio: è veramente il nostro “profitto cristiano” che ci fa cambiare parrocchia, o è il nostro orgoglio che si è risentito? Perché, sotto sotto, noi assecondiamo il nostro “ego” che ci assicura, che ci convince: “tu vali, sei il più preparato, potresti fare cose molto più qualificanti di adesso; basterebbe che qualcuno che conta ti desse credito. E noi ci crediamo, ci illudiamo, ci caschiamo in pieno! Se però ci sottoponiamo ad una seria e necessaria verifica quaresimale, tutte queste nostre infatuazioni si riveleranno per quello che realmente sono: una sterile montatura per apparire irresistibili agli altri: non si tratta di vera fede, di una fede profonda, convinta, ma semplicemente di un irrefrenabile orgoglio travestito da amore per il prossimo, spinto da una religiosità da palcoscenico.

Ebbene: in queste settimane di quaresima ci aspetta un bagno di umiltà: dobbiamo percorrere il nostro deserto con grande compostezza e modestia, soprattutto con obiettività! La “quaresima” della nostra vita, con le sue prove, con le sue tentazioni, deve farci capire cosa custodiamo e alimentiamo veramente dentro di noi: perché il tempo passa, lo scorrere vertiginoso dei giorni non si arresta: e noi dobbiamo essere ben consapevoli di chi siamo realmente, dobbiamo avere le idee chiare su cosa correggere in noi, cosa rimediare, cosa incentivare e fare nostro.

Se non affrontiamo i nostri demoni interiori, continueremo ad essere sempre in loro balìa. È una questione di libertà. È inutile che ci illudiamo pensando: “Io sono tranquillo! Non ho di questi problemi; non ho rabbia dentro di me. Sono felice, soddisfatto della mia vita, in pace con Dio e con me stesso”. No, amici miei; se pensiamo questo, vuol dire che non ci conosciamo per nulla! È Satana infatti che si diverte a crearci queste illusioni; il suo mestiere è proprio quello di distoglierci dalla realtà, dal nostro autocontrollo, dalla nostra coscienza. Cerca di insinuarci l’illusione di essere “diversi” dagli altri, di essere migliori in assoluto! Ci fa vedere come reali, acquisite, qualità che non abbiamo, virtù e meriti per noi irraggiungibili. Ma a noi questo piace; ci piace così tanto, da finire col crederci veramente: siamo stregati da questa illusione, la ammiriamo, la inseguiamo, e su di essa, stoltamente, orientiamo la nostra vita.

Salvo poi, una volta che ci siamo accorti, sempre troppo tardi, che tutto è soltanto una misera illusione diabolica, sentirci frustrati, profondamente delusi, degli autentici falliti.

Ecco perché non possiamo permetterci di perdere altro tempo. Ecco perché dobbiamo agire in fretta: perché il tempo favorevole non è un lontano e improbabile domani, ma è ora, è adesso, è esattamente in questa quaresima! Amen.

 

 

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