giovedì 5 dicembre 2019

8 Dicembre 2019 – Immacolata Concezione di Maria SS.


“Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te” (Lc 1,26-38)

Un angelo, un messaggero di Dio, si presenta in una casupola, meglio una grotta, situata tra le montagne della sperduta Galilea, abitata da un’umile e povera ragazza. E proprio qui la Parola di Dio, pur incomprensibile e inspiegabile, trova da parte della fanciulla la massima accoglienza.
Dio aveva già inviato il suo portavoce in una precedente occasione: nella religiosissima Giudea, nella civilissima e celebre Gerusalemme; e lo aveva mandato da un sacerdote del Tempio, Zaccaria, un “giusto”, un addetto alle cerimonie sacrificali, uno che era in costante contatto col “divino”. Solo che quel giusto, quel sacerdote, non gli aveva creduto, gli aveva argomentato che il messaggio recapitatogli, vista la situazione, non poteva essere altro che una “fandonia”. Un sacerdote che non crede, però, non ha nulla da dire al popolo: dice magari tante parole, racconta un sacco di cose, ma non trasmette nulla, non è un portavoce (pro-feta) di Dio. Per questo, Dio lo ha reso muto. Eppure, ciò che Dio attraverso il suo angelo gli proponeva, non doveva poi suonargli tanto strano, visto che lui era uno che conosceva molto bene la Bibbia: tante altre volte, infatti, Dio aveva fatto nascere figli da donne sterili: per esempio Sara, prima di avere Isacco, era sterile; Rebecca prima di avere Esaù e Giacobbe era sterile; i loro mariti erano Abramo e Isacco, personaggi famosissimi. Anche la madre di Sansone era sterile; anche Anna, Michal, la donna Shunammita, ecc. Perché non poteva succedere anche a sua moglie Elisabetta?
Zaccaria insomma era un sant’uomo, uno che sapeva tutto di Dio, ma che, in pratica, non “aveva” Dio. E a volte il troppo nasconde proprio l'insufficienza: uno cerca di sapere tutto, proprio perché non “possiede” ciò che cerca: e non “possiede” perché cerca con la mente ciò che invece va cercato con il cuore e con l’anima.
Dunque: dopo aver fallito il primo tentativo (con Zaccaria), l’angelo Gabriele ci riprova. Ma questa volta fa tutto in maniera completamente diversa. Prima era andato nella Giudea, terra santa e fedele a Dio, protagonista della storia della salvezza; ora va in Galilea, regione del nord, dove la popolazione si è mescolata con i pagani; una regione marchiata dal profeta Isaia come “Terra pagana”. Giuseppe Flavio, storico del tempo, aggiunge che i galilei erano persone litigiose, piantagrane; erano i poveri, i diseredati del tempo, i braccianti dell’epoca, sfruttati dai latifondisti della Giudea, e per questo continuamente in ebollizione, in rivoluzione. Al punto da far esclamare Natanaele: “Cosa può venire mai di buono da Nazaret?” (Gv 1,46). Erano insomma considerati degli incivili, abitavano in case per la maggior parte ricavate in caverne, nelle grotte; gente che era meglio lasciar perdere. 
In stridente contrasto con le pietre preziose, con la sontuosità e lo splendore del tempio, questa volta l’angelo entra in una misera casupola, in parte ricavata dalla roccia, con delle mura fatiscenti. Prima da un uomo e adesso da una ragazza, da una donna: cosa riprovevole, una bestemmia, un’eresia. La nascita di una donna infatti era considerata una disgrazia, una punizione lanciata da Dio contro determinati peccati; la nascita di una bambina veniva vista come un fastidio. Le donne non avevano nessun diritto, erano impure, e per giustificare questo si chiamava in causa la Bibbia. Quindi, che Dio si potesse rivolgere ad una donna era totalmente impensabile, fuori da ogni ragionamento.
Ma ciò che è assurdo per gli uomini non lo è affatto per Dio! Dio non guarda ciò che guarda l’uomo. Cosa fa allora l’angelo Gabriele?
«Nel sesto mese...». I numeri per la Bibbia hanno sempre un valore ben definito. Per esempio nella creazione, Dio ha lavorato per sei giorni: il settimo l’ha riservato a sé stesso: dopo i sei giorni è arrivato quindi il giorno di Dio, un evento divino, un incontro con Dio. Per cui quando Luca scrive qui “nel sesto mese” lascia già capire che più tardi arriverà qualcosa di soprannaturale, di divino.
E da chi va Gabriele? Da una donna, promessa sposa, che si chiama Maria. Luca inserisce volutamente il nome; ora, per noi, “Maria” è un nome soave; ma di certo non lo era a quel tempo: nella Bibbia esiste una sola Maria, la sorella di Mosè; una donna molto ambiziosa, che aveva cercato di fare le scarpe al fratello Mosè. Per questo Dio la maledisse con la lebbra (la lebbra era la maledizione di Dio). Dopo quella Maria nessuna più si chiamerà con quel nome fino alla madre di Gesù. Perché? Perché era un nome maledetto, oggetto di maledizione. Nessuno di noi metterebbe nome a suo figlio “Giuda”, un nome che si collega ad un traditore. Così era per Maria.
Quando l’angelo entra le dice: «Ti saluto o piena di grazia»: “Kecaritwmnj”, “riempita di grazia”; non si riferisce alla bravura di Maria, ai suoi meriti, al fatto che nessuna donna era brava quanto lei. No! Si riferisce all’azione di Dio. Lei è niente (Galilea, Nazareth, donna, Maria, ecc.) eppure Dio, di sua iniziativa, gratuitamente la riempie, la colma. Questa è la grandezza di Maria: Maria è grande non perché era santa o perfetta (come viene descritta in certe litanie) ma perché è la prima ad accogliere senza pretese l’amore gratuito di Dio.
Mentre Zaccaria e i sacerdoti del Tempio volevano conquistarsi l’amore di Dio con le preghiere, i riti e la santità, Maria non fa nient’altro che dirgli: “Sì”. Perché l’amore di Dio è immeritato, è sempre gratuito.
L’angelo poi le dice: «Concepirai un figlio, lo darai alla luce, e lo chiamerai Gesù». Ma le donne ebree non potevano mai mettere il nome ai figli: erano sempre e solo i padri che lo facevano! Questa volta però sta succedendo veramente qualcosa di straordinario: Dio rompe completamente con ogni tradizione precedente, inizia un nuovo corso, qualcosa di completamente nuovo.
È Dio infatti che si manifesta come il totalmente nuovo: nessuno lo può controllare, nessuno può chiedergli spiegazioni, rassicurazioni, perché nessuno conosce questo “nuovo”. Qual è allora l’unica cosa da dire? La stessa di Maria: “Non so dove, non so come, non so perché, non so quando, ma mi fido di te”. Tutto qui.
E Maria risponde all’angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo!». Zaccaria era stato incredulo, Maria no. Lei vuole soltanto sapere il come, come avverrà tutto questo. In passato qualcuno, appellandosi proprio a questa frase, affermava che Maria avesse fatto voto di verginità. Ma questa cosa è impossibile per il mondo ebraico. Noi invece sappiamo perché Maria ha delle perplessità: perché era nella prima fase del suo matrimonio: era cioè fidanzata, già sposata, ma non ancora convivente: oltretutto risultare incinta in quel periodo, significava condanna e morte sicura.
E l’angelo spiega: «Lo Spirito Santo scenderà su di te». Emblematica questa frase; Luca mette qui in parallelo la discesa dello Spirito Santo su Maria, con la discesa dello Spirito Santo sulla prima chiesa. E chi è presente ora, come anche allora? Sempre Maria (At 1,14)!
Per il vangelo, dunque, Maria è la donna dello Spirito, è colei che vive, dall’inizio alla fine, guidata sempre dallo Spirito. Lui la guida e lei lo segue.
«Sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». I “servi del Signore”, nella Bibbia, sono quelli che hanno obbedito ai comandi di Dio e che lo hanno seguito. Maria è l’ultima serva del Signore. È colei che chiude un tempo: dopo di lei nessuno sarà più “servo”, ma soltanto “figlio”.
Maria quindi affida all’angelo il suo “Sì” da riferire a Dio; anche se non sa esattamente a cosa dice sì; il suo è un sì totalmente nuovo, totalmente diverso da ciò che lei poteva pensare e capire. Ma apre comunque il suo cuore, offre la sua piena disponibilità. Perché Lei si fida di Dio. È per questo che apre un tempo nuovo, un nuovo corso storico: il tempo della fiducia. “Mi fido di te”. Essere uomini e donne “dello Spirito”, vuol dire appunto fidarsi di Dio: significa rispondere ad ogni sua chiamata con un “Sì” pieno e generoso.
Al contrario noi ci chiudiamo ermeticamente, recalcitriamo, dubitiamo, non ci fidiamo: siamo diffidenti perché guardiamo solo a noi stessi e non a Lui. Non vorremmo avere problemi: ma i problemi li troviamo, e numerosi anche, se continuiamo ad assecondare il nostro egoismo, se ascoltiamo solo noi stessi. Per questo dobbiamo rinforzare la nostra fede. Perché solo una fede sincera, disinteressata, umile, potrà far sgorgare, dal profondo del cuore, il nostro “si” a Dio: “Sì, Signore, mi fido di te!”. Sull’esempio di Maria. Amen.



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