giovedì 7 febbraio 2019

10 Febbraio 2019 – V Domenica del Tempo Ordinario


“Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti. Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano” (Lc 5,1-11).

Luca, nel vangelo di oggi, ci racconta la chiamata dei primi quattro discepoli: sono Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni, due coppie di fratelli, tutti pescatori.
Il testo però si concentra soprattutto sulla figura di Pietro.
Siamo presso il lago di Genesaret. Ora, nei vangeli, il simbolismo del “lago” viene collegato molto spesso a particolari situazioni di vita : oltre che a fenomeni di tempesta improvvisa, di cambiamento radicale, di rovesciamento della situazione, di scombussolamento, di paura (Mc 4,35-41; 6,45-52), la sua superficie in genere sempre liscia, immobile, tranquilla, rende molto bene anche uno stile di vita monotona, nel nostro caso dei discepoli, che prima di incontrare Gesù conducevano una vita sempre uguale, ogni giorno sempre le stesse cose, senza sussulti, completamente piatta, come talvolta appunto sono le acque del lago.
Un’esistenza insomma, per alcuni aspetti, molto simile alla nostra vita spirituale: non siamo cattivi, non siamo gente di malaffare, anzi qualche volta anche noi permettiamo a Gesù di usare la nostra “barca”. Siamo convinti che stiamo bene così come siamo, che la vita è tutta in quel che facciamo. Pensiamo che il nostro sia l’unico modo di vivere; ma siamo purtroppo ancora molto lontani dall’immaginare quanto, al contrario, sia più esaltante uscire in barca con Lui! Forse abbiamo anche provato, ma abbiamo combinato ben poco, anzi proprio nulla!
Val la pena allora di chiederci: Ma noi, che abbiamo aderito alla chiamata di Gesù, ci impegniamo seriamente “nel gettare le reti”? C'è fuoco, c'è passione nel nostro agire? C'è sole nei nostri occhi, luce ed entusiasmo nel nostro cuore? C'è sufficiente “profondità” in quel che facciamo? “Maestro abbiamo provato tutta la notte e non abbiamo pescato nulla”. Come a dire: “Ci siamo occupati di tantissime cose, abbiamo fatto qualunque esperienza possibile, abbiamo sperimentato infinite tecniche, sondato ogni metro d’acqua, ma ci ritroviamo sempre a mani vuote; quando tiriamo le reti in barca, non troviamo mai nulla”.
La realtà è che se continuiamo a vivere con superficialità, a “pescare” senza impegno, è decisamente difficile riuscire a combinare qualcosa di buono: a quel livello, è addirittura impossibile!
Sulle rive del lago, gli apostoli stanno lavando le reti, afflitti anch’essi dai nostri stessi problemi: ma non appena sentono la voce di Gesù, il loro cuore inizia a vibrare; sentono che le sue parole risvegliano emozioni fino ad allora “morte”, emozioni che infondono nuovo vigore, che fanno rivivere; sentono che Egli indica loro nuove possibilità, che li spinge ad osare nella vita.
Gesù parla a tutti, si fa sentire con la stessa insistenza: ha parlato ai discepoli di allora, parla anche a noi, discepoli di oggi, a quanti nel battesimo egli chiama ad essere suoi fedeli collaboratori.
Ma noi, a differenza dei primi, che facciamo? Il nostro cuore non vibra, non si entusiasma? Sembra proprio di no: continuiamo a rimandare continuamente qualunque iniziativa! Eppure prima o poi dovremo deciderci: la barca è pronta, le reti anche. Non abbiamo più giustificazioni: sciogliamo dunque gli ormeggi e prendiamo il largo. È arrivato anche per noi il momento di rischiare, di osare, di andare. Dobbiamo aver fiducia in Lui. “Ma che ne sarà di noi? Che succederà? Ce la faremo? Soffriremo? E se poi ci sbagliassimo?”. Certo, se ascoltiamo la paura, se preferiamo star sdraiati sul bagnasciuga, non prenderemo mai il largo.
Seguire Gesù non vuol dire conoscere alla lettera tutto ciò che lui ha detto: è sufficiente amarlo e credere fermamente in Lui: non lo seguiamo perché conosciamo perfettamente le Scritture, ma perché ci siamo innamorati di Lui, perché sappiamo che con Lui potremo sicuramente diventare migliori.
Le proposte di Gesù sono sempre mirate, di grande respiro, di larghe e profonde visioni: ci permette sempre di scegliere, purché poi ci mettiamo seriamente in gioco.
Ogni sua chiamata, così come quella descritta nel vangelo di oggi, si articola sempre in due momenti, in due richieste semplici e chiare, ma insieme decise e autoritarie.
La prima è: “Prendi il largo”: non ha bisogno di molte spiegazioni. Vuol dire: “esci fuori dalla tua normalità, allontanati dal tuo modello di vita, dal tuo modo di pensare, di agire, lascia tutto ed entra nella Vita vera!”. “Ma io ho paura!”. “Lo so”. “Ma è rischioso!”. “Lo so”. “E poi?”. “Non lo so!”. “E se non riesco, se non funziona?”. “È possibile”. Domande e dubbi più che leciti; ma se vogliamo “il nuovo” dobbiamo osare, dobbiamo avere il coraggio di decidere.
Quando il padrone della Vita bussa al nostro cuore, dobbiamo dargli una risposta: nessun altro può sostituirci, nessun altro può farlo al posto nostro.
Molti sono quelli che dicono: “Sarebbe bello, ma non ci riesco, è troppo difficile, va troppo oltre le mie possibilità, non fa per me”. Quando invece sarebbe più onesto ammettere: “Ho paura; non mi va; sto bene così come sto; mi basta; è più comodo non fare nulla; io non sono un eroe!”.
Ma di che stiamo parlando? Che cosa ci basta? Di che cosa ci accontentiamo? Di sprecare il nostro tempo senza far nulla? Di vivacchiare con le solite compagnie, col solito gruppetto di amici che ormai non ci offrono più nulla? “Prendi il largo!”. Ci accontentiamo di frequentare sempre i soliti ambienti, i soliti ritrovi, di ascoltare l’esaltato di turno che straparla di politica, di donne, di sport, di soldi, di lavoro? “Prendi il largo!”.
Non ci capita mai di provare disgusto per le nostre giornate senza senso, di sentire alla sera un profondo desiderio di verità, di assoluto, di scoprire e di conoscere il vero motivo del nostro esistere? “Prendi il largo!”. Non succede mai di sentirci arrabbiati, insofferenti, stanchi di risposte preconfezionate, utilitaristiche, di comodo? “Prendi il largo!” ci ordina la voce suadente e insistente di Dio.
La seconda richiesta è: “Getta le reti!”. Cioè: “Vai dentro; vai fino in fondo; entra dentro il mistero di Dio, il mistero dell’Amore, della Vita”. Non possiamo entrare in contatto con Dio stando in superficie, all’esterno, fuori dall’acqua; dobbiamo vivere immersi nel nostro battesimo. Ci sentiamo figli di Dio? “Certo che sì!”, rispondiamo. Ma che importanza, che valore diamo a questo “si”? Perché a parole non risolveremo mai il nostro problema: una semplice risposta non ci cambia la vita: “Getta le reti!”. Siamo consapevoli di avere nella nostra vita una missione da compiere? Certo! Ma qual è la missione che Dio ci ha assegnato? Dobbiamo scoprirlo! Ma per farlo dobbiamo entrare in noi stessi (introire secum). Come si fa? In un solo modo: “Getta le reti!”. Non c'è altra possibilità.
Quando Pietro si rende conto di come può vivere con Gesù (la rete che tira su è piena, stracolma di pesci!), è preso dal panico, ha paura: “Allontanati da me, sono peccatore”. Cosa vuol dire Pietro con queste parole? Perché allontanare Gesù? Prima di tutto perché non si sente degno: viene assalito dallo sgomento, non si sente adeguato, all’altezza, ha paura per tanta imprevista e imprevedibile fortuna. Poi capisce, e sente il rimorso per aver sprecato a vuoto tanta parte della sua vita. Una delle sensazioni più amare che possiamo vivere è proprio quando, a quaranta, cinquanta, sessant’anni, o quel che è, improvvisamente ci svegliamo, e constatiamo quanto sia inebriante e meraviglioso vivere con Dio e, guardandoci alle spalle, ci rendiamo conto di aver sprecato una vita! “Dio, quanto sono stato stolto! Lo chiamavo vivere quando in realtà vegetavo soltanto”. Abbiamo allora la netta consapevolezza di aver vissuto un grande “bluff”, un tremendo fallimento, un continuo peccato di omissione. “Peccato”, in ebraico, significa infatti “mancare il bersaglio”: nella vita non abbiamo fatto centro, lo stile che avevamo scelto non era quello autentico. Il nostro peccato è stato quello di uscire in mare tutte le notti e non aver mai preso nulla. Abbiamo sprecato il nostro tempo.
“Signore, le tue, sono “parole di vita eterna”: l’abbiamo finalmente capito, l’abbiamo provato. Per questo vogliamo seguirti; per questo vogliamo lasciare tutto, metterci a rischio; vogliamo osare, vogliamo vivere per Te: e finalmente, sulla tua Parola, getteremo le nostre reti. Amen.


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