Il sole inizia pigramente a fare capolino sull’orizzonte, rischiarando appena la pietra color ocra dei fabbricati.
I mercanti più mattinieri stanno iniziando pigramente ad esporre le loro merci sui banchi, dopo il giorno di riposo del sabato.
I tre non se ne curano e continuano a correre in fretta: lasciano al loro fianco la cava di pietra in disuso, quel Golgota che i romani avevano destinato come luogo per le esecuzioni capitali e le crocifissioni; i pali verticali, come alberi rinsecchiti, svettano sinistramente in alto, aspettando nuovi condannati. Il sangue rappreso di Gesù tinge ancora di rosso il legno scuro.
Nulla li distrae, corrono sempre, senza sosta; ormai il fiato manca; la tunica impaccia la corsa. Pietro, meno giovane, in debito di ossigeno, rallenta un po’, mentre gli altri scendono rapidamente oltre la cava. I soldati romani di guardia sono spariti, la tomba di Giuseppe di Arimatea effettivamente è aperta: la pesante pietra che ne bloccava l'ingresso è ribaltata, rotolata di lato.
Giovanni, giunto per primo, si ferma e aspetta; le tempie gli pulsano, ansima rumorosamente: Maria aveva ragione: e ripensa, socchiudendo gli occhi, a come, con il volto sconvolto e la voce singhiozzante, lo avesse tirato giù dal letto. Arriva anche Pietro. Giovanni lo guarda lungamente e, in segno di rispetto, gli cede il passo: abbassano entrambi la testa ed entrano. Nulla. Non c’è nulla. Gesù è veramente scomparso. Solo il lenzuolo, come sgonfiato, afflosciato, e il sudario, il telo che fasciava la testa; giacciono entrambi abbandonati, esattamente al loro posto, come se il corpo di Gesù si fosse dissolto. Nient’altro. Gesù è scomparso e nessuno sa che fine abbia fatto! Ma loro, i discepoli, lo sanno bene: è risorto come aveva detto loro.
Ecco: questa è la Pasqua cristiana, fratelli. Gesù, nostra Pasqua, è veramente risorto. Quella lunga corsa verso Cristo, quella tomba inesorabilmente vuota, sono le icone della giornata di oggi. E quella tomba vuota, è ancora lì, a Gerusalemme, muta testimone della risurrezione di Cristo. Vi hanno costruito sopra un'immensa basilica, oggetto di continui pellegrinaggi per oltre due millenni. A più riprese uomini miscredenti hanno tentato di distruggerla, pezzo per pezzo. Ma non ci sono mai riusciti: è ancora lì al suo posto. Ricoperta di marmi preziosi, divisa e contesa (idiozia degli uomini) tra mille confessioni cristiane che ne rivendicano la proprietà. Ma la stoltezza degli uomini non ci deve interessare, fratelli. Quello che più importa è che quella tomba è sempre lì: esattamente dove la trovarono Maria, Pietro e Giovanni. Ed è ancora vuota.
«Perché cercate tra i morti colui che è vivo?» Egli chiederà poi ai discepoli che lo piangono.
Questo è il punto, fratelli e sorelle: perché anche noi ─ che ci riteniamo suoi discepoli ─ ci ostiniamo a cercarlo tra i morti?
Se veramente vogliamo trovarlo, dobbiamo cercarlo là dove Lui c’è! Di sicuro non tra i morti... tra coloro che uccidono la speranza con il pregiudizio; tra coloro che inquinano la vita e le relazioni umane; tra gli indifferenti, gli egoisti e i pessimisti; non lo troveremo certamente tra coloro che si nutrono solo di beni e non di amore, tra gli incapaci di perdonare e tra chi cerca la vendetta; non lo troveremo tra coloro che non hanno speranza e non credono in un futuro di pace per tutti. Non lo potremo mai trovare tra i morti...
Egli è vivo! È nel pane spezzato insieme, è nella parola amica che ridona coraggio a chi si sente escluso, è in un gesto di carità anche semplice, è in un parola di perdono; è in un povero che ci invita ad amarlo, è in un piccolo che cerca la nostra mano, è nella pace che a piccoli passi cerchiamo di costruire attorno a noi; è nei nostri confratelli e nelle nostre consorelle che, grazie alla sua Parola, costruiscono giorno per giorno il Regno di Dio...»
Egli è morto e risorto, fratelli. E con la Sua morte e risurrezione, Egli ha sconfitto anche la nostra di morte, ha sconfitto qualunque morte. Lui, Vita immortale, Dio nudo, appeso, osteso, evidente, Dio sconfitto e straziato, Dio crocifisso, morto e deposto sulla fredda pietra di una tomba, lì non c’è più, è risorto, è il vincitore.
Dico “risorto”, fratelli. Non rianimato, non ripresosi, non vivo nel nostro ricordo, o pie amenità del genere. Gesù è davvero vivo, risorto, presente per sempre, in carne ed ossa.
Non è facile credere a questa notizia, lo so bene. Avremo modo, in questi prossimi cinquanta giorni, di verificare la fatica che hanno fatto gli stessi apostoli per convertire il loro cuore a questa sconcertante verità. Se non capiamo, però, almeno crediamo fermamente: perché un giorno di sicuro saremo in grado di capire tutto.
Nell’attesa di quel giorno, in questa nostra difficile vita, apriamoci dunque alla gioia della risurrezione. Facciamolo con i nostri fratelli. Gioiamo con loro!
Soprattutto crediamo con loro, perché è la fede che ci aiuta a superare qualunque nostro dolore, qualunque nostra difficoltà; soltanto la fede può aiutarci a gioire, ad aspirare alla vera gioia immortale. Condividere il dolore è più semplice, perché nel dolore l’uomo compie le sue esperienze; è nella sofferenza che tutti troviamo un conforto naturale nella vicinanza di qualcuno, nella vicinanza di un consolatore, di uno che ci capisce e che ci dimostra il suo amore, la sua compassione (da “cum pati”, soffrire insieme, la condivisione della sofferenza). Ma gioire no; gioire è un’altra cosa; non lo sappiamo fare tutti; gioire è difficile, perché significa uscire dal proprio dolore, dalle proprie difficoltà, uscire dal proprio io: non amarlo, ma superarlo, abbandonarlo: spersonalizzarsi per condividere la gioia dell’altro con l’altro.
La gioia va conquistata attraverso la croce, attraverso la risurrezione: soltanto tra i vivi, con i vivi. Perché Cristo, nostra gioia, è tra i vivi. Smettiamola dunque di cercarlo ancora tra i morti: quante facce tristi nelle nostre celebrazioni, quando ci isoliamo nella tomba del nostro egoismo; quando non le condividiamo e viviamo con la comunità dei fratelli; quante preghiere e devozioni infelici nelle nostre comunità, perché consumate senza amore, con la morte nel cuore! Coraggio fratelli: siamo discepoli di un Dio vivo! Siamo discepoli di un Dio che ha fatto esplodere d'amore il suo sepolcro! Non siamo più schiavi della morte, non siamo più prigionieri senza scampo: Gesù è risorto! Gesù è vivo! Tiriamola fuori questa gioia, facciamo che la nostra vita diventi occasione di incontro di altri uomini e donne consapevoli che il loro Dio è vivo, palpitante d'amore! Sì, perché il Signore è risorto anche per te: per te che quest’anno fai Pasqua da sola, senza tuo marito, recentemente scomparso; per te che ti consumi nella preghiera perché tuo figlio lotta ancora tra la morte e la vita. È risorto per te che stai su una carrozzella, perché un ubriaco ti ha investito. È risorto proprio per te che dopo anni di fatica e di sofferenze, regali a quanti ti amano i tuoi sorrisi più belli. È risorto per te che fai Pasqua lontano dalla tua famiglia, lontano dai tuoi cari; e anche per te, che una famiglia non ce l'hai più o non l’hai mai avuta. È risorto per te che in tutta la tua vita non l’hai mai cercato, ma che oggi sei qui, davanti a Lui; forse non lo sai, ma Gesù è vivo e se anche tu ti sei dimenticato di Lui per tanto tempo, Lui non si scorda mai di nessuno.
«Scimus Christum surrexisse a mortuis, vere! ─ sappiamo che Cristo è risorto dai morti, veramente! ». Risorto perché tutti potessimo risorgere: «Agnus redémit oves: Christus ínnocens, Patri reconciliávit peccatóres ─ L’Agnello ha redento le pécore: Cristo innocente, ha riconciliato i peccatori al Padre» (Cfr. Sequenza).
Se siamo convinti di questo, capiremo allora che la Pasqua ─ al di là delle uova di cioccolato e delle campane a festa ─ è la vittoria dell'amore, la pienezza della vita.
E concludo: fratelli miei, la scommessa terribile, di un Dio incatenato, percosso, deriso, morto crocifisso, vittima sacrificale che ha offerto la propria vita per la redenzione delle sue creature, è finalmente superata, vinta. Tutto si è compiuto: la morte è stata annientata dalla Vita «in un furibondo duello»; Cristo è risorto! A noi, ora, di credere, di vivere da risorti, di seguirlo, come i discepoli, “nella Galilea” del nostro mondo.
Noi, discepoli affannati nella corsa, discepoli sempre in ritardo rispetto alla forza dirompente di Dio, dobbiamo ora accettare la sfida della fede; dobbiamo smetterla di cercare il corpo del Cristo tra i morti; dobbiamo smetterla di piangerci addosso e di lamentare un Dio assente. Gesù è risorto fratelli. È qui, ora è sempre al nostro fianco! Gioiamo allora, e viviamo, cantiamo, preghiamo, testimoniamo di fronte a tutto il mondo Cristo, nostra Pasqua! Amen.
Buona Pasqua a tutti, amati fratelli.
Buona Pasqua a chi mi sta leggendo, in qualunque parte del mondo si trovi. Buona Pasqua ai tanti consacrati e consacrate che hanno scelto di servire Dio: non siate calcolatori, non risparmiatevi, non accontentatevi di fare solo il dovuto: tuffatevi nell’amore infinito e gratuito del Risorto, attingetene a piene mani e riversatelo sui cuori aridi di chi non capisce o non vuol capire…
Buona Pasqua agli amici che conservano la fede in queste orribili città moderne che divorano e omologano tutto e tutti.
Buona Pasqua ai tanti cercatori di Dio, così diversi eppure tutti toccati dalla stessa Parola che ci cambia.
Buona Pasqua a chi ostinatamente ama senza risultati.
Buona Pasqua a chi sta crescendo dei figli, tra tante fatiche e sacrifici, conservando comunque il buonumore.
Buona Pasqua a chi è in lutto, a chi ha perso una persona amata, senza la quale nulla in questa vita sembra avere più alcun senso.
Buona Pasqua a chi sente di avere sbagliato tutto nella vita. Ricominciare non è mai troppo tardi.
Buona Pasqua a chi lotta per la vita e sa che, forse, questa è l'ultima, prima che la malattia lo sconfigga.
Buona Pasqua a tutti voi, discepoli del Maestro che, come me, siete fragili e un po’ distratti: coraggio, Gesù è davvero risorto. Ascoltiamolo! Seguiamolo! Amiamolo!
Questo è il mio augurio per tutti voi.
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