giovedì 2 dicembre 2010

5 Dicembre 2010 - II Domenica di Avvento

"Convertitevi: il regno dei cieli è vicino!". Abbiamo messo in moto la preparazione al Natale 2010, e dobbiamo farla per essere presi, non lasciati. Presi dalla sconcertante notizia di un Dio che si fa uomo, di un Dio che rischia tutto diventando un bambino fragile e inerme. Molti pensano di essere cristiani semplicemente perché credono che il Signore Gesù sia entrato nella storia di questo mondo; ma non c'è bisogno di essere cristiani per crederlo! Siamo invece cristiani se desideriamo, nella semplicità e nella povertà del desiderio, che Cristo nasca nei nostri cuori. E Giovanni il folle, oggi, ci scuote con parole che schiaffeggiano, invece di accarezzare. Il Battista, con la sua vita, proclama il primato di Dio sulla Storia, richiama tutti ad uscire da una visione stereotipata e immobilista della fede, per incontrare l'inaudito di Dio.
Il Vangelo, svuotato della sua forza, mantiene il mondo così com’è. Ma Gesù è venuto per cambiarlo, e lo fa partendo dal cuore di ciascuno di noi. Il Salvatore non è un rivoluzionario politico o sociale. È venuto a trasformare la società non con la violenza o la lotta di classe, ma cambiando il cuore degli uomini. E questo cambiamento il Vangelo lo chiama "conversione".
E questo è il tema di oggi.
A noi capita spesso – quando ci mettiamo davanti alla televisione, vediamo il telegiornale, oppure quando apriamo un giornale e vi troviamo le solite notizie di guerre, violenze, rapine, furti, corruzioni, omicidi – di pensare: «il mondo va male perché ci sono in giro tanti ladri e briganti, disonesti, violenti, corrotti». Noi esprimiamo la nostra sincera indignazione quotidiana, considerandoci fuori da questa massa dannata di malviventi: «i ladri sono gli altri, i banditi sono gli altri, i mascalzoni sono gli altri. Io non ho mai fatto niente di male. Io sono un prete, sono un frate, sono una suora, appartengo già per questo ad uno stato di elezione, mi rapporto con Dio quotidianamente; sono un padre, una madre di famiglia, impegnati nel sociale e nel volontariato; sono un cristiano battezzato, vado in chiesa ed è naturale che in tutta onestà mi ritenga migliore degli altri!». “Razza di vipere” – tuona Giovanni. Non avete ancora capito? Non basta appartenere ad uno “status” superiore, non basta sentirsi migliori, non basta la conversione di un giorno, non basta un Natale carico di sentimenti: la conversione è una cosa seria, è l’impresa di una vita, una strada sempre in salita, un continuo e difficile cammino alla sequela vera e autentica di Cristo. Nell’umiltà e nella coscienza della propria fragilità.
Questa è la realtà; ed è per questo che tutti noi siamo chiamati ad essere altrettanti profeti!
Vi sembra una battuta? No, fratelli.
La nostra società, noi, abbiamo infatti urgente bisogno di profeti: persone dall'apparenza normale che, però, sanno muoversi in nome di Dio, sanno leggere il presente alla luce della fede. Abbiamo bisogno di profeti, non per predirci e interpretarci il futuro (di questo genere di ciarlatani ne abbiamo fin troppi!) ma per aiutarci a capire il presente, perché ci aiutino a discernere il nostro percorso di fede nella faticosa vita quotidiana! Abbiamo bisogno di uomini di Dio. Si, perché il Dio che il Battista annuncia, il Dio che aspettiamo, è il Dio che brucia dentro, che spazza via con forza i timori, un Dio forte e impetuoso! Un fuoco che divampa bruciando le lentezze, divorando ogni obiezione, ogni tenebra, ogni paura.
Ecco perché Giovanni ammonisce: non basta rifugiarsi dietro alla tradizione, al “fanno tutti così”, accontentarsi di una fede esteriore, di facciata, di una coscienza tiepida. Colui che viene chiede un reale cambiamento, una scelta di vita, uno schieramento deciso. Perché Dio – diventando uomo – separa la luce dalle tenebre, obbliga ad accoglierlo. O a rifiutarlo.
Per questo, fratelli e sorelle, siamo chiamati a diventare profeti. Non c'è bisogno di vestire pelli di cammello, tranquilli, ma di essere a nostra volta trasparenza di Dio; lasciare che il fuoco che Gesù è venuto ad accendere divampi nell'oscurità della nostra vita e dia luce a chi incontreremo in questa settimana. Niente crocifissi al collo o padrepii sui cruscotti della macchina: nulla di tutto questo, ma un'unica notizia, che è il cuore del Vangelo di oggi: "Accorgiti che il Regno si è fatto vicino". La nostra vita deve essere all'opposizione. Non tanto gridando e denunciando, quanto vivendo una vita alternativa a quella consumistica ed edonistica che vediamo quotidianamente intorno a noi.
Il che non è certo facile, diciamocelo! Semplice gridare contro il consumismo e i mali del nostro tempo; difficile liberarci dall'attaccamento ai beni di questa terra, rifiutare un modello e un miraggio di vita borghese che ci rende schiavi delle mode del mondo attuale.
Armiamoci di coraggio, dunque, e con la nostra testimonianza gridiamolo a tutti: Dio si è avvicinato, è incontrabile, conoscibile, presente, evidente. Imitiamo con forza il Signore Gesù, come chiede Paolo ai cristiani di Roma; rendiamo presente la profezia di Isaia (splendida!) che sogna un bambino che gioca con la vipera, e il leone e il capretto che giocano insieme... diamoci da fare, perché questo è quel tempo, il tempo di compiere gesti di pace e di solidarietà autentica.
Grazie Giovanni, che ci scuoti dalle nostre tiepidezze, che sbricioli le nostre fragili verità, le nostre assonnate parole, le nostre svuotate celebrazioni. Bene, non lasciamolo inascoltato, fratelli. Anche quest'anno abbiamo un tempo dedicato proprio per questo: già, perché questo è davvero il tempo di preparare la strada al Signore che viene; questo è davvero il tempo di schierarsi, di accogliere questo Dio sempre inatteso e sempre diverso. Amen.

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