«Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine»
L’anno liturgico che ormai volge al termine suscita in noi, attraverso la Parola del Signore, il desiderio di incontrare il suo Volto. Un volto che apparirà in tutto il suo splendore domenica prossima, quando lo celebreremo Re dell'universo, Signore del tempo e della storia.
Oggi le letture ci invitano a vivere il tempo come luogo di salvezza: anche se, ad una lettura superficiale, la Parola di questa domenica potrebbe incutere timore e alimentare in noi la paura di Dio, del suo giudizio, della sua condanna, in considerazione del fatto che vengono affrontate le problematiche della fine della vita dell'uomo e del mondo.
La Parola di Dio invece è sempre incoraggiamento, consolazione, forza, anche nelle situazioni più difficili, nelle sofferenze, nelle persecuzioni. Egli vuole renderci coscienti e responsabili per rinnovargli la fiducia, per lasciarci salvare da Lui.
Di fronte agli eventi drammatici del nostro tempo, siamo invitati a non temere, a crescere nella consapevolezza che solo Dio è il Signore della storia e solo lui ha in mano le redini del mondo. Siamo chiamati alla perseveranza, a non desistere dal credere, sempre e comunque, nella fedeltà del Signore, certi che "chi persevererà sarà salvato" e che ci verrà finalmente donato la pienezza della vita.
È vero che la nostra ineliminabile aspirazione alla felicità viene continuamente frustrata dalla consapevolezza che l'umanità è diretta verso un'esistenza sempre più faticosa e problematica. Forse per questo ci lasciamo andare a falsi profeti che propongono mete artificiali per dimenticare la realtà del tempo che passa, per scacciare la paura della fine che avanza; mete che assicurano la felicità nella ricchezza effimera, nel benessere, mete che promettono una vita priva di intoppi e di difficoltà, in un corpo perennemente giovanile, affascinante e perfetto grazie agli ultimi ritrovati della scienza estetica. Ma questa distorsione della realtà, rifiutata nella sua drammaticità e nella sua caducità, diventerà inesorabilmente ulteriore motivo di paura e di ansia. Assistiamo sempre più ad un pessimismo che striscia nelle nostre strade e s'incunea in molti cuori, corrosi da una disperazione che si maschera di indifferenza, o si nasconde nella ricerca di soddisfazioni che appaghino questo desiderio di vivere e di vivere felici.
Al contrario l'atteggiamento giusto è quello di quanti aspettano con gioiosa serenità il giorno della venuta gloriosa di Cristo: di coloro che si disinteressano del mondo, considerandosi estranei a un'umanità che, pur redenta, rifiuta la mano tesa di Gesù.
Il forte richiamo di Paolo ai Tessalonicesi – che nell'attesa della fine del mondo "vivevano disordinatamente, senza far nulla e in continua agitazione" – insegna che dobbiamo vivere il frammento di tempo che ci è concesso, con impegno, nell'amore per i fratelli, svolgendo bene quei compiti che Dio ci ha affidato. Perché, fratelli, noi ci salviamo soltanto insieme agli altri, attraverso gli altri. La salvezza passa per l'amore di Dio che trabocca sui nostri fratelli, dei quali bisogna guadagnare il maggior numero a Cristo.
Perché se è Gesù Cristo che ha redento il mondo, oggi lui opera nel mondo attraverso noi cristiani, membra del suo corpo, la Chiesa. Se amiamo in questo modo il mondo, già solo per questo in qualche modo lo stiamo cambiando; c'è infatti un primo frammento di mondo che cambia, ed è il nostro cuore.
Dobbiamo allora avere fiducia in Lui, in Gesù. Egli non vuole spaventarci inutilmente. Vuole che ritorniamo alla fede in modo puro e vero, perché Fede è fidarsi ciecamente del Dio artefice della storia umana che è anche il Dio della mia storia personale.
A salvare il mondo non saranno né gli scudi stellari e nemmeno tutti i più sofisticati sistemi di sicurezza. A salvare la mia vita non saranno i soldi o i successi che saprò accumulare.
La mia salvezza viene da Dio che mi conosce fino in fondo. Il mio atteggiamento deve esser quello dell'impegno coraggioso nel dargli testimonianza. Ciò significa avere il coraggio di affrontare la vita, di seguire la sua chiamata, anche se non sono perfetto, se non sono "angelico". Significa impegnarmi perché coloro che ho attorno non cadano nella paura e nella rassegnazione, ma riprendano forza dal mio esempio. E in questo impegno d'amore, testimonio Dio che so che non lascerà perire nemmeno un capello del mio capo... anche quando sembra che siano già caduti tutti!
Dobbiamo dirlo, dobbiamo testimoniarlo, perché in giro, fratelli, c’è tanta paura, tanta incertezza per il futuro. Le notizie e le ipotesi sul domani del genere umano e sulla vita futura di questa nostra terra, si concentrano tutte in una direzione negativa, rendendo attualissime e temibili le parole di Gesù, quando afferma che guerre, rivoluzioni, terremoti, fatti terrificanti, carestie e pestilenze precederanno la fine del mondo. L'azione dell'uomo sembra addirittura impedire che la natura mantenga un equilibrio e salvi se stessa, al punto che la terra – la casa che Dio ha affidato all'umanità perché la abitasse e la custodisse – sta diventando lo scenario desolante di odi ed egoismi che si combattono e si distruggono a vicenda.
“No – dice Gesù; – state sereni. Non sono questi i segni della fine. Non sono questi i segnali di un mondo che precipita nel caos. Già io ho dovuto confrontarmi con questa follia, in un mondo – il mio – ben più aggressivo del vostro”.
E, sorridendo, continua: “cambia il tuo sguardo. Guarda alle cose positive, al tanto amore che l'umanità, nonostante tutto, riesce a produrre, allo stupore che suscita il Creato e che tutto ridimensiona; al Regno che avanza nei cuori, timido, discreto, pacifico, disarmato”.
“Guarda a te stesso, fratello mio – aggiungo io – a quanto il Signore è riuscito a compiere in tutti gli anni della tua vita, nonostante tutto. A tutto l'amore che hai donato e ricevuto, nonostante tutto. Guarda a te e all'opera splendida di Dio, alla sua manifestazione solare, al bene e al bello che ha creato in te. Guarda e non ti scoraggiare.
Di più: la fatica può essere occasione per tutti noi di crescere, di credere. La fede si affina nella prova, diventa più trasparente, il nostro sguardo diventa più luminoso: diventiamo testimoni di Dio, e quando il mondo ci giudica, allora diventiamo santi davvero! Così, senza che ce ne accorgiamo, fratelli e sorelle, ci scopriremo veri credenti! Se il mondo ci critica, se ci attacca e ci disprezza, non mettiamoci sulle difensive, non cadiamo nella trappola, non ragioniamo con la sua logica: ma affidiamoci in tutto allo Spirito.
Si, fratelli: perché quando il mondo parla o sparla troppo della Chiesa (uno sport molto seguito in questi tempi), è allora che la Chiesa deve parlare ancor più di Cristo! Amen.
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