Giovanni e Andrea, discepoli del Battista, fissano lo sguardo su Gesù che passa.
Anche noi Fissiamo lo sguardo, cioè affiniamo il nostro sguardo interiore, diamo spazio al "dentro" come l'adolescente Maria, perché il Signore Gesù passa. Passa nelle nostre vite, mescolato alle tante persone, ai tanti avvenimenti, alle tante preoccupazioni. Passa il Signore e corriamo il rischio di perderlo, travolti dalle troppe cose che ci ingombrano il cuore e la vita.
"Ecco l'agnello" dice il rude Giovanni, spiazzato anche lui nel vedere l'atteso mischiato all'immensa folla dei penitenti in coda per ricevere il battesimo. Attonito, il più grande dei profeti, spiazzato (lui!) per l'inatteso volto del Messia. Lo vede e lo indica ai suoi due discepoli, e profetizza: "ecco l'agnello".
L'agnello, animale mansueto, mite, che non si fa notare, che si lascia uccidere senza neppure belare. L'agnello che richiama la capra cui venivano addossati i peccati del popolo il giorno dello Yom Kippur, giorno dell'espiazione, per poi essere mandata nel deserto a morire per le infedeltà di Israele. L'agnello: profezia, intuizione, stupore nel vedere un Messia nascosto e determinato, un Messia che ha già scelto di stare con gli ultimi, di portarne la fatica e il peccato, di condividerne la fragilità e il tormento.
I discepoli, sentendolo parlare così, seguono il Nazareno.
E' sempre qualcuno che ci indica il Signore, sempre qualcuno che ce ne ha parlato, ce lo ha indicato. Poi sta a noi seguire, scegliere, divenire discepoli. Ma la fede si comunica così: da bocca a orecchio, da vita a vita. Se siete discepoli, amici, qualcuno vi ha parlato del Rabbì, qualcuno che già era discepolo. Se qualcuno conoscerà il Rabbì, sarà attraverso la vostra esperienza, la vostra luce interiore.
Giovanni Battista non è un guru che si specchia nell'adorazione dei suoi seguaci: si stacca da loro con forza, vuole che essi, ora, crescano nella conoscenza autentica di Dio.
Vero modello del Pastore, il Battista rifiuta di essere al centro dell'attenzione, accetta volentieri di sparire per nascondersi dietro quella Parola cui egli ha imprestato la voce.
Una volta raggiunto Gesù, questi si volta e, sorprendentemente, chiede ai due discepoli di Giovanni: "Che cercate?". Potremmo a ragione tradurre "Che volete?". Cosa cerchiamo quando ci mettiamo alla ricerca di Gesù? Chi cerchiamo veramente?
E' una domanda all'apparenza dura e che pure rivela il profondo rispetto che Gesù ha nei confronti della nostra umanità. Può succedere, e lo vediamo, che la fede non sia ricerca, ma rifugio; che Dio non diventi Signore ma padrone; che la sua azione non sia grazia ma supplenza alle mie difficoltà... esiste, cioè, un modo di avvicinarsi alla fede che non ci fa crescere come uomini, ma che ci fa fuggire i problemi.
Il Signore mette a fuoco il senso della ricerca dei due discepoli, li invita a non lasciarsi andare al facile entusiasmo ma a riflettere sulla loro sequela. Anche per noi la ricerca della fede può essere un momento passeggero, euforico, legato ad un momento particolarmente carico di emotività.
Il Signore ci scrolla: vuole accanto a sé degli uomini consapevoli delle loro scelte.
La risposta dei discepoli rivela tutta l'insicurezza della loro scelta: "Maestro, dove abiti?". Non cogliete una richiesta di certezze in questa domanda? Un dire: "Prima di seguirti, facci vedere dove ci conduci"? Quanto bisogno di certezze abbiamo prima di poterci fidare... Quanti "se" e "ma" mettiamo prima di dire il nostro "sì" definitivo al Signore. E' lui che, allora come oggi, ci risponde: "Venite a vedere".
Non chiedere, fidati, muoviti, fa' diventare questa ricerca un'esperienza, investi...
La fede - quante volte lo dico! - non è "fare", "sapere" ma "conoscere".
Noi per primi siamo chiamati ad andare a vedere, noi per primi siamo chiamati a fare l'esperienza della sequela. Ed essi andarono. videro e restarono con lui. Dopo essersi fidati restano, accettano, si lasciano coinvolgere.
L'annotazione finale di Giovanni è simpaticissima: "erano circa le quattro del pomeriggio". Quel giorno, quell'istante, è così importante per lui che segna l'inizio di una vita nuova.
Sono passati forse sessant'anni da quell'evento e il discepolo ricorda l'ora precisa, tutto è cambiato, ormai, per Giovanni e Andrea: quel giorno è stato come l'inizio di una nuova Creazione.
Per chi incontra il Signore i giorni non sono più uguali, ma diventano gravidi di una luce nuova. Ecco ciò che ci attende nell'ordinarietà del nostro tempo: l'incontro con il Signore, l'esperienza della sequela. Se sapremo ogni giorno spalancare gli occhi e riconoscere l'Agnello che passa, potremo cambiare la nostra esperienza di vita in autenticità e in maggiore luce interiore.
2 commenti:
leggere l'intero blog, pretty good
necessita di verificare:)
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