Dobbiamo aspettarne un altro?
Il Giovanni che incontriamo oggi è ben diverso da quello esaltato e scontroso della scorsa settimana. Ora Giovanni è in carcere, sa che sta per essere giustiziato a causa della sorda rabbia di una concubina e dalla debolezza di un re-fantoccio, ha vissuto tutta la sua acida vita solo per preparare la strada al Messia, lo ha riconosciuto il Messia, nascosto tra la folla dei penitenti che giungevano a farsi battezzare.
Ma ora è perplesso, Giovanni, dubbioso. Le notizie che gli giungono dai suoi discepoli lo lasciano costernato. Il Messia non sta seguendo le sue orme, non incita con veemenza la gente, ha assunto un profilo basso, mediocre. Giovanni (ricordate?) minacciava la vendetta di Dio, il fuoco divorante. Gesù, invece, propone un perdono incondizionato, rimette le colpe, non minaccia né attua vendetta, dice che quel fuoco lo vuole accendere, certo, ma a partire dall'amore, non certo dal timore. Troppo diverso questo Messia dal Messia atteso da Giovanni e da Israele, troppo diverso.
Dio ci spiazza sempre, è sempre radicalmente diverso da come ce lo immaginiamo. Anche le persone che, come Giovanni, vivono la radicalità della fede, rischiano di costruirsi un Dio a propria immagine e somiglianza. La venuta di Dio che Giovanni – e noi – si aspetta, è una venuta evidente, un irrompere nella storia con fragore assordante e schiere di angeli. Ce lo immaginiamo così, Dio, inutile nasconderselo. Gesù, invece, ci svela il volto di un Dio celato, evidente, sì, ma non banale, pieno di ogni tenerezza e sensibilità. Abituati, come Giovanni, a dividere il mondo in buoni e cattivi, i buoni (spesso noi!) da salvare e i cattivi da punire, per rimettere un po' in sesto il palese squilibrio di questo mondo, che premia gli arroganti e bastona i giusti.
Gesù ci spiazza svelandoci che Dio, invece, divide il mondo in chi ama, o cerca di amare, o almeno si lascia amare, e chi no. E l'amore è una possibilità immensa, l'unica cosa che tutti ci lega. Non i risultati, non gli sforzi, non le buone azioni ci salvano, no, ma la volontà di amare nella fragilità di ciò che siamo o che vorremmo essere.
Siete certi di Dio? Riprendete in mano il Vangelo e chiedete nella preghiera, a Dio, di condurvi nell'autenticità, sempre. Siete pieni di dubbi? Anche il più grande degli uomini, l'ultimo dei profeti, è stato assalito dai dubbi.
E Gesù, ovvio, non dà una risposta ai discepoli del Battista. La fede non è evidente, Dio non è il risultato di un ragionamento scientifico, niente "prove" nella fede. Indizi, solo deboli indizi che lasciano intatta l'ambiguità del segno. Non è Dio che deve dimostrare qualcosa, sono io che devo cambiare ed accorgermi. Gesù elenca i segni messianici profetizzati da Isaia e dice a suo cugino: "Guardati intorno, Giovanni".
Guardiamoci intorno e riconosciamo i segni della presenza di Dio: quanti fratelli hanno incontrato Dio, gente disperata che ha convertito il proprio cuore, persone sfregiate dal dolore che hanno imparato a perdonare, persone accecate dall'invidia o dalla cupidigia che hanno messo le ali e ora sono diventati gioia e bene e amore quotidiano, crocefisso, donato.
Che sia questo il problema principale? Una miopia interiore che ci impedisce di godere della nascosta e sottile presenza di Dio? Prepararsi al Natale significa, allora, convertire lo sguardo, accorgersi che il Regno avanza, è presente, che io posso renderlo presente.
Impariamo a riconoscere i segni della presenza di Dio, alziamo lo sguardo dal nostro dolore per accorgerci della salvezza che si attua nelle nostre soffocate città.
La domanda o la perplessità di Giovanni Battista è la nostra: Sei tu.. o dobbiamo attenderne un altro? Sei davvero il Salvatore, l'unico, l'indispensabile?... Sei tu quello buono, o siamo ancora alle promesse, parole parole...! In sostanza: Cristo serve? Vale ancora per la nostra storia e società? Per la mia vita personale? O è anche questa una delle illusorie speranze di moda cui ogni tanto l'umanità s'abbandona volentieri?
C'è una speranza con garanzia? C'è un futuro sicuro e quindi sereno?
La perplessità di Giovanni è molto concreta. Aveva sognato e predicato un Messia potente e giudice: "Già la scure è alla radice dell'albero...; Egli ha in mano il ventilabro"; - finalmente è arrivato il castigamatti, finalmente giustizia sarà fatta, finalmente si volta pagina - .. ed invece eccolo, questo Messia, tra i peccatori, pieno di misericordia e perdono, per nulla rispondente alle attese che gli uomini hanno di Dio e di un suo intervento nella storia. Non cambia niente: i prepotenti Romani comandano ancora, i presuntuosi farisei si credono ancora i più giusti e impongono le loro regole e leggi! Come capita oggi: duemila anni di cristianesimo,... che cos'è cambiato? Come prima, o peggio di prima, gli uomini se ne infischiano di Dio, ciascuno si fa gli affari suoi e le sue prepotenze, e.. ben stupido è chi s'aspetta qualcosa di diverso, chi crede a qualche speranza, chi si aspetta qualcosa di più grande! Dov'è Dio?
"Andate a dire a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi vedono, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano....". Riferite i fatti. Questi fatti dicono una speranza trovata! Quello che Isaia aveva predetto, come espressione d'anelito umano e come promessa di Dio, - "Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto" -, in Gesù si attua e invera, ponendo i segni precisi della novità del Regno, significando con le opere la sua missione di Messia e salvatore definitivo. In altre parole, Gesù dice: il Messia sono io. Io sono quello che tu aspetti. Io pongo i gesti che cambiano la storia e il destino umano. I fatti della nostra salvezza si sono attuati, le premesse e gli strumenti per il rinnovamento ci sono. Nella sua stessa persona - con la risurrezione - il male e la morte sono sconfitti. Il futuro è già iniziato. Il risultato finale è garantito.
Certo: per chi vuole tutto e subito; certo, per chi pensa a Dio come a una bacchetta magica che risolve tutto scavalcando la libertà e la collaborazione dell'uomo, .. questo tipo di speranza può essere una delusione, può essere uno scandalo. Giovanni Battista che aspettava un Messia giudice potente che avrebbe schiacciato i nemici, ne rimane un po' deluso. Chi è chiuso entro il perimetro umano e misura solo col metro delle sue scarse risorse, non avrà che da lamentarsi, giudicare, accusare gli altri, essere sempre in cerca di un capro espiatorio. "Non lamentatevi, fratelli - ci esorta san Giacomo -, gli uni degli altri: ecco, il giudice è alle porte". Gli manca la risorsa decisiva, quella di capire che un Dio s'è accompagnato Lui stesso all'uomo, per percorrere assieme la lunga strada della restaurazione e dell'autentico sviluppo, con gli argini sicuri però della verità e la forza risanante della grazia.
"Guardate l'agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera". E' l'immagine più bella della nostra speranza cristiana: il contadino non dubita del raccolto finale, la terra non delude. Ha pazienza e sta al suo ritmo; vive la serenità di possedere le garanzie della riuscita finale. Noi cristiani abbiamo già chiaro e certo il nostro destino finale di riuscita: l'unica variabile è la nostra adesione, l'unica incertezza è la nostra libertà! Ma questo non ci deve far dimenticare che il futuro è già imbrigliato, che la svolta è già avvenuta, che il domani è già stato deciso dai fatti di ieri. Questo in fondo andiamo a fare a messa ogni domenica: far memoria di quella vittoria di Cristo per illuminare di serenità il nostro futuro.
Il Giovanni che incontriamo oggi è ben diverso da quello esaltato e scontroso della scorsa settimana. Ora Giovanni è in carcere, sa che sta per essere giustiziato a causa della sorda rabbia di una concubina e dalla debolezza di un re-fantoccio, ha vissuto tutta la sua acida vita solo per preparare la strada al Messia, lo ha riconosciuto il Messia, nascosto tra la folla dei penitenti che giungevano a farsi battezzare.
Ma ora è perplesso, Giovanni, dubbioso. Le notizie che gli giungono dai suoi discepoli lo lasciano costernato. Il Messia non sta seguendo le sue orme, non incita con veemenza la gente, ha assunto un profilo basso, mediocre. Giovanni (ricordate?) minacciava la vendetta di Dio, il fuoco divorante. Gesù, invece, propone un perdono incondizionato, rimette le colpe, non minaccia né attua vendetta, dice che quel fuoco lo vuole accendere, certo, ma a partire dall'amore, non certo dal timore. Troppo diverso questo Messia dal Messia atteso da Giovanni e da Israele, troppo diverso.
Dio ci spiazza sempre, è sempre radicalmente diverso da come ce lo immaginiamo. Anche le persone che, come Giovanni, vivono la radicalità della fede, rischiano di costruirsi un Dio a propria immagine e somiglianza. La venuta di Dio che Giovanni – e noi – si aspetta, è una venuta evidente, un irrompere nella storia con fragore assordante e schiere di angeli. Ce lo immaginiamo così, Dio, inutile nasconderselo. Gesù, invece, ci svela il volto di un Dio celato, evidente, sì, ma non banale, pieno di ogni tenerezza e sensibilità. Abituati, come Giovanni, a dividere il mondo in buoni e cattivi, i buoni (spesso noi!) da salvare e i cattivi da punire, per rimettere un po' in sesto il palese squilibrio di questo mondo, che premia gli arroganti e bastona i giusti.
Gesù ci spiazza svelandoci che Dio, invece, divide il mondo in chi ama, o cerca di amare, o almeno si lascia amare, e chi no. E l'amore è una possibilità immensa, l'unica cosa che tutti ci lega. Non i risultati, non gli sforzi, non le buone azioni ci salvano, no, ma la volontà di amare nella fragilità di ciò che siamo o che vorremmo essere.
Siete certi di Dio? Riprendete in mano il Vangelo e chiedete nella preghiera, a Dio, di condurvi nell'autenticità, sempre. Siete pieni di dubbi? Anche il più grande degli uomini, l'ultimo dei profeti, è stato assalito dai dubbi.
E Gesù, ovvio, non dà una risposta ai discepoli del Battista. La fede non è evidente, Dio non è il risultato di un ragionamento scientifico, niente "prove" nella fede. Indizi, solo deboli indizi che lasciano intatta l'ambiguità del segno. Non è Dio che deve dimostrare qualcosa, sono io che devo cambiare ed accorgermi. Gesù elenca i segni messianici profetizzati da Isaia e dice a suo cugino: "Guardati intorno, Giovanni".
Guardiamoci intorno e riconosciamo i segni della presenza di Dio: quanti fratelli hanno incontrato Dio, gente disperata che ha convertito il proprio cuore, persone sfregiate dal dolore che hanno imparato a perdonare, persone accecate dall'invidia o dalla cupidigia che hanno messo le ali e ora sono diventati gioia e bene e amore quotidiano, crocefisso, donato.
Che sia questo il problema principale? Una miopia interiore che ci impedisce di godere della nascosta e sottile presenza di Dio? Prepararsi al Natale significa, allora, convertire lo sguardo, accorgersi che il Regno avanza, è presente, che io posso renderlo presente.
Impariamo a riconoscere i segni della presenza di Dio, alziamo lo sguardo dal nostro dolore per accorgerci della salvezza che si attua nelle nostre soffocate città.
La domanda o la perplessità di Giovanni Battista è la nostra: Sei tu.. o dobbiamo attenderne un altro? Sei davvero il Salvatore, l'unico, l'indispensabile?... Sei tu quello buono, o siamo ancora alle promesse, parole parole...! In sostanza: Cristo serve? Vale ancora per la nostra storia e società? Per la mia vita personale? O è anche questa una delle illusorie speranze di moda cui ogni tanto l'umanità s'abbandona volentieri?
C'è una speranza con garanzia? C'è un futuro sicuro e quindi sereno?
La perplessità di Giovanni è molto concreta. Aveva sognato e predicato un Messia potente e giudice: "Già la scure è alla radice dell'albero...; Egli ha in mano il ventilabro"; - finalmente è arrivato il castigamatti, finalmente giustizia sarà fatta, finalmente si volta pagina - .. ed invece eccolo, questo Messia, tra i peccatori, pieno di misericordia e perdono, per nulla rispondente alle attese che gli uomini hanno di Dio e di un suo intervento nella storia. Non cambia niente: i prepotenti Romani comandano ancora, i presuntuosi farisei si credono ancora i più giusti e impongono le loro regole e leggi! Come capita oggi: duemila anni di cristianesimo,... che cos'è cambiato? Come prima, o peggio di prima, gli uomini se ne infischiano di Dio, ciascuno si fa gli affari suoi e le sue prepotenze, e.. ben stupido è chi s'aspetta qualcosa di diverso, chi crede a qualche speranza, chi si aspetta qualcosa di più grande! Dov'è Dio?
"Andate a dire a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi vedono, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano....". Riferite i fatti. Questi fatti dicono una speranza trovata! Quello che Isaia aveva predetto, come espressione d'anelito umano e come promessa di Dio, - "Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto" -, in Gesù si attua e invera, ponendo i segni precisi della novità del Regno, significando con le opere la sua missione di Messia e salvatore definitivo. In altre parole, Gesù dice: il Messia sono io. Io sono quello che tu aspetti. Io pongo i gesti che cambiano la storia e il destino umano. I fatti della nostra salvezza si sono attuati, le premesse e gli strumenti per il rinnovamento ci sono. Nella sua stessa persona - con la risurrezione - il male e la morte sono sconfitti. Il futuro è già iniziato. Il risultato finale è garantito.
Certo: per chi vuole tutto e subito; certo, per chi pensa a Dio come a una bacchetta magica che risolve tutto scavalcando la libertà e la collaborazione dell'uomo, .. questo tipo di speranza può essere una delusione, può essere uno scandalo. Giovanni Battista che aspettava un Messia giudice potente che avrebbe schiacciato i nemici, ne rimane un po' deluso. Chi è chiuso entro il perimetro umano e misura solo col metro delle sue scarse risorse, non avrà che da lamentarsi, giudicare, accusare gli altri, essere sempre in cerca di un capro espiatorio. "Non lamentatevi, fratelli - ci esorta san Giacomo -, gli uni degli altri: ecco, il giudice è alle porte". Gli manca la risorsa decisiva, quella di capire che un Dio s'è accompagnato Lui stesso all'uomo, per percorrere assieme la lunga strada della restaurazione e dell'autentico sviluppo, con gli argini sicuri però della verità e la forza risanante della grazia.
"Guardate l'agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera". E' l'immagine più bella della nostra speranza cristiana: il contadino non dubita del raccolto finale, la terra non delude. Ha pazienza e sta al suo ritmo; vive la serenità di possedere le garanzie della riuscita finale. Noi cristiani abbiamo già chiaro e certo il nostro destino finale di riuscita: l'unica variabile è la nostra adesione, l'unica incertezza è la nostra libertà! Ma questo non ci deve far dimenticare che il futuro è già imbrigliato, che la svolta è già avvenuta, che il domani è già stato deciso dai fatti di ieri. Questo in fondo andiamo a fare a messa ogni domenica: far memoria di quella vittoria di Cristo per illuminare di serenità il nostro futuro.
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