giovedì 11 settembre 2014

14 Settembre 2014 – Esaltazione della S. Croce

«Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,13-17).
Giovanni, con poche ma incisive parole, ci spiega il grande mistero di Dio: Dio è venuto nel mondo per amarci, per accoglierci, per starci vicino, per farci vedere come potremmo vivere, con quale estensione del nostro cuore, con quale dilatazione della nostra anima, con quale vibrazione e intensità per la nostra vita.
Il testo di oggi è tratto dal lungo discorso che Gesù intrattiene con Nicodemo. Nicodemo è un fariseo, fa parte dell’aristocrazia sacerdotale, è un maestro, un profondo conoscitore della Bibbia e della religione. Ma gli manca qualcosa, avverte una profonda inquietudine, percepisce che c’è qualcosa di più grande, di oltre. È un uomo che non si accontenta, che vuole capire, che vuole vivere più in profondità. E Gesù gli fa una proposta immensa, a prima vista irrealizzabile: “Devi rinascere”.
Sostanzialmente gli dice: “Quello che tu oggi chiami vita, io la chiamo morte. Abbandona questo tuo modo di vivere, di pensare: ed io ti mostrerò cosa vuol dire vivere per davvero”. Una proposta che avrebbe emozionato chiunque, che avrebbe entusiasmato, stuzzicato chiunque avesse un cuore assetato di verità, di amore, di vita vera come il suo.
Gesù è uno che fa proposte nuove, proposte che rompono tutti gli schemi, le convenzioni e le abitudini. Gesù apre orizzonti nuovi e impensati. Gesù è davvero affascinante, attraente, perché presenta un modo di vivere estremo, meraviglioso, da “mozzare il fiato”, intenso. Gesù è per anime grandi. Gesù non si concilia con chi ama il quieto vivere, il tran-tran quotidiano, il piccolo cabotaggio: guardiamo per esempio la vita dei santi o degli apostoli. Chi vuol vivere sulla difensiva, senza rischiare troppo, è meglio che lasci stare. Perché Gesù coinvolge, sconvolge, esattamente come l’amore: prende tutto, possiede, afferra. Gesù è il fuoco: se non bruciamo per Lui, non lo conosceremo mai. Gesù è come l’acqua: o ci immergiamo in Lui o non lo conosceremo mai. Gesù è come la vita: o la viviamo con Lui o rimarremo sempre a bordo strada.
A Nicodemo in pratica dice: “Se vuoi capire chi sono io, lascia stare la tua Legge, le tue regole, le tue norme, la tua morale. Devi rinascere. Devi far morire il tuo mondo di illusioni, di falsità, di apparenza, di vuoto, di buone maniere, e riaprire gli occhi alla realtà”.
E cita come esempio la piaga dei serpenti velenosi inflitta da Dio al popolo che durante l’esodo gli si era ribellato: chiunque fosse stato morso, avrebbe potuto guarire guardando il serpente bronzeo posto da Mosè alla sommità di un’asta: il serpente segno di pericolo, di morte, di disperazione, di rovina, diventa in quel momento segno di vita. Esattamente come la croce, segno di paura, di morte, di terrore, di fallimento, di sofferenza: con Cristo diventa segno di vita. Questo in pratica Gesù ci invita a fare: “Non aver paura di quello che ti angoscia: fidati di me: attraverso la croce ti ho riscattato!”.
Gesù si è fidato di Dio, è andato fino in fondo e può quindi testimoniarlo personalmente: Dio non abbandona mai. Egli ha guardato in faccia tutte le sue paure: la morte, il fallimento, la fine, la croce, l’aver sbagliato tutto. Bisognava che affrontasse tutto questo, che andasse fino in fondo nella sua vita, ad ogni costo, anche salendo sulla croce, per dimostrare a tutti noi che Dio non abbandona; che di Dio ci possiamo fidare; che di Dio non dobbiamo aver paura; che l’amore di Dio è più forte di tutte le morti.
Guardiamo allora in faccia tutto ciò che temiamo! La paura più grande è la paura di morire. “Guardala in faccia. Non sottrarti”. Guardare in faccia la tragedia della nostra vita è la nostra salvezza o la nostra disperazione. La grande verità è che noi moriremo. Dovremo lasciare le persone che amiamo di più, i nostri figli, i nostri cari, la nostra casa. Vivere con tale prospettiva ci fa paura, ci rende scettici, pessimisti: “A che serve fare, combattere, lasciarsi coinvolgere, se poi tutto finisce?”. Vivere così ci aliena: “Meglio non pensarci, altrimenti impazziamo!”. Vivere così ci rende insensibili, vuoti: “Godiamoci la vita, accumuliamo benessere, prendiamoci tutto quello che possiamo!”. Però qualunque cosa tentiamo di fare, una verità ci informa puntualmente: “tu morirai, lascerai tutto e tutti”. Possiamo scappare da questa verità. Possiamo vivere come se niente fosse. Evitarla, non pensarci. Ma la paura della morte ci impedisce comunque di vivere, ci fa male; è un pensiero tremendo, doloroso, lacerante, angosciante.
Ma questa non è la fine in assoluto: dall’altro lato del tunnel buio c’è sempre una luce. Nel fondo dell’angoscia brilla la Vita. Nel fondo della morte risplende la Resurrezione. Nel fondo della paura c’è la Fiducia. Se ci fidiamo di andare fino in fondo, di affrontare le tragedie della vita, della nostra vita, ebbene, proprio lì, troveremo il senso e la bellezza della vita stessa. E, dopo di ciò, non saremo mai più quelli di prima. Non saremo mai più gli stessi.
Ecco: questo, per Giovanni, vuol dire “credere”. Credere è quando noi nel bel mezzo del buio troviamo la Luce; nel bel mezzo della morte troviamo la Vita; nel bel mezzo della disperazione troviamo la Forza. Credere è quando noi non ci sottraiamo alla vita e alle sue tragedie, ma ci passiamo dentro, in mezzo, le affrontiamo, fidandoci di Dio. Questa discesa ci fa rinascere, ci rende nuovi, ci cambia completamente vita. Perché guardare in faccia ciò che temiamo, ci fa nascere in una nuova visione della realtà.
Se noi smettessimo di voler “razionalizzare” ogni cosa, di voler cercare sempre risposte convincenti, di voler trovare il filo conduttore di tutto, di pensare e ripensare, di discutere, di concettualizzare tutto, di stabilire sempre cosa è bene e cosa è male, e ci aprissimo, invece, al nostro profondo bisogno d’amore, alla ricchezza delle emozioni che vivono nel nostro cuore, senza reprimere, senza eliminare, senza paura di affrontare la dipendenza, la rabbia, ma guardandole in faccia. Se useremo, contro le nostre paure ed emozioni angosciose, tenerezza, comprensione, misericordia, allora inizieremo veramente a sentirci degni di vivere sul serio; allora ci sentiremo veramente figli di Dio. Allora capiremo che ai suoi occhi noi siamo grandi (siamo stati creati da Lui); è Lui che ci vuole grandi, e anche noi finalmente ci sentiremo tali.
Questa è la realtà: e per questo dobbiamo smettere di inseguire ideali di vita distruttivi: le ricchezze, il buon nome, la carriera, il successo, il nostro apparire esteriore. Non possiamo continuare a vivere così; guardiamoci invece negli occhi, scrutiamoci nel silenzio dell’anima; prendiamoci l’un l’altro per mano e diciamoci le nostre paure, i nostri bisogni, i nostri desideri e tutto il nostro bisogno di amore; guardiamo i volti delle persone e ammiriamone la misteriosa bellezza che celano; guardiamo il cielo, sentiamolo “dentro” di noi; guardiamo gli uccelli e sentiamoci liberi come loro nella nostra anima; guardiamo il sole e viviamolo nel nostro cuore; facciamo anche solo silenzio, e sentiremo che c’è qualcosa che ci accomuna con gli altri, che ci rende fratelli: solo così noi potremo sentire, vivere e percepire il meraviglioso, inebriante e stupendo fremito che si chiama vita. Chi crede, vive così. Chi vive, crede così. Amen.
 

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