martedì 9 settembre 2025

14 SETTEMBRE 2025 – ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE


Gv, 3,13-17  
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

Giovanni, con poche ma incisive parole, ci spiega il grande mistero di Dio: Dio è venuto nel mondo per amarci, per accoglierci, per starci vicino, per farci vedere come potremmo vivere, con quale estensione del nostro cuore, con quale dilatazione della nostra anima, con quale vibrazione e intensità per la nostra vita. 
Il testo di oggi è tratto dal lungo discorso che Gesù intrattiene con Nicodemo. Nicodemo è un fariseo, fa parte dell’aristocrazia sacerdotale, è un maestro, un profondo conoscitore della Bibbia e della religione. Ma gli manca qualcosa, avverte una profonda inquietudine, percepisce che c’è qualcosa di più grande, di “oltre”. È un uomo che non si accontenta, uno che vuol capire, che vuol vivere più in profondità. E Gesù gli fa una proposta immensa, a prima vista irrealizzabile: “Devi rinascere”.
Sostanzialmente gli dice: “Quello che tu oggi chiami vita, io la chiamo morte. Abbandona questo tuo modo di vivere, di pensare: ed io ti mostrerò cosa vuol dire vivere per davvero”. Una proposta che avrebbe emozionato chiunque, che avrebbe entusiasmato, stuzzicato chiunque avesse un cuore assetato di verità, di amore, di vita vera come il suo: Gesù è uno che fa proposte nuove, proposte che rompono tutti gli schemi, le convenzioni e le abitudini; apre orizzonti nuovi e impensati, è davvero una persona affascinante, attraente, perché presenta un modo di vivere estremo, meraviglioso, intenso, da “mozzare il fiato”. Gesù è per anime grandi: non si concilia con chi ama il quieto vivere, il tran-tran quotidiano, il piccolo cabotaggio: prova ne sia a testimonianza la vita degli apostoli, dei santi, delle grandi figure della cristianità.
Chi vuol vivere sulla difensiva, senza rischiare troppo, è meglio che lasci perdere. Perché Gesù è Amore, e come l’amore, coinvolge, sconvolge, appassiona: vuole tutto, pretende tutto, conquista tutto. Gesù è il fuoco: se non bruciamo per Lui, non lo conosceremo mai. Gesù è come la vita: o la viviamo con Lui o rimarremo sempre ai margini.
Quindi, a Nicodemo, in pratica spiega: “Se vuoi capire veramente chi sono io, lascia stare la tua Legge, le tue regole, le tue norme, la tua morale. Devi rinascere. Devi far morire il tuo mondo di illusioni, di falsità, di apparenza, di vuoto, di buone maniere: apri gli occhi e mira in alto!”.
E cita come esempio il caso degli israeliti infedeli e mormoratori, che durante la fuga dell’esodo, si erano ribellati a Dio e per questo vennero puniti con la piaga dei serpenti: per evitare la morte, dovevano guardare in alto, alla sommità di un’asta, sulla quale Mosè aveva fissato un serpente bronzeo: il serpente segno di pericolo, di morte, di disperazione, di rovina, si trasformava in quel momento in donatore di vita.
Ed è esattamente quanto succederà più tardi con Gesù: una volta inchiodato ed elevato in alto sulla croce, simbolo del patibolo e dell’apparente fallimento, Egli la trasformerà da motivo di morte in sorgente di vita, di amore, di vittoria, di grazia: pertanto l’esortazione che Gesù rivolge a Nicodemo, acquista, in pratica, un valore fondamentale anche per tutti noi: “Non abbiate paura di quanto nella vita vi affligge, vi inquieta, vi angoscia: fidatevi di me: guardatemi con fiducia sulla croce, perché è grazie ad essa che io vi ho riscattato tutti: per proteggervi, guidarvi, consolarvi e soprattutto amarvi!”.
Guardiamo allora in faccia alle nostre paure ancestrali, soprattutto al terrore della morte. La grande verità è che tutti moriremo. Dovremo lasciare le persone che amiamo di più, i nostri figli, i nostri cari, la nostra casa, tutto! Vivere così ci aliena, è tremendo, doloroso, angosciante.
Ma ora sappiamo che la morte non potrà decretare la nostra fine assoluta: dall’altro lato del tunnel tetro e buio, una luce improvvisa ci illumina. Dal profondo dell’angoscia esplode una nuova vita luminosa, brillante: è la vittoria della risurrezione, della fiducia appagata, dell’amore misericordioso meritato. E non saremo mai più gli stessi di prima.
Questo, per Giovanni, è il risultato del nostro “credere”: credere è quando noi nel bel mezzo della disperazione troviamo la Forza, incontriamo Dio, e ci affidiamo a Lui, fidandoci ciecamente di Lui. E allora? Smettiamo una buona volta di voler “razionalizzare” ogni cosa, di cercare sempre nel mondo nuove soluzioni, nuovi stili vita: perché il mondo non potrà mai darci alcuna vera risposta! Apriamoci piuttosto al nostro più profondo bisogno d’amore, alla ricchezza di quelle emozioni celesti che sorreggono il nostro cuore, alla tenerezza di quell’abbraccio divino che non reprime, non abbatte, non soffoca: un abbraccio paterno che offre solo tenerezza, comprensione e misericordia; e allora capiremo cosa significa sentirci degni di vivere con Dio, perché ci sentiremo veramente figli suoi; e capiremo che noi, ai suoi occhi, siamo “grandi” da sempre, perché ci ha voluti di proposito a sua immagine e somiglianza.
Questa è la realtà: per cui la nostra unica preoccupazione deve essere solo quella di riappropriarci di tale somiglianza (se con la nostra stupidità l’abbiamo rovinata!), e di mantenerla sempre con i tratti autentici dell’Originale: smettiamo decisi di inseguire falsi e distruttivi ideali di vita: le ricchezze, la carriera, il successo, la gloria. Alziamo lo sguardo lassù sulla croce, e mettiamoci fiduciosi tra quelle braccia spalancate, torturate dalle nostre infedeltà. E vedrete che immancabilmente percepiremo nell’anima quel meraviglioso, inebriante e stupendo fremito che si chiama “vita con Dio”. Chi crede “vive”, chi vive “crede”. Amen.