mercoledì 4 novembre 2015

8 Novembre 2015 – XXXII Domenica del Tempo Ordinario

Gesù si trova nel tempio di Gerusalemme e la gente lo ascolta volentieri, accorrendo da ogni parte. E qui dà una prima spallata ai notabili del Tempio: “Guardatevi dagli scribi” (Mc 12,38).

Ma chi erano questi scribi? A noi il termine “scriba” ci fa pensare a degli “scrivani”, a degli “amanuensi”, gente incaricata di copiare i libri sacri per divulgarli, ma non è così. Gli scribi erano i teologi per eccellenza, il magistero infallibile, la Dottrina della Fede del tempo. Studiavano la Scrittura tutta la vita e a quarant’anni ricevevano lo stesso “Spirito di Mosè”: e da quel momento erano “la Parola” del Dio vivente. E se vi era contraddizione tra la parola di Dio scritta e quella dello scriba, la sua era quella corretta, che tutti dovevano seguire. La loro autorità era maggiore dei re e del sommo sacerdote.
Purtroppo, a quel tempo, il grande problema degli scribi, era Gesù. Sì, perché la gente lo ascoltava, pendeva dalle sue labbra, era entusiasta delle sue parole: come era successo fin dagli inizi nella sinagoga di Cafarnao (Mc 1,21-28), in cui tutti i presenti si ripetevano l’un l’altro: “Oh, questo sì che viene da Dio!” (Mc 1,27). “Finalmente delle parole chiare e comprensibili! Parlano al cuore, vengono da Dio! Non sono come quelle quelle degli scribi!”.
E decretano: “Questa è una nuova dottrina insegnata con autorità” (Mc 1,27): “nuova” non perché è un’altra: ma perché è di una qualità totalmente superiore a quella precedente, cioè a quella degli scribi.
Di fronte a questa campagna “dissacratoria”, gli scribi decidono di partire da Gerusalemme (Mc 3,22) per raggiungere il luogo dove predicava Gesù, e controllare l’ortodossia di quest’uomo che si atteggiava a Maestro. Sono in gruppo compatto, come se fossero la Santa Sede dell’epoca: non dei semplici preti ma il fior fiore di cardinali, di teologi: gente preparatissima, intelligente!
E cosa vedono? Vedono immediatamente la coerenza di Gesù: tutto quello che Lui dice e insegna, Lui stesso lo mette prima in pratica. Non possono dire alla gente: “Gesù vi inganna, vi racconta falsità” perché tutti hanno occhi: e con Lui i ciechi tornano a vedere, gli zoppi a camminare, i paralitici si rialzano e i morti tornano a vivere. Sono cose che tutti possono vedere. E loro non possono certo dire: “Non è vero!”. Allora dicono: “Sì, lo fa’, ma lo fa in nome del diavolo!”. “Gesù? È un indemoniato, un eretico! Bestemmia!” (Mc 3,22). “È vero che guarisce (non potevano negarlo!), ma fa il vostro bene per portarvi ancor di più nella perdizione”.
E qui Gesù pronuncerà le parole più dure della sua vita: “Tutti i peccati saranno perdonati e anche le bestemmie, eccetto chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo: sarà reo di colpa eterna, senza nessun perdono” (Mc 3,28-29).
Parole forti, Parole che hanno fatto da sempre tanta paura e tutti si saranno chiesti (e si chiederanno): ma cos’è questo peccato contro lo Spirito Santo? È il peccato che commettono le autorità religiose (Papa, Vescovi, preti, teologi: quanti cioè sono preposti ad insegnare e a trasmettere la Parola di Dio; qui sono gli scribi, ai quali Gesù appunto si riferisce) quando,  avvalendosi della loro autorità, sostengono che gli insegnamenti di Gesù (Vangelo e dottrina della Chiesa) non solo non fanno bene all’uomo, ma addirittura sono per lui un male, lo ingannano, lo portano alla perdizione. Non possono essere perdonati perché, consapevolmente, chiamano “male” ciò che al contrario è “bene”. Per Gesù questo è intollerabile, è la cosa più nefasta possibile.
Per questo dunque Gesù esclama senza eufemismi: “Guardatevi dagli scribi” (Mc 12,38). Che significa: “State attenti!”. Non fatevi ingannare! Non c’è da fidarsi di loro, evitateli! Non fatevi ingannare dalle loro cariche, dal ruolo e dall’immagine che ostentano. Non lasciatevi suggestionare dai modi con cui si presentano, dai comportamenti con cui si esibiscono in pubblico!”.È semplice riconoscerli, questi “scribi” di ieri e di oggi, questi “ricchi di nulla”, questi arricchiti arroganti e dispotici: perché “amano passeggiare in lunghe vesti” (Mc 12,38) (letteralmente non “amano”, ma “thelo”, vogliono). Loro non si sentono come tutti gli altri: loro sono “di più”, sono superiori a tutti gli altri; loro hanno un rapporto particolare e diretto con Dio: per questo indossano vestiti (stolè) particolari, proprio per distinguersi dagli altri.
Chi veste così, chi “sfoggia” i vari Armani, Valentino ecc., vuole essere ammirato, vuole essere notato, invidiato. Ma il vestito che li diversifica, nasconde la loro miseria interiore. Luca in 16,19 ricorda che il ricco vestito di porpora e di bisso era un poveraccio nel cuore, senza misericordia, senza amore, pieno solo di inferno e di insensibilità. Più uno è povero nello spirito, vuoto dentro, e più cercherà di coprire la sua miseria con abiti sontuosi.
Quando poi sono in mezzo alla gente, questi scribi vogliono che sia chiaro che: “Io non sono come voi”: amano “Ricevere i saluti nelle piazze” (Mc 12,38). I saluti non sono: “Buongiorno, buona sera…”, ma l’essere additati di nascosto con ammirazione: “Ecco lo scriba, il dottore, il monsignore, Sua Eccellenza, il Presidente…”; poiché dentro sono vuoti (non c’è la persona) vivono di questo; poiché si sentono nessuno, hanno bisogno dei titoli e del ruolo per sentirsi qualcuno: di modo che la gente possa dire: “Che persona importante!, Che persona gradevole, quanto è istruita! Chissà quante lauree ha conseguito”. Non cadeteci!
Vogliono inoltre “i primi seggi nelle sinagoghe” (Mc 12,39): nella sinagoga c’erano dei gradini per cui i primi seggi stavano in alto, sopra gli altri, bene in vista, mentre gli altri erano sotto. Oggi stanno tutti in prima fila, seduti nelle poltrone di velluto rosso… Vogliono esser ben visibili, distinti dagli altri. Vogliono “i primi posti nei banchetti” (Mc 12,39): sono quelli a fianco del padrone di casa, i posti migliori per essere serviti per primi, per essere considerati importanti.
Lo stesso vale anche per quando pregano: “Io non sono come gli altri, che sono peccatori…”.
Questo è dunque quanto gli scribi dimostrano all’esterno; ma al loro interno? Altra realtà: “Divorano le case delle vedove” (Mc 12,40). Nella Bibbia le vedove e gli orfani sono la categorie più deboli, perché non hanno nessuno che le difenda, sono le meno protette. Per questo, si dice, che è Dio stesso il loro protettore. Al contrario cosa fanno questi signori? Non hanno alcuna pietà per questa gente che dovrebbero difendere. “Non hai soldi? È un problema tuo!”. “Hai peccato? Potevi pensarci prima! Fuori!”.
“Ostentano di fare lunghe preghiere” (Mc 12,40). Tante preghiere, tanti rosari, tante funzioni, tanti segni di croce ma per Gesù è tutto un “bla, bla, bla...”.
Una storia vecchia quanto il mondo: già il profeta Isaia lo aveva notato: “Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano” (Is 29,13; Mc 7,6).
“Essi riceveranno una condanna più severa”, dice il vangelo: la loro condanna viene qui ancora una volta decretata.
Poi, di punto in bianco, il vangelo mette Gesù nel tempio, di fronte al tesoro.
Dobbiamo sapere una cosa: quando uno peccava, per ricevere il perdono doveva “pagare” in denaro o portando degli animali. I sacerdoti del tempio, quindi, erano felici quando la gente peccava, perché più peccava e più loro si arricchivano!
E cosa vede Gesù di fronte al tesoro? Tutti i ricconi arrivano e gettano le loro cospicue offerte. Una povera donna, invece, vi getta solo due spiccioli, tutto quello che aveva per vivere. I primi hanno fatto una cospicua elemosina, donando comunque un nulla rispetto a quanto possiedono. Questa donna, invece, no! Lei dà al tempio tutto ciò che le serve per vivere. Senza preoccuparsi di cosa l'indomani mangeranno lei e i suoi figli.
Da un altro punto di vista, il vangelo ripropone lo stesso concetto: da un lato i ricchi, i potenti, che vivono la loro “religiosità” con superba ostentazione; dall’altro il poveretto che offre a Dio tutto se stesso nel silenzio e nell’anonimato.
E allora, una domanda nasce spontanea: “Perché Dio dimostra di apprezzare di più una poveretta che offre al tempio tutto ciò che ha? Forse che Dio vuole la morte delle persone? Forse che Dio vuole da noi soltanto sacrifici e privazioni? È questo il comportamento che Dio ci chiede?”..
Nossignori: Dio non vuole la morte di nessuno. Anzi, se leggiamo attentamente il vangelo, vediamo che il messaggio è decisamente un altro: “Vivi! Dio non vuole la morte ma la vita”.
Infatti cosa ha fatto Gesù in tutti suoi giorni di vita terrena? Ha sempre aiutato la gente a vivere per davvero. Se uno era cieco gli diceva: “Apri gli occhi non nasconderti la verità”. Cioè: “Puoi vivere di più”. Se uno era paralitico gli diceva: “Smettila di piangerti addosso, alzati in piedi, affronta le difficoltà e fai la tua strada. Vivi in prima persona, perché ne sei capace”. Se uno era morto (come l’amico Lazzaro) gli diceva: “Vieni fuori. Smettila di morire: vivi, senti, emozionati, slegati da ciò che ti fa morire, esprimiti, realizzati”. Se uno era imprigionato dai sensi di colpa per la sua vita, come la peccatrice, Lui diceva: “Vivi. Avrai sbagliato, ma tu sai amare. Adesso torna ad amare perché tu lo puoi”. Se uno era ingabbiato da tristi e ottuse leggi religiose, Lui gli diceva: “Vivi! La religione, il sabato, le regole religiose sono fatte per l’uomo e non l’uomo per il sabato”. Se uno era insoddisfatto, Lui gli diceva: “Vivi! Seguimi! Se vuoi la vera felicità devi trovare un senso alla tua vita e un modo per spendere ciò che sei e metterlo a servizio degli altri”. Se il tuo rapporto con Dio ti spegne, questo non è il Dio del vangelo.
Quello che nel vangelo di oggi Dio ci fa capire è invece un’altra cosa: la condanna della superbia, del fare il bene unicamente per farsi ammirare, dell’ostentare una religione puramente esteriore, superficiale, priva di contenuti, di pietà, di convinzioni, di fede, di serietà; di prediligere al contrario chi è umile, chi fa il bene nel nascondimento, nella modestia, senza esibizionismi, senza pubblicità, chi ama i fratelli col poco a sua disposizione, chi condivide il suo niente nella gioia e nell’amore per gli altri.
Egli fa esplicito riferimento infatti a quelle leggi che Lui stesso ha scolpito nel cuore di ogni uomo: “Scegli la vita e non la morte: tu sei vita. Scegli te stesso così come sei: tu sei questo; accetta la tua storia, le tue origini, la tua infanzia, le tue radici; se vuoi essere qualcos’altro da quello che sei, non potrai che fallire; parti dalla tua realtà. Scegli di diventare te stesso: tu sei unico; tu non sei come tuo padre, né come tua madre, né come gli altri: il tuo compito è fare il tuo viaggio verso di te per esser ciò che veramente sei, come Dio ti ha creato. Scegli l’amore: fai vivere il tuo amore; l’amore di Dio vive in te: conoscilo, sperimentalo e poi usalo verso di te e verso gli altri, usando la misericordia, la tenerezza, la compassione. Scegli di donarti: realizzati nel dono di te; la vita ha bisogno di essere data, versata, spesa per una grande causa: allora ci si sente al servizio del mondo e di Dio, allora si è utili, e vivere acquista finalmente il suo senso profondo.
Amen.

 

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