venerdì 25 dicembre 2020

27 Dicembre 2020 – La Santa Famiglia di Gesù, Maria, Giuseppe

“Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione, e anche a te una spada trafiggerà l’anima, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori” (Lc 2,22-40).

 Oggi è la festa della Santa Famiglia, ma il Vangelo si concentra soprattutto su Maria e sul suo stato d’animo nel recarsi al Tempio.

Quaranta giorni dopo la circoncisione, infatti, Maria e Giuseppe salgono al tempio per due distinte prescrizioni della legge: la purificazione della madre e il riscatto del figlio primogenito.

Maria e Giuseppe fanno tutto seguendo le prescrizioni previste dalla Legge.

È interessante notare come Luca ripeta per ben cinque volte la parola “Legge”, quasi a sottolinearne l’importanza. Si tratta infatti di una antica usanza, recepita, assorbita e interpretata nel corso dei secoli, dalla “tradizione”, che per il popolo era vincolante come e forse più delle leggi scritte.

È difficile anche per noi staccarci dalla ritualità imposta dalle tradizioni. È molto difficile infatti, talvolta impossibile, distaccarci da ciò che ci hanno trasmesso i nostri padri, da quello che si è sempre fatto, da ciò che tutti continuano a fare.

Maria e Giuseppe salgono dunque al Tempio. E qui incontrano un personaggio singolare, un certo Simeone (che vuol dire “Jahweh ha ascoltato”).

Il Vangelo non ci dice se sia vecchio. Ci dice però che era un uomo giusto e timorato di Dio. Si potrebbe pensare ad un sacerdote, anche se si dice che lo Spirito Santo era sopra di lui (nei vangeli i sacerdoti del Tempio non vengono mai descritti come assistiti dallo Spirito Santo!).

Ma Simeone non è un sacerdote del tempio, è un profeta, non un uomo del culto, ma un conoscitore della vita.

Maria e Giuseppe cercano un rappresentante della Legge per riscattare il loro primogenito, e trovano invece un uomo dello Spirito, le cui parole non si rifanno ad alcuna regola o prescrizione, ma sono parole esaltanti, gravi, profetiche, riferite al futuro del loro figlioletto. Essi rimangono attoniti di fronte a tali dichiarazioni: già i pastori avevano parlato di un “salvatore”, già l’angelo aveva parlato di lui a Maria come del Figlio dell’Altissimo, ora quest’uomo parla di “luce per illuminare le nazioni”: ma cos’è tutto questo? A cosa si riferisce quest’uomo?

Sono andati al tempio perché la madre del bambino venisse purificata, e invece trovano quest’uomo che preannuncia la purificazione di Israele per opera del loro figlio: per questo, egli sarebbe diventato per molti la “pietra d’angolo” su cui molti avrebbero costruito, su alcuni avrebbero gettate le loro basi, mentre per altri egli sarebbe stato “pietra di scandalo”, pietra d’inciampo che li avrebbe fatti cadere (1Pt 2,7; Rm 9,33).

Seguire Gesù infatti non è mai semplice, indolore; non è come percorrere un bel sentiero, comodo, in pianura, all’ombra, con frequenti fontanelle d’acqua e molte panchine su cui riposare.

Gesù ci mette davanti a scelte onerose, a crocevie misteriose, a inevitabili cadute: le sue verità sono dure e radicali; ci mette di fronte a noi stessi, senza poterci rifiutare. Il suo è un cammino di liberazione, di guarigione, di apertura, di smascheramento: con Lui è impossibile sonnecchiare tranquilli. Le risposte che vuole sono sì, sì, no, no. È per questo che il suo vangelo è per alcuni “vita”, per altri “morte”.

Simeone dunque predice a Maria ciò che avverrà: non le dice nulla, ma insieme le dice tutto. Ella ascolta attentamente, anche se non comprende tutto di quanto le viene detto.

Maria non è sempre stata la Madonna! Diceva in proposito sant’Ambrogio: “Maria è il tempio di Dio, non il Dio del tempio!”: Ella cioè, nel corso dei secoli, è stata ricoperta di così tanti privilegi e titoli soprannaturali, da impedirci di vederla così com’era, madre giovanissima, quando ancora nessuno poteva pensare che diventasse la “Madonna”!

Il vangelo sottolinea più volte che Maria, proprio nello svolgere la sua missione di madre, rimaneva sorpresa, meravigliata, “non capiva”: accolse infatti il messaggio dell’angelo senza capirne l’esatto significato, non avendo chiara tutta la sua importanza, ma disse “si”. Non capì neppure il vero significato dei messaggi di suo figlio Gesù, ma semplicemente lo seguì sempre. Questo fu il suo grande merito: da madre che era, divenne sua umile discepola.

Lei conosceva la tradizione profetica ebraica secondo cui il popolo eletto sarebbe stato salvato dal Messia. Ma qui Simeone prevede un’altra cosa: suo Figlio sarebbe stato: “luce per illuminare tutte le nazioni”, ma anche “rovina e resurrezione di molti in Israele”. Sarebbe stato cioè un “Messia” completamente diverso da come tutti se l’aspettavano: e, altra cosa importante, Egli sarebbe stato il Salvatore non soltanto del popolo eletto, ma di tutta l’umanità.

Ma ciò che colpisce particolarmente Maria è una frase del vecchio veggente: “a te una spada trafiggerà l’anima”. A quale “spada” si riferiva Simeone?

Forse alludeva ad alcune espressioni del Figlio, oscure, difficili da capire, che le avrebbero causato dispiacere, sconforto, incomprensione? Una cosa è certa: ben presto si sarebbe resa conto che le sue aspettative materne, riposte nel figlio, si sarebbero realizzate in maniera ben diversa da come lei pensasse.

Forse alludeva al profondo dolore che avrebbe provato il suo cuore di madre, constatando che i suoi vicini, i suoi compaesani si sarebbero espressi contro suo figlio, mal sopportandolo, avrebbero deriso, rigettato le sue affermazioni straordinarie, le sue opere miracolose: “Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, Ioses, Giuda e Simone?” (Mc 6,3); per dire: “Ma chi si crede di essere? Conosciamo molto bene lui e la sua famiglia!”. I parenti stessi lo rifiutano: “Neanche i suoi fratelli credevano in lui” (Gv 7,5). Per gli scribi è addirittura un bestemmiatore, uno stregone “posseduto da uno spirito immondo” (Mc 3,30) che “scaccia i demoni nel nome del principe dei demoni” (Mc 3,22). Per i farisei conservatori e per i dissoluti erodiani, entrambi allarmati dal suo comportamento, è un pazzo perché “mangia insieme ai peccatori e ai pubblicani” (Mc 2,16): e si accordano per farlo morire (Mc 3,6).

Gesù insomma sarebbe stato considerato da tutti un pazzo, uno stravagante, un fuor di senno: uno meritevole di morte. Sarà questa la spada preannunciata da Simeone?

Oppure si riferiva a quell’altra difficile prova che avrebbe dovuto affrontare, di dover cioè anteporre a tutto, al suo stesso intimo e profondo legame di madre con suo figlio, la missione soprannaturale di Gesù, che l’avrebbe infine portato sul Golgota?

Tutto questo Maria l’ha intuito più che capito, l’ha gradualmente interiorizzato, e soprattutto l’ha fedelmente praticato negli anni in cui Gesù, nella sua famiglia, “cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui”.

Ebbene: è esattamente questo lo spirito che dovrebbe appartenere ad ogni genitore, questo il comportamento che dovrebbe regnare sovrano anche le nostre moderne famiglie: accogliere la volontà di Dio, agire sempre nel rispetto condiviso dei propri doveri.

Purtroppo, in questi tempi, la “famiglia” sta vivendo una crisi profonda: la sua naturale composizione di padre, madre, figli, non si presenta più come l’unico modello di unione sociale; oggi c’è la pretesa di considerare “famiglia” qualunque tipo di convivenza, sia etero che omosessuale.

Non esistono più doveri fondamentali, fedeltà, rispetto reciproco, ma solo un latente egoismo esibito come amore; solo “diritti” individuali, inizialmente dormienti, ma sempre pronti a riemergere per sopraffare l’altro: è purtroppo l’immagine ricorrente delle attuali libere convivenze, quasi sempre posticce, volubili, instabili, pronte a sfasciarsi alla prima difficoltà. Nessuno più crede al matrimonio cristiano, unica istituzione in cui è possibile coltivare, salvaguardare, accrescere i valori umani e spirituali di una vera, autentica, naturale famiglia. 

Ma per questo dobbiamo forse arrenderci e concludere che oggi è impossibile amarsi? No! Dico soltanto che, come ci insegna la festa di oggi, sentimenti profondi come l’amore oblativo, l’accoglienza, il rispetto, la dedizione, sono patrimonio esclusivo della “famiglia”, quella autentica, quella che Dio ha sognato e voluto, creando la prima coppia uomo/donna.  In essa, anche oggi come allora, amarsi è possibile; restare fedeli è possibile; crescere i figli in un progetto di famiglia è possibile.

Maria e Giuseppe ce lo documentano: è infatti nella loro famiglia che Dio ha scelto di nascere, di sottomettersi alle naturali e normali dinamiche famigliari, di vivere cioè tra le fatiche di un rapporto di coppia, condivise però e superate con amore e tenerezza.

Riscopriamo allora anche noi questo “antico” e infallibile modo di essere famiglia: riscopriamolo nell'autenticità, nella sincerità, nella fede, nel difficile cammino di amore e di comprensione reciproca.

E perché queste festività possano trasformarsi veramente nella festa dell’intera famiglia, i genitori abbiano cura di “presentare” i loro figli al “Tempio”, sull’esempio di Maria e Giuseppe: se poi sono cresciuti, e al Tempio non vogliono più andare, non si scoraggino: li portino spiritualmente con la preghiera, e con la loro fede li pongano ugualmente nelle mani del Padre, per ottenere da lui una particolare benedizione. Consapevoli che questa, sicuramente, si trasformerà in speciali grazie, in future benedizioni. Amen.

  

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