venerdì 23 dicembre 2011

1 Gennaio 2012 – Maria SS. Madre di Dio

«Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore».
Il vangelo di oggi ci presenta Maria che “medita” su quello che le sta accadendo: giornate molto intense le sue; un figlio straordinario da accudire, e tanta gente inaspettata e impensabile che si accalca per vederlo; Maria medita sul come Dio ha agito e continua ad agire con lei, su ciò che Dio sta facendo con lei. Lei conosce bene tutti i risvolti di questa storia: perché Dio ha scelto proprio lei, una donna bambina totalmente insignificante? Nessuno mai l’avrebbe scelta, nessuno mai le avrebbe dato credito. Ma i criteri di Dio sono altri dai nostri. L’uomo guarda l’apparenza, Dio guarda il cuore!
Così anche per i pastori: «I pastori andarono senza indugio». Gente ignorante, rozza, che ascoltano immediatamente l'invito dell'angelo. Che fine hanno fatto i capi religiosi? Perché Gerusalemme non c’è? Perché gli amanti e gli eruditi della Legge non vanno a far visita a Maria e a Giuseppe? Perché ci vanno solo i pastori e i maghi, tutta gente che per quel tempo era di malaffare? Perché da sempre Dio non agisce secondo la nostra logica, i nostri criteri. Lo ha fatto ieri, lo fa oggi, lo farà domani, sempre.
È stato così per Maria, è stato così per i pastori, è stato così per i Magi. E sarà così anche per noi. Dio utilizza sempre lo stesso metodo: per le sue imprese sceglie sempre gli “scarti”, ciò che gli uomini mai sceglierebbero per le loro.
Dio ha in mente per loro, come per ciascuno di noi, un viaggio strepitoso, incredibile, eccezionale. Ma non può farlo, non può realizzarlo, se noi non ci stiamo, se noi non ci fidiamo di Lui, se noi gli resistiamo, se noi continuiamo ad opporci, a voler fare di testa nostra, a voler dirigere noi da soli la nostra vita, ad essere noi gli unici a stabilire cosa va bene per noi.
Dio invece sceglie soltanto chi è disponibile, agisce solo in chi si fida di Lui, solo in chi può dire, come Maria: “Va bene, non so dove mi vuoi portare, ma mi fido di te. Sia ciò che deve essere e andiamo! Dirigi tu la mia vita e io ti seguirò”.
Maria, Giuseppe, i pastori, i Magi, i profeti, tutti i grandi personaggi dello spirito, furono persone che si fidarono, che si misero nelle mani di Dio e si lasciarono portare, si lasciarono plasmare come morbida creta.
E non è meraviglioso riuscire a far così? “Signore, portami dove tu vuoi ed io ti seguirò”: sì, meraviglioso, perché questa è fede autentica, fratelli. Non chiacchiere.
Iniziando questo anno nuovo la liturgia ci dice di imitare Maria, di dedicare del tempo al “dentro”, di accorgerci di Dio. Purtroppo nella nostra vita spesso manca un dentro, ci lasciamo stravolgere dal vissuto, le cose insignificanti diventano fondamentali.
Siamo come bucato ammucchiato nella bacinella: ci serve un filo a cui appendere tutte le cose ad asciugare. Il nostro centro unificatore, il nostro filo, è la fede: un centro prezioso, essenziale, indispensabile.
E allora, fratelli, in questo anno che inizia, assumiamo seriamente l’impegno di ripartire nuovamente da Dio, di mettere l’ascolto della Parola, e la sua meditazione, al centro della nostra giornata. Guardiamo a Maria, viviamo ogni giorno come lei, ripetiamo continuamente con lei: “Signore, io mi fido di te; Tu conducimi e io ti seguirò, dovunque mi porterai. Smetterò di importunarti, di assillarti continuamente con le mie domande risentite sul perché certe cose succedono, sul perché succedono proprio a me, che in fin dei conti non ho fatto nulla di male; smetterò di mettere ostacoli al tuo volere, di tirarmi sempre indietro. Qualunque cosa mi accada, so che Tu vuoi così, vuoi farmi passare proprio di là. Tu hai sempre un motivo ben preciso nelle cose, ed io cercherò di capirlo, adeguandomi; e se non lo capirò, pazienza; perché comunque io mi fido di Te. So che se l’hai permesso è per il mio bene, perché devo imparare qualcosa; ed io cercherò di impararlo con tutte le mie forze. Mi lascerò trasportare da Te: Tu guidami e io ti seguirò; tu davanti e io dietro. Sempre. Promesso”.
Potessimo, fratelli miei, vivere con questa disposizione d'animo tutti giorni di questo nuovo anno! Tutte le nostre ansie svanirebbero d’incanto, e troveremmo dentro di noi una forza irresistibile, quella della fede, e una pace infinita, quella del sentirci amati.
Dio ha potuto fare con Maria tutto quello che ha fatto, perché lei è stata disponibile.
Ma Dio non ha scelto solo Maria; Dio sceglie anche tutti noi. Dio sceglie me e sceglie te.
E noi dobbiamo soltanto dirgli: “Sì”. E poi lasciarci andare, abbandonarci, lasciarci portare da Lui. Certo, nessuno mai ci garantirà che tale viaggio sarà facile; anzi sappiamo già fin d'ora che sarà un viaggio duro, intenso, senza soste; ma sarà un viaggio che ci realizzerà, che ci farà raggiungere un traguardo, che mai avremmo pensato di raggiungere da soli.
Viviamo sull’esempio di Maria. Celebrare Maria “donna del sì”, ad inizio anno, vuol dire dunque adeguarci a Lei, voler imparare tutto da lei. Vuol dire riporre nel suo cuore di mamma, tutte le nostre insicurezze; vuol dire pronunciare con lei il nostro “Sì” al Padre.
Fratelli miei, questo vuol dire fare nostra la vera pace; vuol dire raggiungere quella felicità che non tramonta mai. Perché solo così capiremo che Dio ci ama; solo così cadranno le tenebre che oscuravano i nostri occhi, e potremo finalmente specchiarci nel volto splendente di Dio.
Ed è proprio questo l'augurio che intendo formulare per ciascuno di voi oggi; me lo suggerisce la Scrittura: «Vi benedica il Signore e vi custodisca. Il Signore faccia risplendere per voi il suo volto e vi dia grazia. Il Signore rivolga a voi il suo volto e vi conceda pace» (Nm 6,24-26). “Faccia risplendere il suo volto”: uno splendido semitismo per significare il “sorriso di Dio”, la sua completa apertura nei nostri confronti, la sua più totale disponibilità e “cordialità”: immaginate? Dio ci guarda, ci sorride, e il suo volto si illumina di amore. Come un Padre amoroso, sopraffatto dall'emozione per aver finalmente ritrovato i suoi figli tanto amati, ancorché ombrosi, sospettosi, feriti, incerti, indifesi. Ecco, è questo che vi auguro cordialmente, fratelli, per i prossimi mesi: possiate sempre cogliere in tutti gli eventi della vostra vita il volto sorridente di Dio. Qualunque sia l'evento, triste o gioioso. Sì, fratelli: perché Dio ci sorride sempre; e ci sorride perché ci ama.
Ebbene, questo volto di Dio sorridente, lo abbiamo sotto i nostri occhi proprio in questi giorni, nel neonato Gesù. Dalla sua culla, il Dio bambino ci sorride; non è imbronciato, non è impenetrabile, non é scostante, né innervosito. Egli ci sorride e ci invita, ci chiama, semplicemente. Egli non deve essere mai un problema per noi. Perché non lo è. Assolutamente. Il problema, semmai, siamo noi, cari fratelli. Siamo noi, troppo spesso imbronciati, impenetrabili, nervosi; noi che nei momenti di contrarietà, di fatica e di dolore, smettiamo di guardarlo fiduciosi in volto, e ci lasciamo travolgere dallo sconforto; noi che allora non vogliamo più saperne di lui, noi che allora non scorgiamo più in Lui alcun sorriso, ma solo una “ingiusta” severità.
Ma, fratelli miei, ci rendiamo conto di quanto siamo incoerenti, di quanto siamo scorretti? Come possiamo pretendere che Dio risolva sempre, in ogni caso, i nostri problemi? Che ci appiani continuamente la strada, che ci renda la vita facile facile, senza alcuna difficoltà o avversità? La vita è un mistero, fratelli, e come tale dobbiamo accoglierla e rispettarla. E se poi la Parola ci dice che Dio ci sorride - e Dio ci sorride sempre, garantito! - ci sarà pure un motivo, non vi pare? Ci sarà pure una ragione, che magari ignoriamo, non vediamo, o  non vogliamo capire? Ma ripeto: non importa quello che pensiamo noi; quello che conta veramente è che Dio continua a sorriderci. In paziente e amorosa attesa. E questo ci deve bastare. Dobbiamo semplicemente fidarci! Come Maria. E vedrete, non ce ne pentiremo. Amen.


venerdì 16 dicembre 2011

25 Dicembre 2011 – Natale di nostro Signore Gesù Cristo

«Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
Gesù è la più grande dimostrazione d'amore che il Padre ci abbia mai donato. Il Natale è la festa dell'amore puro, profondo, sincero e gratuito. Il Natale è la più bella notizia che si possa ancora raccontare a tutti gli uomini tristi e frastornati di questo mondo. Ce ne rendiamo conto? Un’idea simile dovrebbe commuoverci, intenerirci, farci sentire inondati di gioia! Dio, l'infinito, si è fatto vicino e si è legato in maniera irreversibile a noi per puro amore, per una sua irresistibile esplosione di bontà: questo deve farci amare la vita e deve ricolmarci di ottimismo.
In questa notte santa è impossibile non avvertire che qualcosa di grande è accaduto nel mondo. Siamo illuminati da una stella che è penetrata nel nostro buio e l'ha rischiarato per sempre. Accorgiamoci di Gesù: accogliamolo nella nostra vita e lasciamo continuare in noi quella novità e quella santità che con Lui è sbocciata a Betlemme. Dio si è fatto uomo! L'Infinito, l'Eterno, l'Onnipotente si preoccupa di noi, ha cura di noi, ha misericordia di noi. Dio l'infinto ci ama: è questa la vera, grande notizia del Natale. Ci ama al punto da mandare suo Figlio in questa storia così dura, ingrata, sterile. Dio non ha avuto paura: ha gettato il Figlio in mezzo a noi che non eravamo più figli; e continua a farlo ogni anno, perché ci ama; perché vuole caparbiamente darci un cuore nuovo, innamorato, di figli autentici.
Fratelli miei, quanta pena nei cuori degli uomini. Quanta ricerca di felicità; quante amarezze e quante sofferenze. Ebbene: noi tutti oggi sappiamo che la felicità esiste ed ha un suo recapito: Betlemme, Gesù, l'Emanuele.
Occorre uscire dalla prigione del nostro egoismo, dalla freddezza dell'indifferenza. Facciamoci piccoli e umili: andiamo a Betlemme, cioè a Cristo, apriamo il cuore ai fratelli, tendiamo la mano a chi ci sta accanto, rendiamo ospitale la nostra casa, il nostro ambiente, il nostro lavoro, il nostro paese, la nostra città, il nostro mondo. È soltanto nella via dell'amore che potremo fare esperienza di Dio. Ed è soltanto in Dio che troveremo la pace che ci manca.
Sono quattro le parole che puntualmente riecheggiano in tutti i brani che la liturgia ci propone nelle messe di Natale e del periodo natalizio: luce, gioia, bontà, pace.
Esse riassumono le caratteristiche di Gesù, il dono di Dio unico e irripetibile. Esse sintetizzano ciò che noi tutti, uomini e donne, desideriamo.
Si dice che il Natale è bello come un sogno. È vero. Perché ogni uomo e ogni donna sognano luce, gioia, bontà, pace. Un clima “da sogno” che questa festa riesce ogni anno a creare in noi con le luci, i presepi, gli alberi, le strade e le vetrine illuminate, le musiche semplici e ingenue, lo scambio di doni e di auguri, la riscoperta della famiglia, degli amici, dei lontani, di chi si trova in situazioni di angoscia e di dolore...
Lasciamoci prendere, fratelli, da questo sogno! È Dio che in Gesù vuole farci sognare una vita piena di luce, di gioia, di bontà, di pace. Come lui l'ha pensata e come noi la desideriamo. Lasciamoci penetrare da questo sogno, sempre più in profondità, in modo che diventi desiderio, progetto, impegno concreto, realtà.
Come? Lo dice Gesù: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date». Avete ricevuto da Dio luce, gioia, bontà, pace? Date il più possibile luce, gioia, bontà, pace.
Nostro compito non è il lamento, ma la testimonianza di una vita carica di questi doni. Sentiamo dire spesso: “Non ci sono più i valori di una volta! Non c'è più cristianesimo”. Ebbene, fratelli, che aspettiamo? Mettiamoceli noi questi valori! Mettiamocelo noi il cristianesimo! Questo è il nostro compito. Questo è la nostra festa di Natale.
Il Natale è bello perché riesce a far emergere il meglio di noi stessi. Impariamo allora a proiettare in tutti i giorni dell'anno questa bellezza del Natale.
Sì, fratelli: viviamo ogni giorno il Natale. Incontriamo quotidianamente Gesù, il Signore bambino, il nostro Salvatore.
Noi come lo incontriamo? dove lo troviamo oggi nella nostra vita concreta? Come possiamo accoglierlo perché sia realmente luce, pace, forza, salvezza della nostra vita e della vita del mondo e della nostra società?
Dio è con noi sempre, fratelli: anche oggi, anche domani. Noi lo possiamo incontrare nella vita della Chiesa, nella Parola di Dio, nei Sacramenti, negli uomini, nostri fratelli.
La Chiesa continua la presenza e l'opera di Gesù. Quando ascolto o leggo la Bibbia, il vangelo, è Cristo che parla al mio cuore e al cuore della Chiesa. Così quando ci accostiamo ai Sacramenti, quando ci confessiamo, quando ci comunichiamo, quando incontriamo il prossimo, è Gesù che noi incontriamo, è a Gesù che noi chiediamo perdono, è Gesù che si offre a noi in cibo, in nutrimento, in sostegno e forza.
Dio è sempre con noi, veramente: e noi possiamo essere sempre con Lui, possiamo vivere per Lui, accogliere e rendere viva la sua grazia in tutte le nostre azioni.

Dipende solo da noi: perché siamo noi che possiamo portare in ogni giornata della nostra vita, la luce e la grazia del Natale. Auguri, fratelli: buon Natale. Amen!




Ecco Dio, voi che lo aspettate fiduciosi.
Ecco Dio, voi che pensate di non averne bisogno.
Ecco Dio, voi professionisti del sacro, che l’abitudine
vi ha reso indifferenti.
Eccolo: inatteso,
sconvolgente, stordente, folle.

Un Dio che si annuncia a tutti,
anche a chi non se lo merita,
a chi non lo prega,
a chi maledice la vita.
Un Dio umile, che si fa riconoscere
dalle piccole cose,
umili compagne del nostro quotidiano.
Un Dio che ci cambia la vita;
una vita che – pur rimanendo la stessa -
assume comunque una luce diversa.

Ecco Dio, discepoli del Nazareno,
voi che in questa società dissacrata,
ancora non vi stancate di essere cristiani
di seguirlo, di pregarlo.
Ecco Dio,
anche se diverso da come noi lo vorremmo:
perché è un Dio bambino, che non risolve
magicamente i problemi,
ma ne crea, chiedendo accoglienza.
Un Dio che non condanna i malvagi,
ma che dai malvagi di sempre
è cercato per essere ucciso.
Un Dio che si rivolge ai poveri,
ai perdenti, agli inquieti, Lui per primo,
povero, perdente, inquieto per amore.

È Natale.
È il suo Natale. È il mio Natale.
Oggi, è per me, un giorno tutto nuovo:
perché Gesù vuol viverlo in me.
Lui non si è mai isolato dagli uomini:
ha camminato sempre al loro fianco.
Ma è con me,
che vuol camminare, da oggi,
tra gli uomini miei fratelli.
Incontrerà ciascuno, di quelli
che entreranno nella mia casa;
ciascuno, di quelli che incrocerò per la strada:
altri ricchi come quelli del suo tempo,
altri poveri, altri eruditi e altri ignoranti,
altri bimbi e altri vegliardi, altri santi e altri peccatori,
altri sani e altri infermi.
Tutti, sono quelli che è venuto a cercare.
Ciascuno, colui che è venuto a salvare.
Da oggi lo vuol fare con me.
A coloro che mi parleranno, "noi" avremo qualcosa di speciale da dire.
A coloro che mi oltraggeranno, "noi" avremo amore da restituire.
Ciascuno, esisterà per "noi", come se fosse l’unico.
Nel rumore alienante, troveremo nell’anima il silenzio da vivere.
Nel tumulto violento, porteremo col cuore la pace e l’amore.

Oggi, Natale, Egli esige il mio sì.
E nessuno al mondo,
di quel mondo in cui mi lascia per vivere con Lui,
può impedire la mia scelta di unirmi indissolubilmente a Lui.
Come un bimbo portato sulle braccia della madre,
io camminerò con Lui tra la folla:
Lui, vita della mia vita, luce dei miei occhi, sostegno dei miei passi.
Lui, l’inviato di Dio agli uomini di ogni tempo,
l’inviato agli uomini di questo tempo,
della mia città, del mio mondo.
Da questi fratelli miei più vicini,
che Lui mi farà servire, amare, salvare,
le onde della carità e dell'amore
raggiungeranno gli estremi della terra,
la fine dei tempi.

È Natale.
Giorno dell’amore di Dio.
Giorno indimenticabile,
perché è con me e in me,
che Gesù vuole viverlo ancora!

AUGURI!


mercoledì 14 dicembre 2011

18 Dicembre 2011 – IV Domenica di Avvento - B

«In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
Esattamente ad una settimana dal Natale, rileggiamo ancora una volta (l’abbiamo appena letto il giorno dell’Immacolata, ricordate?) l’incontro tra l’arcangelo Michele, uno dei principi degli angeli, e Maria, una inesperta ragazzina di Nazareth. Un incontro semplice, silenzioso, nascosto, che ha comunque ispirato, durante i secoli, l’arte di migliaia di pittori, scultori,poeti e scrittori, e che noi invece – noi gli evoluti del ventunesimo secolo - rischiamo di leggere con la nostra consueta superficialità, come se si trattasse di una innocente favoletta.
E, invece, no, fratelli: il vangelo di oggi ci racconta ciò che è realmente accaduto! Con tutti i particolari. Dalle poche ma magistrali pennellate di contorno, delicatamente incisive com’è nello stile di Luca, emerge prepotentemente la grandezza del pensiero di Dio. In un paesino incollato ad un pendio roccioso, lontano dalle grandi strade commerciali, in una misera ma dignitosa casupola, ricavata nella roccia, avviene l’assurdo di Dio, l’inizio di una storia diversa, una storia di salvezza. Dio, stanco di essere incompreso, decide di venire a raccontarsi. La lunghissima storia di amicizia e di amore col popolo di Israele non è stata sufficiente per farsi capire e Dio, alla fine, sceglie di farsi uomo, di diventare uno di noi: ma per farlo gli serve un corpo, ha bisogno di una madre.
E Dio non sceglie la moglie dell’imperatore, non una scienziata o un premio Nobel, non una dinamica imprenditrice dei nostri giorni; ma una piccola adolescente, Mariam (la bella). È a lei che Dio chiede di diventare la sua porta d’ingresso nel mondo. Contro ogni buon senso, Maria accetta, ci sta; ci crede immediatamente, e noi, i saggi, non sappiamo se ridere o scuotere la testa davanti a tanta meravigliosa incoscienza; restiamo senza parole davanti alla sconcertante semplicità di questo dialogo, davanti al coraggio di questa ragazza ancora acerba, che parla alla pari con l’Assoluto, che gli chiede spiegazioni e chiarimenti.
Ma Dio non guarda con i nostri occhi, non ragiona con la nostra mente. Per calarsi nella storia, Egli sceglie un umile paesino sconosciuto, Nazareth; e a Nazareth, come madre, sceglie una altrettanto umile e sconosciuta bambina, Maria.
E nel silenzio, senza pubblicità, si consuma il grande mistero della divina umanità. Nessun satellite, nessuna diretta televisiva, nessun network è riuscito a riportarci l’accaduto.
Solo un assordante silenzio ci parla ancora oggi; e ci indica le illogiche scelte di Dio. A noi che cerchiamo sempre il consenso e la notorietà, l’efficienza e la produttività, Dio propone una logica nuova, diversa, la logica del “dentro”, basata sull’essenziale, sul mistero, sulla profezia, sulla verità di sé, sui risultati imprevisti e sconcertanti.
Siamo dunque alla fine dell’Avvento: dopo la figura di Isaia, il profeta dell’annuncio del Messia, dopo il Battista, il precursore che addita il Messia già adulto, oggi è d’obbligo fermarci a meditare sulla terza grande figura dell’avvento: la figura centrale, di colei cioè che offre il suo grembo per il divino concepimento del Messia uomo.
E che messaggio ci lancia Maria? “Accogliete il Signore!”. Non soltanto in occasione dell’imminente natale, ma durante tutta la nostra vita.
Sì, fratelli: accogliamo il Signore! Perché sarebbe perfettamente inutile avergli preparato la strada, per poi alla fine non accoglierlo.
Ma cosa significa “accogliere il Signore”?
Significa fare come ha fatto Maria. Accettare i suoi progetti, le sue proposte, lasciarsi portare da Lui, fidarsi di Lui. Ogni giorno, in ogni luogo, in ogni situazione. Sempre. Significa accettare di diventare la sua casa, significa accogliere questo ospite unico, infinito, nella sua luce, nel suo amore, nella sua bontà.
“Non temere, Maria”. Certo, non è stato sicuramente facile per Maria accogliere questo progetto. Dio non le ha certamente risparmiato le enormi difficoltà di questa scelta, perché la sua doveva essere una scelta libera, da innamorata. Una risposta generosa, franca, consapevole, dettata dall’amore, capite? Non come le nostre risposte: stanche sul nascere, legate alle circostanze, succubi del rispetto umano, condizionate dai nostri calcoli e dal nostro tornaconto. Avete ancora presente il momento in cui abbiamo detto il nostro “si” a Dio? Quanti tentennamenti, quante indecisioni, quanti ripensamenti, fratelli miei. Altro che risposta libera e gioiosa: la nostra adesione è tutto un programma. Eppure dovremmo avere sempre in mente che “hilarem datorem diligit Deus: Dio ama colui che gli dà con gioia” (2Cor 9,7). Una risposta ragionata, calcolata, per Dio non è una risposta. L’adesione a Dio deve essere un contratto irrevocabile, un concordato irrinunciabile, un investimento perpetuo senza alcuna pretesa di interessi.
Certo, è sicuramente lecito avere dei dubbi. Li ha avuti anche Maria: “Come è possibile questo?”. Ma i dubbi sono a monte, precedono la risposta; devono semmai essere l’occasione per dare una risposta ancor più vincolante e cosciente, più consapevole e autonoma.
Del resto i dubbi accrescono la fede. E avere fede significa porre la propria certezza in Dio, sempre, in qualunque situazione della nostra vita, bella o triste che sia.
La fede quindi fortifica la nostra risposta, la rende ferma e immutabile, le toglie qualunque velleità di ripensamenti; fede è totale fiducia in Dio, perché “niente è impossibile a Lui”.
Anzi, come amava ripetere un vecchio maestro, “tutto è possibile a chi crede”.
"Eccomi, sono la serva del Signore"; con queste parole Maria ha fatto il suo atto di fede. Ha creduto, ha accolto Dio nella sua vita, si è affidata a Lui, ha messo la sua vita a completa disposizione di Dio. Questa è la fede, fratelli miei; questo significa credere veramente. Questo è l’esempio che dobbiamo seguire, il modo con cui anche noi dobbiamo rispondere alla nostra chiamata. La fede di Maria non è stata tanto nel credere a un certo numero di verità, quanto nell’essersi fidata ciecamente di Dio, nell’essersi completamente abbandonata a Lui.
Maria ha accolto Dio nella sua vita. Ha creduto che “nulla è impossibile a Dio”. Ha detto il suo "sì" a occhi chiusi, in maniera totale e gioiosa. Ha concepito Cristo, come dice S. Agostino, prima nel cuore che nel corpo.
È questo l’esempio luminoso che ci viene proposto oggi da Maria. Imitiamola dunque, fratelli, imitiamola con fede, “concepiamo” anche noi Gesù nel nostro cuore. Diventiamo partecipi di questa sua sublime vocazione. Del resto, come hanno scritto Origene e S. Bernardo, “che beneficio avrei, se Gesù fosse nato soltanto una volta a Betlemme, e non continuasse a nascere per fede nel mio cuore?”
Sì, fratelli: dobbiamo far nascere Gesù in noi; dobbiamo accoglierlo nella nostra vita con tanta fede, nella grazia e nella santità che ci porta, nell'amore al prossimo, così come Lui stesso ci ha insegnato durante la sua vita terrena.
E allora, fratelli miei, coraggio, animo! Proprio quando pensiamo di avere sbagliato tutto nella nostra vita, quando non siamo soddisfatti dei risultati ottenuti o ci sentiamo attratti dall’assordante richiamo del mondo, guardiamo a Nazareth, guardiamo al silenzio di Maria, alla sua umile dedizione, al suo composto modo di fare, e lasciamoci sbalordire, lasciamoci incantare da tanta semplicità e fedeltà. Anche noi, sul suo esempio, non abbandoniamo, non rinunciamo, non molliamo mai; per nessuna ragione.
Tra una settimana è Natale. Presentiamoci anche noi a Betlemme, umilmente, senza pretese, così come siamo: ascoltiamo anche noi la voce del Signore che silenziosamente dice al nostro cuore: “lasciati amare; non preoccuparti di come hai preparato il tuo avvento, sono io che ti vengo incontro!”. Capite? Che vogliamo di più da Dio, fratelli? Egli è così: noi dobbiamo solo aspettare; dobbiamo chiudere gli occhi, e lasciarci finalmente incontrare! Amen.
 
AUGURI!
Buona preparazione all’incontro col Signore!