giovedì 8 marzo 2018

11 Marzo 2018 – IV Domenica di Quaresima


«Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,14-21).

Il testo della Parola di oggi ci riporta la conclusione del colloquio che Gesù ha intrattenuto con un certo Nicodemo. Ora, di Gesù sappiamo tutto, ma chi è questo Nicodemo? Per capire meglio e apprezzare questa pagina del vangelo è necessario fare la sua conoscenza. Giovanni lo considera un personaggio molto importante, anzi lo definisce “maestro”, un titolo che in tutto il suo vangelo, egli riconosce soltanto a due persone: a Nicodemo appunto (Gv 3,10), e a Gesù (Gv 13,14). Nicodemo è un fariseo, un dottore della legge di Israele, uno studioso molto apprezzato e seguito dal popolo, un dialettico di grande abilità oratoria, convinto dell’infallibilità delle sue argomentazioni, fondate sulla sua profonda conoscenza del testo sacro e della tradizione. Il sapere però, per quanto enciclopedico, non è tutto nella vita! Anzi a volte la sua vastità costituisce un serio intralcio al raggiungimento di una esistenza serena, soddisfatta, felice. Proprio per questo Nicodemo stava attraversando una crisi dottrinale profonda, aggravata anche dalle notizie che gli giungevano sulla dottrina e sulle opere straordinarie di questo “nuovo maestro”.
Ora, noi sappiamo che tra Gesù e i farisei non scorreva buon sangue: tra loro non c'era mai stata alcuna condivisione né tanto meno qualche convergenza di vedute: oltretutto, pochi giorni prima, un Gesù particolarmente furioso aveva provveduto a “purificare il tempio” da commercianti, venditori, ladri e quant’altro, che operavano in stretto accordo con le autorità religiose: farisei, scribi, grandi sacerdoti. Un grave affronto pubblico ricevuto direttamente in “casa loro”, che aveva ancor più acuito la loro rabbia e il desiderio di vendetta. Per questo Gesù è costretto ad adottare un comportamento più cauto, sapendo che qualunque sua parola o movimento può venire strumentalizzato per combatterlo, ferirlo, condannarlo.
Un clima piuttosto pericoloso che indubbiamente valorizza l’iniziativa del fariseo Nicodemo di incontrare Gesù. A differenza dei suoi colleghi, però, egli è un osservatore attento, scrupoloso e imparziale del “fenomeno” Gesù: la sua vita, i miracoli, gli insegnamenti, il suo comportarsi in maniera benefica e misericordiosa verso tutti, hanno già in qualche modo minato le sue certezze, procurandogli dubbi e interrogativi sia sull’origine divina che sul ruolo di questo sedicente messia: da studioso serio, onesto e meticoloso qual era, egli vuole vederci chiaro.
E va da Gesù in piena “notte”. Come mai Giovanni sottolinea l’orario “notturno” di questo incontro? Vuole forse indicare qualcosa? In genere egli usa il termine “notte” quando vuol mettere in evidenza l’antitesi insanabile tra le “tenebre” della notte, in cui operano le forze del male (Giuda per esempio esce dal cenacolo in piena “notte” per tradire Gesù), e la luce solare, luminosa, trasfigurante del giorno, in cui Gesù conduce apertamente la sua azione pastorale.
In questo caso però ci sono due spiegazioni più plausibili: o è stato lo stesso Nicodemo a scegliere la “notte” per non farsi scoprire da qualcuno del sinedrio o del popolo in un colloquio privato col “nemico”, screditando così la sua integrità professionale di personaggio pubblico, oppure con questo termine l’evangelista ha voluto descrivere lo stato d’animo di Nicodemo che, assalito da dubbi profondi, si rende conto di non possedere argomenti per condannare il nuovo corso della predicazione di Gesù: la sua mente pertanto brancola nel buio della notte, è confuso e sente vacillare le sue “vecchie” sicurezze, prive di luce e di speranza.
L’inizio del suo colloquio fa pensare più a questa seconda ipotesi: “Sappiamo (parla a nome dei farisei) che sei un maestro venuto da Dio; nessuno può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui” (Gv 3,2). In pratica riconosce molto onestamente la possibilità che Gesù sia veramente di origine divina. Ma qui si blocca, non sa andare oltre. La sua situazione personale è complicata e non sa come affrontarla. Prende tempo, ha timore di esternare i suoi problemi, i suoi dubbi, e si tiene sulle generali. Sente che gli manca qualcosa, ma non sa cosa. Non conosce la natura di questo profondo malessere; soprattutto non capisce perché questo suo “bisogno di verità” sia diventato improvvisamente così tanto urgente.
Anche se al suo esterno non traspare nulla, Gesù ha già capito tutto, non gli servono tanti discorsi, egli conosce perfettamente l’assillo di quel poveretto: “caro amico, è vero: la tua vita, così com’è, non ti soddisfa, non ti offre soluzioni valide; nessuno, infatti, può vedere e capire il regno di Dio, “se non colui che nasce dall’alto”; un’espressione oscura, questa di Gesù, che mette ancor più in crisi il suo interlocutore: perché in greco ànothen”, ha due significati diversi: uno di luogo (“dall’alto”) e uno di tempo (“di nuovo”). Nicodemo ovviamente non sa cosa rispondere; prende per buono il significato temporale del termine, e replica: “Come può un uomo nascere di nuovo se è già vecchio? Non può mica rientrare nel grembo di sua madre e nascere un’altra volta! (Gv 3,4). Non si accorge di aver travisato il senso del discorso. A questo punto Gesù cerca di illuminare la sua mente in difficoltà, di chiarire pazientemente il suo equivoco: “È vero, tu sei già nato, ma è stata tua madre che ti ha fatto nascere: non sei stato tu a voler nascere, non l’hai scelto tu. È opera sua, non tua. Tu invece devi fare una seconda nascita: questa volta devi essere tu a decidere di “partorirti”, di nascere ad una vita nuova: come? modificando radicalmente quello che sei ora, realizzando tutto il potenziale che c’è in te, espandendo e alzando le tue vedute, affrancandoti dalla tua mentalità legalistica, ormai superata. In altre parole devi cambiare, devi rinascere non dalla carne ma dallo Spirito per vivere una vita completamente nuova. E questo dipende solo da te, da nessun altro. Sarà una nascita dolorosa: ma questa volta sarai tu a soffrire, non tua madre; sei tu che devi porre fine a questa tua vita materiale, per rinascere ad un altro mondo, un mondo completamente diverso, un mondo in cui regna la Libertà, l’Amore. Nel tuo mondo attuale tutti dicono di vivere: ma il loro è un sopravvivere; solo i rinati nello Spirito vivono realmente”.
“Rinascere dall'alto” (e non di nuovo!) è quindi un’altra cosa: vuol dire vivere in una prospettiva spirituale, in una prospettiva più alta, più ampia, seguendo le ispirazioni dello Spirito. Se non viviamo in questa prospettiva, rimaniamo radicati nella materialità della vita; rischiamo cioè di vivere unicamente per i soldi, per il successo, per il lavoro, per la carriera, per il divertimento, la famiglia, i figli, il coniuge: rischiamo di trasformare tutte queste cose nella nostra unica missione, nel nostro unico scopo di vita.
Invece non dobbiamo mai dimenticarci chi siamo (figli di Dio), da dove veniamo (dall'Alto) e dove andiamo (nell'Amore di Dio). Non siamo qui per caso o per sbaglio: siamo qui per un motivo ben preciso, un motivo specifico.
Una risposta, quella di Gesù, che segnala la necessità di adottare un serio programma di vita. Dobbiamo cioè impegnarci a “credere”; dobbiamo “fare luce” in noi, sulla nostra vita; dobbiamo smetterla di vivere ignorando i problemi, di vivere sopravvalutando le nostre risorse, le nostre forze; non dobbiamo più vivere nell’ignoranza, nell’indifferenza, convinti, magari, di essere dei buoni cristiani, addossando agli altri, alla società, a questo mondo, la colpa del nostro malessere. Non illudiamo noi stessi, siamo deboli e insicuri. Non fingiamo il contrario, ostentando una superiorità che non c'è. Facciamo chiarezza, dentro di noi, introduciamo Luce, e capiremo che non siamo soli, che Lui è dentro di noi, che l’Infinito abita nel nostro finito.
Purtroppo noi abbiamo lo sguardo sempre fisso per terra e non ci accorgiamo della realtà meravigliosa che ci circonda. Abbiamo una visione superficiale, limitata, terrena delle situazioni. Siamo completamente presi dai nostri stupidi problemi, dai nostri fastidi personali, senza accorgerci che giriamo soltanto intorno a noi stessi. Lasciamo da parte le nostre banalità (come mi vesto, cosa mangio, che telefonino, che televisore, che computer, che auto mi devo comprare…). Non angosciamoci per le stupidaggini. Vale la pena rovinarci la vita per queste cose? Ci sono nella vita tragedie ben più dolorose da superare!
Guardiamo allora in alto, perché solo guardando in alto, verso Dio, potremo uscire vincitori; con Lui potremo superare ogni cosa; con Lui potremo distruggere qualunque ombra della notte. 
“Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito…”. Ecco: quando ci sentiamo angosciati, soli, depressi, disperati, ricordiamoci di queste parole di Gesù, meditiamole nel profondo del nostro cuore e diciamoci: “Sì, Dio mi ha amato così tanto, da sacrificare suo Figlio proprio per me”. Proviamoci. Sicuramente ci sentiremo più al sicuro, più protetti, più amati. Amen.




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