giovedì 3 agosto 2017

6 Agosto 2017 – Trasfigurazione del Signore

Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte...(Mt 17,1-9).

Il vangelo di oggi ci racconta la trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor, alla presenza di tre dei suoi discepoli. In particolare dice: Gesù “fu trasfigurato davanti a loro e il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce”.
Un evento eccezionale, straordinario, dunque: un evento che colpisce profondamente i presenti. Un evento che ha ammutolito i tre, sopraffatti da una visione di Gesù che mai si sarebbero aspettati di vedere. Un assaggio di paradiso, riservato ai più intimi.
Ma per noi, cristiani di oggi, cosa significa “trasfigurazione”? Potremo mai vivere noi, figli dell’era tecnologica esasperata, momenti di una così esclusiva spiritualità? Certamente. Tutti i giorni noi viviamo di trasfigurazione.
“Vivere una trasfigurazione” è infatti molto più naturale di quanto possiamo immaginare; letteralmente infatti trasfigurazione significa “vedere”, materializzate nelle persone, nelle cose, nei fenomeni che ci circondano, emozioni particolarissime, emozioni normalmente visibili soltanto attraverso gli occhi del cuore. In pratica fare una esperienza di “trasfigurazione” significa vivere concretamente, toccare con mano momenti celestiali, momenti indescrivibili di esaltazione divina, momenti speciali che noi viviamo nella nostra quotidianità, quando le stesse sensazioni, le stesse emozioni che “viviamo” soltanto nell’intimità del nostro cuore, diventano riscontrabili e verificabili nella realtà: e ci sentiamo rapiti, posseduti da una felicità incontenibile, da “settimo cielo”. In quei momenti comprendiamo veramente cosa significhi amare. Solo infatti se siamo stati veramente innamorati, se abbiamo letteralmente perso la testa e fatto cose pazze per chi amiamo, arriveremo a capire cosa significhi trasfigurazione.
Gesù in quel particolare momento, con la sua trasfigurazione, ha voluto far sperimentare ai suoi una breve anticipazione della sua divinità: l’uomo “buono”, il maestro, la guida, che fino ad allora loro conoscevano, improvvisamente si è rivelato essere una divinità soprannaturale, Figlio di un Dio che è un Padre innamorato, lui stesso un Dio ardente di passione, un Dio che infiamma d’amore chiunque ha la fortuna di avvicinarlo.
Inutile domandarci come sia stato materialmente possibile per Gesù un così evidente e sostanziale cambiamento di aspetto. Inutile scomodare la scienza, inutile farci tutte le alchimie e le supposizioni scientifiche per spiegare come ciò sia potuto accadere nella realtà. Inutile cercare di capire lo stato d’animo, i pensieri, le emozioni dei tre. Possiamo al massimo farcene un’idea pensando a certe particolari esperienze del nostro vissuto: come per esempio la tenerezza che proviamo nel contemplare il volto di un bimbo addormentato tra le braccia della madre, oppure ammirare gli occhi di una donna quando stringe al cuore il figlio appena partorito; o ancora il senso di beatitudine che ci invade nell’ammirare un tramonto sul mare, o l’immensità del cielo riflesso negli occhi della persona che amiamo; oppure l’ascolto di un coro monastico che innalza lodi a Dio, nel silenzio tombale di un’abbazia: sono istanti unici, che irrompono nel profondo della nostra anima, istanti che ci fanno capire cosa voglia dire innamorarsi, stupirsi, commuoversi; istanti unici, carichi di intime, intense sensazioni d’amore: in una parola, sono momenti di “trasfigurazione”.
Nella nostra vita noi facciamo continue esperienze di trasfigurazione: quando ci innamoriamo, quando nel buio di una situazione rivediamo la luce, quando da perduti che eravamo ritroviamo noi stessi, quando scopriamo che la nostra vita, così piccola e insignificante, ha un senso e uno scopo ben preciso per il mondo e per oltre sei miliardi di fratelli.
Ma la massima esperienza di trasfigurazione, la più esclusiva e tangibile, noi la viviamo quando ci accostiamo alla Comunione: nell’Eucaristia noi assistiamo infatti alla più solenne e importante delle trasfigurazioni: una Teofania che Dio riserva esclusivamente ai singoli. Non è accompagnata né da terremoti, né da nubi, né da lampi, né da tuoni. Ma è Dio stesso che viene in noi, nel nostro cuore, e ci trasforma, ci trasfigura. È il Dio Amore che si lascia sentire, toccare, gustare, mangiare.
Insomma, come ho detto, anche noi, come Pietro, Giacomo e Giovanni, possiamo vivere le nostre esperienze di trasfigurazione: momenti di grande introspezione, momenti che ci infondono energia, fiducia, forza, coraggio di andare avanti e di affrontare le difficoltà, le cadute, le crocifissioni della vita. Sono momenti in cui, a contatto con la grazia di Dio, ci è impossibile non commuoverci, trattenere le lacrime.
E concludo: una volta pensavo che commuoversi, piangere, fosse una prerogativa dei deboli. Oggi invece so che vuol dire essere vivi, presenti, vigili; vuol dire sentire, analizzare, vedere, capire cosa significa vivere l’amicizia di Dio; vuol dire lasciarsi toccare nell’intimo dal suo amore, lasciarsi colpire da quanto di più bello Egli ci ha messo a disposizione. E di fronte a tali esperienze di vita, così intime ed esaltanti, è veramente impossibile per un’anima sensibile non commuoversi. Amen.



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